Cronache senegalesi 4: Toubacouta, Sine Saloum

(en français après les photos) Alluvioni, nubifragi e piogge quasi tropicali stanno sorprendendo l’Italia in questi incerti mesi primaverili ed il mio pensiero va alla prossima stagione delle piogge in Senegal ed agli incontri interessanti avuti sui progetti di eco-agricoltura che Nuccia Maldera mi aveva precedentemente illustrato. Da quando ho lasciato il Paese, la situazione politica si è deteriorata e l’eco degli accadimenti mi giungono da Dakar nonostante un periodo di blocco dei social media da parte del governo.

Ma torno con il pensiero al mio arrivo a Toubacouta, villaggio di 3000 abitanti sul bordo di Bandiala, uno dei bolong (bracci) del Saloum, dove ho ritrovato Nuccia che era lì già da diverso tempo per realizzare il progetto di orti condivisi secondo il modello comunitario eco-sostenibile di cui ci sono vari esempi in Senegal.

Una maestra in Senegal

Toubacouta è a circa 250 chilometri a sud di Dakar (e ad un numero variabile di ore di tragitto a seconda del mezzo usato) ma il calore è decisamente più intenso che nella capitale. Il Sine Saloum è una regione costituita dal delta dei due fiumi Sine e Saloum e che si estende per 180.000 ettari di cui 76000 di Parc national du delta du Saloum dichiarato Riserva mondiale della biosfera dall’Unesco. È un labirinto di duecento isole, un patrimonio antropologico e naturale di grandissimo valore: foreste, mangrovie, lagune, tomboli formano una varietà di paesaggi di grande ricchezza di fauna e flora, un paradiso per le 250 specie di uccelli presenti. È anche un ecosistema dagli equilibri fragili per la confluenza sempre maggiore del mare che entra profondamente nelle terre interne aumentando la salinità delle acque dei fiumi e cambiando la geografia della regione. L’approvvigionamento di acqua dolce è sempre più difficoltoso per la popolazione e le pompe d’acqua sono una delle questioni più importanti anche per lo sviluppo agricolo, legato anche al problema dell’energia. È ormai chiara anche ai pescatori locali l’importanza della catena che unisce la foresta di mangrovie alla pesca e ci sono progetti di reimpianto di questi alberi che proteggono e stabilizzano le coste, producono biomassa, mantengono un ecosistema naturale a fondamento della vita di molti villaggi del delta. Se la pesca per uso domestico e per l’esportazione è l’attività economica principale, l’autonomia alimentare, grazie all’incremento dell’agricoltura, resta la sfida da vincere, compresa la questione della conservazione e dell’immagazzinamento dei prodotti.

Ne parliamo con l’agronomo Backoum del Perimètre Maraicher Feminin de Dassilame Serere che andiamo a trovare nel suo villaggio di circa cinquecento abitanti e che ci parla dell’unione dei vari villaggi nella cooperativa creata a vantaggio dell’autonomia economica delle donne: –Il progetto nasce dalla volontà di accompagnare le donne in questa evoluzione economica sulla base delle loro competenze, tradizionalmente legate all’agricoltura di sussistenza ed alla raccolta di molluschi e frutti di mare: gamberetti, ostriche, ecc, mentre gli uomini si occupano della pesca oceanica e del trattamento dei campi durante la pausa invernale,- spiega Backoum e aggiunge: -Se le donne in Senegal ed in questa regione lavorano da mattina a sera tra famiglia, campi e laguna, questa incessante attività non apporta loro niente direttamente.

