Uno dei ricordi più belli di quando abitavo in Cile riguarda i lunghi spostamenti attraverso il paese su comodi “bus cama” che mi permettevano di macinare chilometri e chilometri di notte e farmi arrivare al mattino riposata e pronta a scoperte di luoghi e persone. Durante il viaggio sognavo i luoghi che avevo appena occhieggiato sulle guide e leggevo dei personaggi locali che avevo conosciuto nei romanzi appena comprati che parlavano dei posti che mi accingevo a visitare. Ma non sempre tutto filava liscio…
Ritrovo in un quaderno di appunti di viaggio gli incubi che mi avvolsero durante un viaggio a Chiloè.
Verso Chiloè sognai in modo interrotto e contorto durante una notte di scossoni e frenate. Sognai gli stregoni dell’isola, riuniti in una grotta per organizzare malefici. Sognai la Voladora, una strega capace di trasformarsi in Bauda, l’uccello del malaugurio. Mi giravo nel sonno immaginando la Voladora che, per librarsi nell’aria, vomitava i propri intestini in un mastello di legno che nascondeva nel fitto di un bosco. Immaginai l’Invunche, o Machuco della Cueva, il guardiano delle caverne degli stregoni. Sognai uno dei miei alunni rapito dalle streghe per essere trasformato in Invunche e gridai quando sognai che gli rompevano una gamba per ritorcerla fin sopra una spalla su cui poi applicarono un unguento che gli avrebbe fatto crescere lunghi peli… Gridai nel sonno quando divisero la sua lingua in due, come un serpente.
«Puerto Montt!». L’annuncio dello steward mi salvò dal terribile incubo. Raccolsi il mio zaino e mi feci condurre da un taxi da un concessionario Hertz e mi avviai con la macchina noleggiata verso il porto di Pargua. Sul traghetto per Cachao, il promontorio più a Nord dell’Isla grande di Chiloè, ripresi a leggere il libro dei miti.
Sul frontespizio della copertina lessi:
Chiloè, una terra staccatasi, come una zattera di pietra, dal continente, un’isola grande che abbraccia le più piccole, frammentate. Maghe, stregoni e streghe, spiriti del mare e della terra, animali fatati, mostri e fantasmi raccontano di un luogo che è terra e mare insieme, ci parlano di pescatori e agricoltori impegnati in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, di pericoli e di imprese, di magie e sortilegi e dell’onnipresenza della morte…
“Brrr! Che paura” pensai mentre il traghetto stava per approdare sull’isola.
Il giorno dopo passeggiai per Ancud. Sulla riva c’era ancora un forte spagnolo, un tempo era il primo porto cui arrivavano le navi che avevano attraversato lo stretto di Magellano.
Il sole lasciò presto il posto a una pioggia continua e il cielo si coprì di nuvole nere. Mi rifugiai nel museo chilota, poi entrai in una piccola osteria, chiesi del curanto, il tipico cibo dell’isola, ma, una volta servitomi, mi accorsi che non mi piaceva.
Mi spostai a Castro, la capitale dell’isola, bagnata e infreddolita decisi di cercare un posto per dormire, volevo qualcosa di particolare, in mente avevo il libro di Marcela Serrano, L’hotel delle donne tristi, sorrisi tra me, non si può capire il libro se non ci si immerge nella tristezza dell’isola, forse avrei dovuto rileggerlo per capire di più lo spirito del racconto. Trovai asilo in un albergo su palafitte, come si usava lì, da dove potevo osservare il mare e gli uccelli che al tramonto si tuffavano a cercare cibo.
Di notte, alla tenue luce della lampada che proiettava inquietanti ombre nella sua stanza, rilessi alcuni miti.
Mi coprii con una trapunta lasciando soltanto gli occhi di fuori, mi sembrava di sentire il pianto della Llorona, i sibili dei cavalli marini chiamati dagli stregoni.
Chiusi il libro ma mi sentii osservata da mille occhi, ogni fruscio del pavimento di legno mi faceva sussultare, mi venne in mente Trauco , il grinzoso gnomo maligno con le gambe che terminano in moncherini che uccide gli uomini guardandoli fissamente e seduce le donne mettendole incinte. Pensai al Caleuche, la nave fantasma piena di streghe che attirano i naviganti per poi abbandonarli in rovina. Chiusi il libro e cercai di dormire ma stentai a prendere sonno. Il vento e la pioggia battevano sul vetro della mia stanza.
Mi alzai dal mio albergo per donne tristi e, donna triste come le eroine del libro della Serrano, cominciai a scrivere la mia storia del terrore più truce, la storia di una donna che il vento di Chiloè rende folle che si avvia verso il mare incantata dalle voci di streghe che provengono da un traghetto fantasma per incontrare Trauco e mettere alla luce il mostro più terribile di tutti, il mostro della solitudine.
R.
Non essere stata a Chiloé è uno dei miei rimpianti dai due anni in Cile. Purtroppo non sempre le nostre vacanze corrispondevano, il mio orario era davvero incredibile! Ma tutti i miei viaggi in quel paese sono stati bellissimi.