Luciana V.- Callao(Perù) -La Plata (Argentina)- Como (Italia)
Quando sono nata in Perù a Callao, una provincia autonoma di Lima, mi hanno dato un nome maschile. Io non sapevo chi fossi, ero donna in un corpo di uomo. Mi sentivo bene nella mia pelle ma non mi riconoscevo negli sguardi altrui. La mia famiglia mi accettava e sosteneva, all’interno di essa ci sono stati molti casi di ermafroditismo ma la mia vita non era facile.
Luciano, così mi chiamavo, piano piano è diventato Luciana, a detta di tutti ero molto femminile. Io studiavo e cercavo di costruire la mia vita. Ho vissuto in Perù fino a quando ho compiuto 23 anni. Il Paese ero uscito da poco da un periodo di dittatura, c’era la democrazia ma si sentivano ancora molto forti tanta repressione e discriminazione verso le minoranze sessuali e di pensiero, perciò in tanti sono andati via.
A diciotto anni sono stata assunta in un supermercato, ero abile e svelta nelle mie mansioni sebbene non potessi mai essere come volevo. Nel frattempo studiavo amministrazione, ho cercato di studiare e lavorare allo stesso tempo, ma, essendo molto duro il lavoro non sono riuscita a terminare gli studi. Abitavo con i miei, loro non potevano mantenermi, perciò ho smesso di studiare. Il supermercato era molto fiorente e tutti i colleghi assunti con me piano piano sono progrediti: alcuni sono diventati capi reparto, altri capo cassieri. Solo io rimanevo con lo stesso misero ruolo con cui avevo iniziato. Ho saputo che non sarei mai stata promossa, pur essendo più preparata degli altri non avevo diritto ad una progressione di carriera. Un giorno mi è stato riferito a chiare lettere che le persone come me non avrebbero mai potuto avanzare. L’amministratore del negozio, fervente cattolico, mi ha detto che nessuno mi avrebbe mai promosso, dato che a suo avviso tutti gli omosessuali sono ‘falsi e manipolatori’.
Dopo cinque anni come cassiera, non ho resistito più alle angherie e ho deciso di trasferirmi in Argentina dove, mi avevano detto alcune amiche, c’era più libertà di pensiero. Arrivata a La Plata, l’inizio è stato difficile, all’ingresso mi hanno danno un visto temporaneo, dopo tre mesi sono diventata clandestina. Un’amica di scuola, che si era trasferita in Argentina due anni prima di me, mi ha ospitato, sono stata con lei alcuni mesi. Io avevo portato dal Perù tutti i miei risparmi, compresa la liquidazione, una volta finiti i soldi non sapevo come andare avanti, nessuno mi offriva lavoro perché non avevo i documenti in regola. Non riuscivo a destreggiarmi nella città, ma alcuni amici di amiche, transessuali peruviani, mi hanno insegnato a muovermi. Abitavo in un quartiere di emigranti dove la mia amica lavorava come domestica, il marito in discoteca. Un giorno un conoscente mi ha portato all’ippodromo dove si facevano delle scommesse, lì ho conosciuto un gay adulto sui cinquant’anni che lavorava nelle stalle con i cavalli da corsa. Ci siamo sentiti subito in sintonia e lui mi ha invitato a pranzo con la mia amica.
Quando sono andata a prendere la mia amica per andare a pranzo da lui, lei non era disponibile, aveva assunto marjuana e non era lucida. A Lima sapevo muovermi bene perciò mi è stato facile trovare l’indirizzo in una città come La Plata, luogo molto più facile per orientarsi e, con un foglietto di carta su cui avevo appuntato l’indirizzo, mi sono incamminata verso l’incontro. Sono arrivata da Florencio che aveva cucinato per me. Era sorpreso che fossi arrivata da sola, mi ha offerto una birra, io adesso sono una bevitrice sociale, bevo solo in compagnia ma a quei tempi ero completamente astemia. Fino ai diciotto anni infatti, giocavo a pallavolo e non bevevo alcol. Ho confidato a Florencio che non avevo più soldi, che dopo poco tempo sarei stata sfrattata dalla pensione, lui era dispiaciuto per me ma non poteva ospitarmi. Tornata a casa, mi hanno tutti detto che erano sorpresi che non avessi bevuto alcolici. Accanto a casa di Florencio abitava una trans. Io fino allora non mi potevo dichiarare, col problema del machismo in Perù dovevo sempre nascondermi. Avevo tanti amici gay ma nessuna trans.