Il progetto tiene conto dunque delle specificità locali e ambientali e delle trasformazioni in atto: -Siamo in un’area marina protetta ma, nonostante ciò, si è perso già il 30% della biodiversità, la siccità incombe con una forte diminuzione delle piogge, da 1200 mm siamo passati a 600, e per prima cosa, è fondamentale proteggere il territorio, dobbiamo fare il massimo. Abbiamo chiesto ed ottenuto dallo Stato una diga di ritenzione della salinità anche per recuperare delle terre per l’agricoltura. Grazie ad una sinergia di attori locali e nazionali ma anche di partner internazionali, abbiamo pian piano acquisito ventuno pozzi a falda freatica che pescano acqua a circa dieci metri di profondità, e quaranta bacini di raccolta delle acque. Le donne hanno così cominciato a lavorare, prima usando i pozzi a mano alla maniera tradizionale per evitare la dipendenza energetica, i costi del carburante e di manutenzione ma poi, con i pozzi a energia solare, stiamo via via ottenendo energia per automatizzare l’irrigazione.

Backoum ci parla poi del mercato commerciale che fluttua a seconda delle produzioni stagionali: molti agricoltori raccolgono gli stessi prodotti nello stesso periodo dunque i prezzi si abbassano. Ci spiega che per un progetto sostenibile di eco-agricoltura, bisogna controllare i costi e cercare di produrre continuamente: –In questa regione si può fare ancora molto per migliorare– afferma- c’è sempre il sole, il caldo e la stagione delle piogge deve essere considerata per alcune colture e non interrompere la produzione per mesi: la scelta delle colture e la varietà in funzione delle stagioni è importante. Ad esempio i sedici milioni di abitanti del Senegal consumano più cipolle di quante ne producano e siamo costretti ad importarle quando si potrebbe incrementarne la produzione migliorando il sistema di coltivazione. Qui cerchiamo di diversificare al massimo le colture: patate, pomodori, cavoli, verdure locali, siamo in continua ricerca. Lavoriamo per il mercato locale ma stiamo puntando al mercato istituzionale, alle grande distribuzioni che sono più esigenti per la qualità e la regolarità della distribuzione. Per garantire ciò dobbiamo risolvere la questione della conservazione e della distribuzione.

Si punta dunque a migliorare ed aumentare la produzione ma anche al rispetto dell’ambiente che è profondamente legato alla durabilità dell’ecosistema uomo/risorse ambientali: –Cerchiamo di ridurre al massimo l’uso dei pesticidi avvicinandoci il più possibile alla coltivazione biologica- continua l’agronomo– I produttori che mettono molti pesticidi per avere una produzione dai risultati rapidamente vantaggiosi, a medio/lungo termine si rendono conto del disastro per la salute del suolo e delle acque che dall’irrigazione dei campi scorrono fino al mare. L’oceano guadagna terreno entrando sempre più nel continente e se usiamo più pesticidi questi si riversano nel mare con conseguenze sulla salute dei consumatori, del terreno, degli animali, ecc. Come in una catena, dal pesce piccolo a quello più grande, le quantità dei pesticidi da minime diventano troppo importanti da non rendersi conto del danno per la salute umana e dell’ecosistema.

L’opzione eco-agricola che sta scegliendo il Senegal in diverse esperienze di cooperative che associano villaggi limitrofi, è quella di ridurre la dipendenza dai fertilizzanti chimici, di applicare l’agroforestazione utilizzando al massimo il potenziale delle risorse sostenibili e durature. L’agronomo insiste sull’attenzione che si pone a dinamizzare il suolo per dargli vitalità, verificare l’attività dei microrganismi della terra. Dal punto di vista umano, inoltre si tratta di ampliare la filiera in questo settore per dare lavoro non solo agli agricoltori ma anche ad artigiani, commercianti, trasformatori, distributori, bancari, ecc.

Riguardo all’organizzazione della cooperativa, Backoum spiega che ciascuna donna lavora per sé prendendo in gestione una o più parcelle di terreno a seconda delle sue possibilità concrete di lavoro in una sana competizione in cui ciascuno è responsabile del proprio lavoro pur essendo ben cosciente della dimensione collettiva del progetto. Ciascuna versa un fondo comune per la gestione, i costi delle riparazioni e di acquisto delle sementi ad esempio.

