(en français après les photos) Durante le vacanze estive di qualche anno fa, in occasione di uno scambio casa, avevo visitato la città di Pau e apprezzato la vista spettacolare sui monti dal famoso Boulevard des Pyrénées. Ci ero tornata poi il 14 luglio, al tramonto, per osservare il paesaggio con i colori dell’ora vespertina e aspettare i fuochi della Fête de la République dal migliore punto di osservazione: una serata davvero magica. Quando i miei amici Stephanie e Wolf, in vacanza dal Belgio sulla costa atlantica, mi hanno proposto di incontrarci a metà strada (mi trovavo a Tolosa per un altro scambio casa), ci siamo subito accordati per una visita alla capitale del Béarn. Capoluogo del dipartimento Pyrénées-Atlantique, Pau si trova a tre quarti d’ora dalle stazioni sciistiche e a un’ora dalla costa basca con Bayonne e Biarritz e a circa 150 km da Tolosa.
Ci incontriamo al parcheggio vicino al centro città e ci dirigiamo verso la Vieille Ville con la funicolare. Percorriamo le strade del centro storico e l’antico fossato del castello dove ora sorgono locali, centri associativi, bar e bistrot per cominciare poi la visita allo château de Pau, principale attrazione della città. Iniziamo dal parco del castello ed i giardini per poi entrare nella sala dove è custodito un plastico, utile per dare uno sguardo di insieme della costruzione. Si passa poi alla salle de Cents Couverts che contiene un’eccezionale tavola di legno assemblato a partire da vari pezzi di legno massiccio e capace di ospitare appunto cento ospiti: una vera prodezza per un’epoca ben anteriore al concetto del montaggio IKEA.
Il castello è davvero un monumento interessante per l’architettura, la storia e le mostre che ospita. Tra le collezioni della biblioteca è custodito un tesoro esposto da gennaio di quest’anno: una delle prime edizioni dell’Heptaméron di Marguerite de Navarre del XVI secolo la cui rilegatura è stata restaurata nel XIX. Marguerite, donna di lettere e protettrice di molti artisti era la sorella di Francesco I, da non confondere con Marguerite de Valois, la famosa Reine Margot.
Marguerite de Navarre concilia per anni i suoi compiti di donna di potere con la letteratura: scrive poesie molto toccanti, in particolare dopo la morte del fratello oltre ai famosi racconti del volume ispirato al Decameron. Nell’Heptaméron la cornice non è costituita dall’epidemia di peste ma da un evento catastrofico di origine climatica: delle piogge torrenziali provocano delle inondazioni ai piedi dei Pirenei. I torrenti esondano, le case non sono più abitabili e i ponti distrutti dalla violenza delle acque. Un gruppo di persone si ritrova isolato a causa del crollo di uno di questi ponti che avevano attraversato per rifugiarsi a Notre-Dame de Sarrance. Ci vorranno dieci giorni per ricostruire il ponte e il luogo è molto isolato. Per passare il tempo, le cinque donne e i cinque uomini rimasti bloccati, si raccontano delle storie. Marguerite morì senza terminare i dieci presunti racconti lasciando solo sette giornate da cui il titolo (« Hepta » « éméra »). Come nel Decamerone, i personaggi della storia/cornice diventano a loro volta narratori di altre storie raccontate giornalmente. Alla fine di ciascuna di essa c’è un confronto nel gruppo sul suo significato; da questo emerge l’intento di elevazione morale dell’autrice. Se Boccaccio fa trascorrere le giornate piacevolmente ai giovani, i personaggi di Marguerite vivono nell’inquietudine e nella paura dello scatenarsi degli elementi naturali. I racconti trattano i temi dell’amore e delle relazioni uomo/donna e spesso gli uomini di chiesa sono sottoposti ad aspre critiche: l’autrice doveva considerare molti religiosi degli ipocriti perversi.
