Stamattina mi sono svegliata presto, la mia sveglia segnava le 8 ma in realtà, con l’ora solare rientrata in vigore ieri, erano le 7 (per quanti giorni ancora dovrò fare questo conteggio?). Ho allungato la mia mano verso il telefono e ho trovato un messaggio di un’amica : ¡ Viva Chile, carajo!
Da giorni ero disconnessa dalle notizie del mondo, presa dai dati sconfortanti della pandemia, sono subita corsa dall’amico Google per effettuare una ricerca: c’era ben poco ma ostinatamente ho cercato e trovato le notizie del referendum di ieri.
Dopo un anno burrascoso, pieno di manifestanti che si riversavano per le strade per protestare contro un iniquo modello economico e sociale, 15 milioni di cileni sono stati chiamati alle urne. I quesiti erano due : il primo concernente la volontà di riformare il testo costituzionale, apponendo una croce sul segno “Apruebo” o “Rechazo”. Il secondo concerneva l’assemblea Costituente composta da 155 membri.
I cittadini ( il 50,83% della popolazione)si sono recati ai seggi osservando scrupolosamente le norme anti covid, pertanto aspettando anche ore pur di esprimere la loro scelta. Ha vinto “Apruebo”
Mi viene in mente il 1988, anno di vittoria del no . Dopo 32 anni si spera che inizi una nuova vita per il Cile.
Chiedo notizie ad un’amica cilena, mi invia un interessante articolo di giornale:
https://www.biobiochile.cl/noticias/nacional/chile/2020/10/26/gano-el-apruebo-que-viene-ahora.shtml
poi, mi scrive:
Cara, – la ricchezza del Cile è nelle mani di un 5% della popolazione e la controllano e usano senza la minima sensibilità né giustizia sociale. Quindi, l’educazione, la salute, i servizi básici (acqua, luce, gas) sono privati, il sistema di pensioni, ecc, tutto è sotto il loro potere e con uno stato che li protegge e difende.C’è una crisi di aspettative perché il messaggio è stato che chi lavora, migliora la sua qualità di vita e non è stato così. Non c’è il diritto a la casa, se la comperi via banca, dopo ti strangoli, ecc ecc. Tutto questo ha provocato e ha impulsato el “estallido social”. Lo stato non è solidale.
Ana Maria
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