Continueremmo a conversare ancora con Backoum ma vogliamo incontrare sua moglie e le altre donne che stanno preparando i sacchi di cipolle, frutto del loro ultimo raccolto, da vendere, in un patio dove ci colpisce una grande lavagna affissa al muro. In questo luogo i ragazzini più grandi intrattengono, dopo la scuola, i bambini più piccoli mentre le madri lavorano nei campi o sono impegnate nei lavori domestici. Ringraziamo Backoum e sua moglie e torniamo verso Toubacouta dopo aver fatto ripartire la macchina grazie alla spinta di alcuni ragazzi che gironzolavano in attesa della rottura del digiuno, al tramonto.

L’indomani partiamo per Kaolack dove affrontiamo il caldo torrido e la folla che, alla vigilia della Korité, come si chiama qui la festa dell’Aïd El Fitr (la fine del Ramadan), è accorsa al grande mercato cittadino, trasformato in un souk labirintico impossibile da attraversare. Andiamo ad incontrare l’Abbé Etienne Ndong, direttore della Caritas che ha studiato in Francia la gestione delle organizzazioni e usa queste competenze nel suo lavoro di responsabile dell’attuazione di progetti di formazione professionale e di sostegno alle donne, ai giovani e alle famiglie nel campo dell’eco-agricoltura ed per altre iniziative. Ci parla del progetto sul riciclaggio e il trattamento dei rifiuti, altra grande problematica ambientale: tre grandi centri di riciclaggio sono stati edificati e altri tre sono in via di costruzione: – Non siamo ancora arrivati agli investimenti che sono l’ultima fase– ci spiega- prima c’è la fase pedagogica, poi l’attivazione di un dinamismo locale ovvero a livello di quartiere ogni popolazione deve prendere coscienza della dipendenza dall’ambiente che la circonda e considerare il proprio territorio in modo responsabile. Attraverso la gente poi arriviamo ad agire sui Comuni perché si impegnino per il benessere della popolazione: solo allora Caritas interviene per ‘accompagnare’ e non per ‘sostenere’. Ad esempio siamo alla fase in cui ogni famiglia dovrebbe avere due cassonetti per suddividere il materiale riciclabile da quello non riciclabile in modo che, all’arrivo al centro di valorizzazione dei rifiuti, si possano suddividere (ancora manualmente) secondo letrasformazione: plastiche leggere, dure, carta, organico, ecc.  Con l’organico cerchiamo di farne dei fertilizzanti naturali per i campi mentre con i rifiuti di plastica abbiano un centro che è in grado di riciclare per produrre, ad esempio, proprio dei bidoni per la spazzatura che poi vengono venduti alle famiglie. I vetri e le bottiglie vengono anche riciclati mentre abbiamo ancora difficoltà con alcuni rifiuti come le batterie che non riusciamo a trattare ma collaboriamo con il servizio statale del ministero dell’ambiente per lo smalitmento di questo tipo di materiali. Continuamo così nel processo di ricerca-azione quindi siamo aperti a studiare e trovare soluzioni ai problemi di cui ci facciamo carico in una sinergia di interventi per le popolazioni rendendole protagonista al massimo.

Salutiamo i suoi collaboratori, respirando con piacere un poco di aria condizionata nell’oretta in cui restiamo nel suo ufficio prima di rituffarci nel traffico congestionato fino alla piazza dove troviamo un taxi collettivo per tornare aToubacouta.

Prima di lasciare la regione, ci rechiamo al Centre d’interprétation du Delta du Saloum, visita imperdibile per capire la natura e la cultura del luogo. Ci concediamo infine una visita in piroga verso un bolong fino all’île aux coquillages dove visitiamo un baobab sacro, ne assaggiamo i frutti da cui si ricava un delizioso succo, per poi dirigerci al tramonto all’île aux oiseaux ed ammirare il rientro degli uccelli per la notte nell’isolotto di mangrovie. La sintonia con la natura è immediata e grande è la voglia di esplorare ancora il delta ma l’indomani siamo già in partenza per la capitale dove ci aspettano altri incontri…

P.