Prendiamo ad esempio il racconto di Florinda (Amours d’Amadour et de Florinde, où sont contenues maintes ruses et dissimulations, avec la très louable chasteté de Florinde), di una cinquantina di pagine. La storia si svolge a Aragon dove il conte e la contessa d’Arande hanno una bellissima figlia, Florinde. Durante le guerre tra Francia e Spagna c’era, tra i gentiluomini che si erano distinti per coraggio, il bel giovane Amadour che si innamora della dodicenne Florinda. Decide di aspettare che la giovinetta cresca per sedurla e si avvicinarsi alla sua cerchia per farsi amare piano piano dalla giovane. Sposa così la sorella di Florinda, poi ha delle relazioni con altre belle donne per sviare i sospetti sul suo vero piano. Solo cinque anni dopo si rivela a Florinda che accetta il suo amore. Ma la guerra riprende e Amadour deve partire; si arrangia però perché sua moglie segua sempre Florinda e vegli a che resti nubile. Quando viene annunciata la morte dell’amato in combattimento, Florinda soffre con dignità e in seguito si sposa con il duca di Cardonne; riceve però la lettera di Amadour che smentisce la sua morte e che, nel frattempo, era rimasto vedovo. A quel punto il racconto prende un’altra piega e si capisce la critica dell’autrice sull’amore cosiddetto cortese. Amadour diventa sempre più esigente, come si nota da questo passaggio: “per fuggire da questo amante che diventa aggressore, Florinda attua una strategia: si picchia il viso con una pietra. Pensa che essendo così meno bella, lui non la desideri più. Ma non funziona: lui tenta di nuovo di forzarla. Amadour pensa di aver affrontato troppe prove e merita la ricompensa, ciò che gli è dovuto, ovvero possedere la bella amata”. In questo racconto Marguerite abborda dunque, già nel XVI secolo, un tema ancora attuale: quello del consenso.
Tornando a parlare del castello la costruzione si erge sullo sperone roccioso del Gave, e simboleggia la storia della città; da feudale, poi reale, imperiale, nazionale e infine museo: una storia architetturale millenaria, dal medioevo al XIX sec. Il castello viene infatti fondato nel XII secolo probabilmente su una fortificazione del X sec. Questo edificio era sicuramente circondato da una palizzata di legno che in dialetto bernese si chiama “pau”. Ingrandito dal visconte di Béarn acquisisce, nel corso dei secoli XII e XIII tre torri a scopo difensivo. Nella seconda metà del XIV sec. il castello è poi trasformato da Gaston III, conte di Foix e visconte di Béarn (1343-1391), un personaggio fuori dal comune autosoprannominatosi Gaston Fébus, in riferimento alla bionda capigliatura. Amante dei fasti e della caccia, della musica e dei libri, fu un amministratore acuto e un protagonista della terribile guerra dei Cento Anni. Fece costruire diversi forti e castelli nella regione volendo creare un vero stato dei pirenei « Febus me fe » (Fébus me fit) è l’iscrizione che testimonia dei lavori di rinforzo a scopo difensivo di quell’epoca.
Il castello fu trasformato più volte dai suoi successori soprattutto ad opera di Gaston IV de Foix-Béarn (1423-1472). Il suo matrimonio con Eleonora di Navarra permetterà ai conti di Foix di ottenere la corona: è il loro nipote François Fébus che diventerà re di Navarra nel 1480. Diventato palazzo reale viene rinnovato secondo il gusto dell’architettura Rinascimentale da Henri II d’Albret e sua moglie Marguerite d’Angoulême, sorella del re di Francia, Francesco I. Sotto il regno della figlia Jeanne d’Albret e d’Antoine de Bourbon si aggiungeranno i giardini ed è nel castello che nascerà il futuro re di Francia Henri IV, il 13 décembre 1553 come testimonia la suaculla a forma di carapace di tartaruga conservata nella sala reale.