Il giorno dopo sono andata da sola all’ippodromo, Florencio mi ha cercato e mi ha detto che una sua amica transessuale poteva ospitarmi perché era appena rimasta da sola e, lasciata dal fidanzato, aveva cominciato a bere. Mi sono trasferita da lei, all’inizio mi è sembrata gentile e gradevole; in cambio dell’ospitalità avrei dovuto provvedere alle pulizie della casa. Lei lavorava da escort, io le facevo da badante. Mi ha offerto una stanzetta ed è cominciata la nostra convivenza. Da sobria tutto andava bene, ma purtroppo, quando beveva, diventava molto aggressiva, sembrava davvero dottor Jekill e mister Hyde. Sono rimasta da lei 3 mesi.
-Sei molto femminile, hai una faccia da ragazza- mi ha detto un giorno e mi ha convinto a fare il suo lavoro.
Ho iniziato fare la escort nel suo appartamento. All’inizio è stata dura, era molto difficile stare con una persona che non mi piaceva, era un lavoro meccanico che mi provocava un forte disagio. Sentivo di avere tradito tutto ciò in cui avevo creduto: la famiglia, la religione. In Perù avevo seguito tutti i riti del cattolicesimo: battesimo, comunione, cresima; in famiglia andavamo in chiesa la domenica pur non essendo fanatici. Subivamo chi diceva che i gay avrebbero dovuto andare all’inferno anche se nella mia famiglia ci sono tanti ermafroditi. Io avevo un documento di uomo, mi sentivo confusa, perciò andavo da psichiatri, endocrinologi per capire chi fossi. Mi dicevano che avevo un’alterazione, io mi sentivo donna, ma mi consideravano tutti desviada, avevo i capelli corti, ero magra, senza seno, androgina. Nel mio documento ero sempre un uomo. A casa della mia amica mi sentivo tanto sporca ma resistevo per bisogno. Quando la mia ospite si è accorta che cominciavo a lavorare più di lei, mi ha cacciato da un giorno all’altro. Avevo messo un po’ di soldi da parte e sono andata in una pensioncina e lì mi sono rimessa a cercare lavoro. Dopo un mese, rimasta per la seconda volta senza soldi, la signora della pensione mi ha detto:
-Sei una donna ma non lo sei, puoi approfittare di questo stato, come sai piace a molti.
È cominciata allora una nuova fase. Lì vicino alla pensione, a 15 minuti di distanza a piedi, si lavorava per strada. Un giorno mi son vestita in modo provocante e sono andata a battere. Sono rimasta ancora sei mesi in quella pensione, sapevo che quello per strada doveva essere un lavoro occasionale, temevo per la mia vita, spesso si trovavano transessuali morti, ogni tanto arrivavano da me magnaccia che mi cacciavano via. Non ho avuto troppi problemi perché lavoravo sempre distante da dove stavano le loro protette, inoltre non bevevo né assumevo sostanze. Nel frattempo continuavo a cercare lavoro e, coi soldi messi da parte, ho trovato un appartamento dall’ altra parte della città. A quel tempo, nel 2001, si usava pubblicare sul giornale degli annunci. Io ho pubblicato un annuncio da massaggiatrice. Fissavo un appuntamento e offrivo una prestazione sessuale.
Nel frattempo ho cominciato un trattamento ormonale, messo un impianto al seno e ai glutei e operato una vera trasformazione: sembravo davvero una femmina. Ho continuato a fare soldi, ero ancora clandestina, finché sono riuscita a trovare un lavoro part time da lavapiatti e, finalmente con un contratto, ho ottenuto il mio agognato permesso di soggiorno. Grazie a quello ho potuto iscrivermi di nuovo all’università alla facoltà di odontologia. Ho fatto il test d’ingresso dopo una preparazione previa. La mattina studiavo, la sera lavoravo ma, ancora una volta, non riuscivo a lavorare e studiare allo stesso tempo e ho smesso continuando a fare la escort. Ho ricominciato a mettere soldi da parte, ma presto la situazione economica in Argentina è degenerata e, dopo una crisi conosciuta da tutti come il corralito, ho perso molti soldi. Ho richiesto la nazionalità argentina, versato duemila euro ad un intermediario e, dopo un anno e mezzo, ho ottenuto il passaporto argentino. Ho lasciato il mio appartamento ad un amico che lavorava come cassiere e sono partita per l’Italia per cercare una nuova vita.