Inondations, orages et pluies quasi-tropicales surprennent l’Italie en ces mois de printemps incertains, et mes pensées se tournent vers la prochaine saison des pluies au Sénégal et les rencontres intéressantes que j’ai eues sur les projets d’éco-agriculture dont Nuccia Maldera m’avait déjà parlé. Depuis mon départ, la situation politique s’est détériorée et les échos des événements me parviennent de Dakar malgré une période de blocage des médias sociaux par le gouvernement.

Je me souviens de mon arrivée à Toubacouta, un village de 3000 habitants en bordure de Bandiala, l’un des bolongs (bras) du Saloum, où j’ai retrouvé Nuccia, qui était là depuis quelque temps pour implanter le projet du Perimètre Maraicher Feminin selon le modèle des communautés éco-durables dont il existe plusieurs exemples au Sénégal.

Toubacouta se trouve à environ 250 kilomètres au sud de Dakar (et à un nombre d’heures de route variable selon le moyen de transport utilisé) mais la chaleur y est beaucoup plus intense que dans la capitale. Le Sine Saloum est une région constituée par le delta des deux fleuves, Sine et Saloum, et qui s’étend sur 180 000 hectares dont 76 000 font partie du Parc national du delta du Saloum déclaré Réserve mondiale de la biosphère par l’Unesco. C’est un labyrinthe de deux cents îles, un patrimoine anthropologique et naturel de grande valeur : forêts, mangroves, lagunes, tombolos forment une variété de paysages d’une grande richesse faunistique et floristique, un paradis pour les 250 espèces d’oiseaux présentes. Il s’agit également d’un écosystème à l’équilibre fragile en raison de la confluence croissante de la mer qui pénètre profondément dans les terres intérieures, augmentant la salinité des eaux fluviales et modifiant la géographie de la région. L’approvisionnement en eau douce est de plus en plus difficile pour la population et les pompes à eau sont l’une des questions les plus importantes pour le développement agricole, qui est également lié au problème de l’énergie. Les pêcheurs locaux sont désormais conscients de l’importance de la chaîne entre la forêt de mangroves et la pêche, et des projets sont en cours pour replanter ces arbres qui protègent et stabilisent le littoral, produisent de la biomasse et maintiennent un écosystème naturel qui sous-tend la vie de nombreux villages dans le delta. Si la pêche pour l’usage domestique et l’exportation est la principale activité économique, l’autonomie alimentaire, grâce au développement de l’agriculture, reste le défi à relever, y compris la question de la conservation et du stockage des produits.

Nous en parlons avec l’agronome Backoum du Perimètre Maraicher Feminin de Dassilame Serere, que nous visitons dans son village d’environ cinq cents habitants et qui nous parle de l’union des différents villages de la coopérative créée au profit de l’indipemdence économique des femmes : –Le projet naît de la volonté d’accompagner les femmes dans cette évolution économique sur la base de leurs compétences, traditionnellement liées à l’agriculture de subsistance et à la récolte des coquillages et des fruits de mer : crevettes, huîtres, etc., tandis que les hommes s’occupent de la pêche en mer et du traitement des champs pendant l’hivernage- Backoum explique : -Alors que les femmes au Sénégal et dans cette région travaillent du matin au soir entre famille, champs et lagune, cette activité incessante ne leur rapporte rien directement.