Nell’ottobre del 1620, il re Louis XIII si reca al castello per registrare l’editto di riunione del Béarn e della Navarra al regno di Francia, ordinando di portare a Parigi molti mobili e pitture, segnando così la progressiva decadenza dell’edificio. Non viene demolito durante la rivoluzione in omaggio a Henri IV ma diventa «Les Casernes» per alloggiare le truppe di Napoleone che arriva a Pau il 22 luglio del 1808. Né lui né i Borboni, ritornati sul trono nel 1815, si dedicheranno al mantenimento del castello fino a Louis-Philippe I (1830-1848) che decide di restaurarlo, dal 1838 per dieci anni, in memoria dell’illustre predecessore Henri IV. Ricreato secondo lo spirito del Rinascimento viene adattato al comfort e all’etichetta del XIX sec. I lavori vengono poi interrotti dopo la Rivoluzione del 1848 per poi riprendere con Napoleone III fino alla fine dell’Impero nel 1870 e ancora sotto la III Repubblica, nel 1838. Dopo la caduta del Secondo Impero, nel 1870, il castello diventa palazzo nazionale e viene usato come dimora di prestigio dai Presidenti della Repubblica. Nel 1929 diventa museo nazionale. Per saperne di più: https://chateau-pau.fr/
La casa dello mio scambio soggiorno era a Lescar, a soli sei chilometri da Pau. Vale la pena di visitare questa piccola cittadina medievale dell’epoca gallo-romana. Dalla cinta muraria(dove si lascia l’automobile), si passa sotto l’arco antico in pietra (la porta medievale dell’Eschiretta) fino alla Cattedrale Notre-Dame de l’Assomption, o cattedrale dei Rois de Navarre, del XII sec. con il suo rosone, le vetrate d’epoca, la tomba dei re di Navarra ed il simbolo turistico di Lescar: il mosaico del XII secolo rappresentante un piccolo cacciatore moro con una gamba di legno. A fianco della cattedrale, c’è la collegiale dei monaci che ospitano i pellegrini del cammino di Saint-Jacques de Compostelle che passa di qui (la voie d’Arles) e di fronte si ammira la torre prigione del XIV sec. Si può scendere al fiume per una piacevole passeggiata ma bisogna prevedere un pic nic se ci si intende fermare sotto la cascatella perché non c’è neanche una boulangerie nel paese. Lescar subisce come molti altre cittadine l’attrazione commerciale dei grandi supermercati delle moderne periferie dove sorgono i quartieri residenziali. Nel mio caso posso arrivare nel quartiere della casa che ho in affido, nella parte residenziale moderna, attraverso un sentiero che costeggai una collina boscosa.
P.
Il y a quelques étés, grace à un échange de maisons, j’ai visité la ville de Pau et profité de la vue spectaculaire sur les montagnes depuis le célèbre boulevard des Pyrénées. J’y étais ensuite retournée le 14 juillet, à la tombée de la nuit, pour observer le paysage au crepuscule et attendre les feux d’artifice de la Fête de la République depuis le meilleur point de vue : une soirée magique. Lorsque mes amis Stéphanie et Wolf, en vacances de Belgique sur la côte atlantique, m’ont proposé de nous retrouver à mi-chemin (j’étais à Toulouse pour un autre échange de maison), nous avons tout de suite convenu d’une visite de la capitale du Béarn. Chef-lieu du département des Pyrénées-Atlantique, Pau est à trois quarts d’heure des stations de ski et à une heure de la côte basque avec Bayonne et Biarritz, et à environ 150 km de Toulouse.
Nous nous retrouvons sur le parking près du centre ville et nous nous dirigeons vers la Vieille Ville en funiculaire, pour le plus grand plaisir du petit Hugo, déjà fatigué par la marche. Nous parcourons les rues du centre historique et les anciennes douves du château, où se trouvent aujourd’hui cafés, centres culturels, bars et bistrots, puis nous commençons la visite du château de Pau, principale attraction de la ville. Nous prenons le chemin vers le parc et les jardins du château, puis nous entrons dans la salle où se trouve une maquette, très utile pour avoir une vue d’ensemble de la construction. Nous nous rendons ensuite dans la salle de Cents Couverts, où se trouve une exceptionnelle table en bois assemblée à partir de diverses pièces en bois massif et capable d’accueillir exactement cent personnes – un véritable exploit pour une époque bien antérieure au concept d’assemblage d’IKEA.
