Padova
Sono un’anestesista rianimatrice, lavoro in Terapia Intensiva, le urgenze fanno parte del mio lavoro, ma mai avrei pensato di vivere un’esperienza così. Da subito io e tutti i miei colleghi ci siamo messi in gioco, perché questo in fondo è il nostro lavoro, ed è quello che abbiamo scelto. La mia quarantena è stata diversa da quella della maggior parte delle persone. Di questo periodo ricorderò: l’autostrada deserta, non quella di Venditti… (che angoscia fare quella strada vuota ogni giorno, soprattutto andando a fare il turno di notte!!), gli occhi dei miei colleghi sotto le visiere, gli abbracci che ci siamo scambiati con la tuta, le docce infinite a fine turno, la paura che non stessimo facendo le terapie giuste, il timore di non essere protetti abbastanza, l’attesa del referto del tuo tampone e l’invidia (sì invidia) per chi poteva stare a casa a leggere, panificare, studiare una nuova lingua e fare scorpacciata di serie tv senza sapere di tutto ciò che si viveva in ospedale. Ricorderò i compleanni in videochiamata con i miei genitori e i brindisi a distanza, i messaggi arrivati da chi non sentivi da tanto tempo e si era ricordato di te, i ringraziamenti e gli incoraggiamenti. Ricorderò la gioia per i primi risultati ottenuti, le telefonate con i parenti, e poi i ringraziamenti arrivati dai pazienti dimessi. E il primo spritz dopo settimane fatto in casa? Anche quello me lo ricorderò bene, come gli abbracci del mio compagno.
Silvia
Che dura esperienza quella che fanno questi professionisti della salute! Vanno a lavorare sapendo quanto rischio corrono, ore e ore rinchiusi in queste armature plastiche pesanti che non gli permettono di sudare e di respirare e con il coronavirus girandogli intorno! È vero che sono degli eroi! Mentre la città è desertica, la notte l’abbraccia e il silenzio la calma, essi, senza dubitarlo, stralavorano per ricoverare quelli che sono caduti in disgrazia e anche dare l’ultimo animo a chi sta per morire. Meravigliosa azione di donne e uomini che lavorano in prima linea. Bravi!
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