Le projet prend donc en compte les spécificités locales et environnementales et les transformations en cours : –Nous sommes dans une aire marine protégée mais, malgré cela, nous avons déjà perdu 30% de notre biodiversité, la sécheresse guette avec une forte diminution de la pluviométrie, de 1200 mm nous sommes passés à 600; avant tout, il est donc essentiel de protéger la terre, nous devons faire le maximum. Nous avons demandé et obtenu de l’État un barrage de rétention de la salinité, également pour récupérer des terres pour l’agriculture. Grâce à une synergie d’acteurs locaux et nationaux, mais aussi de partenaires internationaux, nous avons peu à peu acquis vingt-et-un puits qui puisent l’eau à une dizaine de mètres de profondeur, et quarante bassins de captage d’eau. Les femmes se sont donc mises au travail, d’abord en puisant à la main de manière traditionnelle pour éviter la dépendance énergétique, les coûts de carburant et d’entretien, mais ensuite, avec les pompes  puits solaires, nous obtenons progressivement de l’énergie pour automatiser l’irrigation.

Backoum nous parle ensuite du marché commercial, qui fluctue en fonction de la production saisonnière car beaucoup d’agriculteurs récoltent les mêmes produits au même moment, ce qui fait baisser les prix. Il explique que pour un projet d’éco-agriculture durable, il faut maîtriser les coûts et essayer de produire en continu : –Dans cette région, il y a encore beaucoup de choses à améliorer- dit-il –il y a toujours du soleil, de la chaleur et il faut tenir compte de la saison des pluies pour certaines cultures et ne pas interrompre la production pendant des mois. Par exemple, les seize millions d’habitants du Sénégal consomment plus d’oignons qu’ils n’en produisent et nous sommes obligés d’en importer alors que nous pourrions augmenter notre production en améliorant le système de culture. Ici, nous essayons de diversifier au maximum nos cultures : pommes de terre, tomates, choux, légumes locaux, nous sommes en recherche permanente. Nous travaillons pour le marché local, mais nous visons le marché institutionnel, les grands surfaces qui sont plus exigeants en matière de qualité et de régularité de la distribution. Pour garantir cela, nous devons résoudre le problème du stockage et de la distribution. Nous essayons de réduire au maximum l’utilisation de pesticides en nous rapprochant le plus possible de la culture biologique- poursuit l’agronome- les producteurs qui utilisent beaucoup de pesticides pour avoir une production rapidement rentable se rendent compte à moyen/long terme du désastre pour la santé des sols et de l’eau qui s’écoule de l’irrigation des champs jusqu’à la mer. L’océan gagne de plus en plus de terrain en entrant sur le continent et si nous utilisons plus de engrais chimiques, ceux-ci se déversent dans la mer avec des conséquences sur la santé des consommateurs, des sols, des animaux, etc. Comme dans une chaîne, du plus petit poisson au plus grand, les quantités de pesticides du plus petit deviennent trop importantes pour ignorer les dégâts sur la santé humaine et l’envirronement.

L’option éco-agricole que le Sénégal est en train de choisir dans diverses expériences de Associations Intervillagoises est de réduire la dépendance aux engrais chimiques, d’appliquer l’agroforesterie en utilisant au maximum le potentiel des ressources durables. L’agronome met l’accent sur la dynamisation du sol pour lui donner de la vitalité, en contrôlant l’activité des micro-organismes de la terre. D’un point de vue humain, il s’agit également de développer la chaîne d’approvisionnement dans ce secteur afin de fournir des emplois non seulement aux agriculteurs, mais aussi aux artisans, commerçants, transformateurs, distributeurs, banquiers, etc.

Concernant l’organisation de la coopérative, Backoum explique que chaque femme travaille pour elle-même en prenant une ou plusieurs parcelles en fonction de ses possibilités dans une saine concurrence où chacune est responsable de son travail tout en étant bien consciente de la dimension collective du projet. Chacune verse un fonds commun pour la gestion, les frais de réparation et l’achat de semences.