Le château est un monument intéressant par son architecture, son histoire et les nombreuses attractions et expositions qu’il abrite. Parmi les collections de la bibliothèque du château, un trésor est exposé depuis janvier dernier : l’une des premières éditions de l’Heptaméron de Marguerite de Navarre du XVIe siècle, dont la reliure a été restaurée au XIXe siècle. Marguerite, femme de lettres et protectrice de nombreux artistes, était la sœur de François Ier, à ne pas confondre avec Marguerite de Valois, la célèbre Reine Margot. Marguerite de Navarre a concilié pendant des années ses devoirs de femme de pouvoir avec la littérature : elle a écrit des poèmes très touchants, notamment après la mort de son frère, ainsi que les célèbres contes du volume inspiré du Décaméron. Au lieu de la peste, l’Heptaméron a pour cadre un événement climatique catastrophique : des pluies torrentielles provoquent des inondations au pied des Pyrénées. Les torrents débordent, les maisons ne sont plus habitables et les ponts sont détruits par la violence des eaux. Un groupe de personnes se retrouve isolé suite à l’effondrement d’un de ces ponts qu’ils avaient traversé pour se réfugier à Notre-Dame de Sarrance. Il faudra 10 jours pour reconstruire le pont et l’endroit est très isolé. Pour passer le temps, les cinq femmes et hommes échoués se racontent des histoires. Marguerite meurt sans avoir terminé les dix journées, ne laissant que sept jours, d’où le titre (” Hepta ” ” éméra “). Comme dans le Décaméron, les personnages de l’histoire deviennent à leur tour les narrateurs d’autres récits racontées quotidiennement. À la fin de chacune d’entre elles, le groupe discute de sa signification, d’où émerge l’intention d’élévation morale de l’auteure. Si Boccace fait passer aux jeunes gens des journées agréables, les personnages de Marguerite vivent dans l’inquiétude et la peur du déchaînement des éléments naturels. Les nouvelles abordent les thèmes de l’amour et des relations homme/femme, et les prêtres font souvent l’objet de critiques acerbes : l’auteure a dû considérer de nombreux religieux comme des hypocrites pervers. Prenons par exemple la nouvelle de Florinda (“Amours d’Amadour et de Florinde, où sont contenues maintes ruses et dissimulations, avec la très louable chasteté de Florinde”), d’une cinquantaine de pages. L’histoire se déroule en Aragon où le comte et la comtesse d’Arande ont une belle fille, Florinde. Pendant les guerres entre la France et l’Espagne, parmi les gentilshommes qui se sont distingués par leur bravoure, se trouve le beau jeune Amadour qui tombe amoureux de Florinde, âgée de 12 ans. Il décide d’attendre que la jeune fille grandisse pour la séduire et il s’approche de son entourage afin de se faire aimer petit à petit par la jeune fille. Il épouse donc la sœur de Florinde, puis a des liaisons avec d’autres belles femmes pour détourner les soupçons de son véritable projet. Ce n’est que cinq ans plus tard qu’il se révèle à Florinde, qui accepte son amour. Mais la guerre reprend et Amadour doit partir ; cependant, il s’arrange pour que sa femme suive toujours Florinde et veille à ce qu’elle reste célibataire. A l’annonce de la mort de son bien-aimé au combat, Florinde pleure dignement. Plus tard elle épouse le duc de Cardonne mais elle reçoit une lettre d’Amadour qui nie sa mort; entre temps il était devenu veuf. Le récit prend alors une autre tournure et l’on comprend la critique de l’auteure à l’égard de l’amour courtois. Amadour devient de plus en plus exigeant, comme en témoigne ce passage : “pour échapper à cet amant qui devient agresseur, Florinde met en œuvre une stratégie : elle se frappe le visage avec une pierre. Elle pense qu’étant ainsi moins belle, il ne la désire plus. Mais cela ne marche pas : il essaie à nouveau de la forcer. Amadour pense qu’il a traversé trop d’épreuves et qu’il mérite la récompense, ce qui lui est dû, à savoir posséder la belle bien-aimée”. Dans ce conte, Marguerite aborde donc, déjà au XVIe siècle, un thème d’actualité : celui du consentement.