Ho cominciato direttamente a lavorare come escort a Milano nel 2006 e dopo sono venuta a vivere a Como. Nel 2008, alla morte di mio padre, sono tornata in Perù, rimanendo con mia madre fino all’ottobre 2010. Nel frattempo avevo cominciato un procedimento per avere un passaporto italiano, nel 2010 sono rientrata in Italia come argentina e ho ricominciato daccapo. Ho studiato per conseguire un certo livello di italiano, nel 2014 ho cominciato a frequentare la scuola: dapprima un corso di italiano a Milano: A1, A2, B1, fino al B2. Ho studiato due anni sempre continuando a mantenermi facendo la escort. Una volta finiti i corsi, volevo continuare a studiare, ma la scuola era troppo lontana, c’erano pochi posti e le lezioni erano solo di sera, perciò ho desistito. L’insegnante di italiano mi ha detto di usare la formazione ottenuta come una base per proseguire. Non potevo iscrivermi di nuovo all’università e alla fine ho deciso di frequentare la scuola di massaggiatrice a Milano. Dopo l’attestato ho potuto iniziare il corso di OS (operatore sociosanitario)con l’intenzione di ricominciare davvero e capire cosa devo fare. Continuo ancora a lavorare come escort per vivere.
Prima abitavo da sola col mio cagnolino, dopo il covid ho deciso di vivere con un amico trans argentino che sta studiando in Italia: mi fa compagnia, è un amico fratello per me. Non ho fidanzati, tutti si spaventano al mio cospetto, non posso cedere ai sentimenti, per i miei clienti sono solo un oggetto. Qualche volta mi sono innamorata ma ho capito che gli uomini con me cercano solo una cosa. Ho visto tante esperienze di amiche che hanno tanto sofferto per amore e non voglio vivere queste situazioni. Gli uomini, quando capiscono qual è la mia situazione sessuale scappano. Tutti dicono che vogliono una famiglia che io non posso dare loro e mi lasciano da un giorno all’altro. Alcuni sono onesti, non dicono bugie, altri mentono, ma quando racconto il lavoro che faccio, tutti scappano. Il mio lavoro, il mio stato di trans li spaventa.
Ho affrontato molte situazioni pericolose, difficili, ho lottato per la mia vita, sono stata sequestrata, abusata, alcuni dicevano che volevano darmi protezione, altri volevano sposarmi, altri mi minacciavano ma sono riuscita ad essere forte e a non soccombere. Alcuni clienti mi portavano in hotel per derubarmi o picchiarmi ma sono riuscita sempre a scappare. Avevo un certo fiuto, se vedevo persone strane fuggivo. Sono abbastanza forte fisicamente ma cercare di calmare la persona è più un lavoro psicologico che fisico. Quando mi accorgo del pericolo cerco di calmare chi mi sta di fronte, senza un confronto diretto. Col tempo ho capito che, per poter fuggire, è più facile farsi percepire deboli. Tra i miei clienti c’è di tutto: svizzeri in trasferta, preti, calciatori, personaggi dello spettacolo, più soldi hanno, più perversi sono. Ci sono moltissimi padri di famiglia, tutti in me cercano la trasgressione. Gli uomini che vengono con me parlano di tutto, riversano su di me i loro problemi e le loro perversioni. Alcuni mi confessano che hanno fantasie con teen agers: una volta mi hanno portato dei vestiti di ragazze di una scuola privata per farmeli indossare. Potrei scrivere un intero libro sui miei incontri, forse un giorno lo farò.
Vorrei cambiare, spero che i miei studi di operatore sociale mi portino un giorno altrove, per ora confidarmi con le donne con lo zaino è stato un primo passo.
R.