Nous continuerions bien à converser avec Backoum mais nous voulons rencontrer sa femme et les autres femmes qui préparent des sacs d’oignons pour les vendre, dans un patio où nous apercevons un grand tableau accroché au mur. Ici les enfants plus âgés s’ccupent des leurs cadets après l’école pendant que leurs mères travaillent dans les champs ou s’occupent des tâches ménagères. Nous remercions Backoum et sa femme et reprenons la route vers Toubacouta après avoir réussi à démarrer la voiture grâce à quelques garçons qui ont poussé.

Le lendemain, nous partons pour Kaolack, où nous affrontons la chaleur torride et la foule qui, à la veille de la Korité (comme on appelle ici l’Aïd El Fitr), s’est massée sur le grand marché de la ville, transformé en un souk labyrinthique impossible à traverser. Nous rencontrons l’Abbé Etienne Ndog, directeur de Caritas, qui a étudié la gestion des organisations en France et utilise ces compétences dans son travail de responsable de la mise en œuvre des projets de formation professionnelle et d’appui aux femmes, aux jeunes et aux familles dans le domaine de l’éco-agriculture et d’autres initiatives. Il nous parle du projet sur le recyclage et le traitement des déchets, autre enjeu majeur : trois grands centres de recyclage ont été construits et trois autres sont en cours de construction : – Nous n’avons pas encore atteint la phase d’investissement, qui est la dernière phase- explique-t-il- il y a d’abord la phase pédagogique, puis l’activation d’un dynamisme local, c’est-à-dire qu’au niveau locale, chaque population doit prendre conscience de sa dépendance vis-à-vis de l’environnement qui l’entoure et considérer son propre territoire de manière responsable. A travers les gens, nous en venons alors à agir sur les municipalités pour qu’elles s’engagent en faveur du bien-être de la population : ce n’est qu’à ce moment-là que Caritas intervient pour “accompagner” et non pour “soutenir”. Par exemple, nous en sommes au stade où chaque ménage devrait avoir deux poubelles pour trier les matériaux recyclables des matériaux non recyclables afin que, lorsqu’ils arrivent au centre de tri des déchets, ils puissent être triés (toujours manuellement) en fonction des déchets : plastiques légers, plastiques durs, papier, organiques, etc. Avec les déchets organiques, nous essayons de fabriquer des engrais naturels pour les champs, tandis qu’avec les déchets plastiques, nous disposons d’un centre capable de les recycler pour produire, par exemple, des poubelles qui sont ensuite vendues aux ménages. Le verre et les bouteilles sont également recyclés, tandis que nous rencontrons encore des difficultés avec certains déchets tels que les piles, que nous ne sommes pas en mesure de traiter, mais nous coopérons avec le service public du ministère de l’environnement pour l’élimination de ce type de matériaux. Nous poursuivons donc le processus de recherche-action, nous sommes donc ouverts à l’étude et à la recherche de solutions aux problèmes dont nous nous occupons dans une synergie d’interventions pour les villageois, en les rendant protagonistes au maximum.

Nous rencontrons l’équipe, respirant avec bonheur un peu d’air conditionné pendant le temps que nous restons dans son bureau avant de replonger dans la circulation congestionnée jusqu’à la place où nous trouvons un taxi collectif pour retourner à Toubacouta.

Avant de quitter la région, nous nous rendons au Centre d’interprétation du Delta du Saloum, une visite incontournable pour comprendre la nature et la culture du lieu. Nous profitons aussi de la pirogue de Youssouf pour naviguer dans un bolong jusqu’à l’île aux coquillages où nous visitons un baobab sacré, goûtons ses fruits dont on fait un jus délicieux, puis nous nous rendons à l’île aux oiseaux au coucher du soleil pour admirer les oiseaux qui reviennent pour la nuit sur l’îlot de mangrove. L’harmonie avec la nature est immédiate et l’envie d’explorer plus loin à le delta est grande, mais le lendemain nous sommes déjà en route pour la capitale où d’autres rencontres nous attendent…

Centre d’Interprétation du Delta du Saloum

P.

Author: Patrizia D'Antonio

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