Pour en revenir au château qui se dresse sur l’éperon rocheux du Gave, il s’agit d’un édifice qui symbolise l’histoire de la ville : féodale, puis royale, impériale, nationale et enfin muséale : une histoire architecturale millénaire, du Moyen Âge au XIXe siècle. Le château a en effet été fondé au XIIe siècle, probablement au sommet d’une fortification du Xe siècle située sur l’un des affluents du Gave, le Hédas. Cet édifice était certainement entouré d’une palissade en bois, appelée “pau” en dialecte bernois. Agrandi par le vicomte de Béarn, il se dote de trois tours à des fins défensives au cours des XIIe et XIIIe siècles. Dans la seconde moitié du XIVe siècle, le château est ensuite transformé par Gaston III, comte de Foix et vicomte de Béarn (1343-1391), personnage atypique qui se surnomme Gaston Fébus, en référence à sa blonde chevelure. Amateur de faste et de chasse, de musique et de livres, il est un administrateur avisé et une figure de proue de la terrible guerre de Cent Ans. Il fit construire plusieurs forts et châteaux dans la région, souhaitant créer un véritable État pyrénéen. “Febus me fe” (Fébus me fit) est l’inscription qui témoigne des travaux de renforcement à des fins défensives à cette époque.
Le château est transformé à plusieurs reprises par ses successeurs, notamment par Gaston IV de Foix-Béarn (1423-1472). Son mariage avec Aliénor de Navarre permet aux comtes de Foix d’obtenir la couronne : c’est leur neveu François Fébus qui devient roi de Navarre en 1480. Devenu palais royal, il est rénové dans le style de la Renaissance par Henri II d’Albret et son épouse Marguerite d’Angoulême, sœur du roi de France François Ier. Sous le règne de leur fille Jeanne d’Albret et d’Antoine de Bourbon, des jardins sont ajoutés et c’est au château que naît le futur Henri IV, le 13 décembre 1553.
En octobre 1620, le roi Louis XIII vient au château pour enregistrer l’édit réunissant le Béarn et la Navarre au royaume de France, ordonnant que certains meubles et tableaux soient emportés à Paris, marquant ainsi la décadence progressive de l’édifice. Il ne sera pas démoli à la Révolution en hommage à Henri IV mais deviendra “Les Casernes” pour abriter les troupes de Napoléon, arrivé à Pau le 22 juillet 1808 avec l’impératrice Joséphine. Ni lui ni les Bourbons, revenus sur le trône en 1815, ne se consacrent à l’entretien du château jusqu’à ce que Louis-Philippe Ier (1830-1848) décide de le restaurer en mémoire de son illustre prédécesseur Henri IV, à partir de 1838 et pour dix ans. Recréé dans l’esprit de la Renaissance, il est adapté au confort et à l’étiquette du XIXe siècle, puis les travaux sont interrompus après la Révolution de 1848 et le départ du roi. pour l’Angleterre, puis repris sous Napoléon III jusqu’à la fin de l’Empire en 1870 et à nouveau sous la Troisième République en 1838. Après la chute du Second Empire en 1870, le château devient un palais national et sert de résidence de prestige aux présidents de la République. Il devient enfin un lieu de mémoire dédié à Henri IV dont le berceau en forme de carapace de tortue est conservé dans la salle royale. En 1929, il devient musée national et les travaux de modernisation et de conservation se poursuivent au XXe siècle et au début du XXIe siècle.
À six kilomètres de Pau, il faut visiter une petite ville médiévale de l’époque gallo-romaine : Lescar. De l’enceinte de la ville, on passe sous l’ancien arc de pierre (porte médiévale d’Eschiretta) pour arriver à la cathédrale Notre-Dame de l’Assomption, ou cathédrale des Rois de Navarre, du XIIe siècle, avec sa rosace, ses vitraux d’époque, le tombeau des rois de Navarre et le symbole touristique de Lescar : la mosaïque du XIIe siècle représentant un petit chasseur maure avec une jambe de bois. A côté de la cathédrale, se trouve la collégiale des moines qui accueillent les pèlerins du chemin de Saint-Jacques de Compostelle qui passe ici (voie d’Arles), et en face on peut admirer la tour de la prison du XIVe siècle. On peut descendre à la rivière pour une agréable promenade, mais il faut prévoir un pique-nique si l’on veut s’arrêter sous la cascade car il n’y a pas une seule boulangerie dans la ville qui souffre, comme beaucoup d’autres, de l’attraction commerciale des grandes surfaces dans les banlieues modernes où se situent les quartiers résidentiels.
P.