(en français après les photos) Questa mattina ci dirigiamo a piedi a Carcassone dopo una prima notte trascorsa nel Clipper 26, comoda barca che per qualche giorno diventa la nostra casa e mezzo di trasporto lungo il tratto del Canal du Midi che stiamo percorrendo. La notte è stata riposante: il silenzio e la tranquillità ci hanno regalato un sonno ristoratore: siamo pronti per la visita di Carcassone. La città medievale, arroccata su una collina ai cui piedi scorre il fiume Aude, permette di fare un viaggio nel passato di 2500 anni. Con le sue doppie cinte murarie concentriche per un totale di 3 km di mura, Carcassone è patrimonio mondiale dell’Unesco. Mi commuovo ritrovando l’Auberge de la Jeunesse de la Cité dove ero stata con la famiglia nel 2013, a due passi dal Castello e la terrazza del ristorante dove avevamo mangiato una fantastica sera estiva animata da danze e musica https://www.le-saint-jean.eu/
Carcassone è una meta sempre più ambita da turisti e visitatori di ogni dove e trovo che questa mattina sia particolarmente affollata e piena di negozi di souvenir. Fatico a trovare lo stesso charme della visita della Cité di più di dieci anni fa ma in compenso apprezzo la parte bassa della città che non avevo visto.
Usciamo dalla città fortificata per la porta di Narbonne protetta dal busto in pietra della Dame Carcas a guardia dell’entrata che evoca la leggenda narrata da Guilleume Besse. Nel suo Antiquitez et Comptes de Carcassone del 1645 racconta che la vedova del re saraceno Balaach, signore della città ai tempi dell’occupazione dell’Aude, prese il comando per difendere il suo popolo dall’assedio di Carlo Magno. Dopo diverso tempo la città era allo stremo e restava solo un sacco di grano e un porco per alimentare gli abitanti. Dame Carcas ordinò che si desse da mangiare tutto il grano al porco e che lo si gettasse fuori dalle mura. Carlo Magno avrebbe allora abbandonato l’assedio pensando che ci fosse ancora tanto da mangiare visto che gli abitanti potevano permettersi di nutrire il maiale con il grano….Il nome della città deriverebbe da Dame Carcas che poi fece la pace con il re franco. Al di là della leggenda, questo territorio fu realmente conteso durante l’occupazione saracena nel 725 e la figura femminile di una regina vedova saggia e convertita poi al cristianesimo sembra sia veramente esistita. Il nome di Carcassone però risale piuttosto all’epoca romana quando fu fondato un accampamento militare dal nome Carcaso.
Dopo la visita torniamo alla barca per uno spuntino prima di riprendere la navigazione alle 13 (il servizio di apertura delle chiuse è fermo tra le 12 e le 13). Mentre facciamo il nostro pic nic sul ponte vediamo passare una delle barche arrivate prima di noi. Osservando una strana manovra ci chiediamo chi stia pilotandola ma, quando si avvicina, la sorpresa è grande nel constatare che nessuno è al timone! La barca fantasma, alla deriva, diventa un problema qualche metro più in là quando un’altra imbarcazione deve passare nello stesso punto. Qualcuno prima di noi deve aver avvisato la capitaneria ma nello stesso momento il responsabile della barca torna e si accorge che questa si era spostata. Una simpatica éclusière commenterà più avanti che a volte accade per sbadataggine dei passeggeri che non fissano bene l’imbarcazione alla sponda o per qualche malintenzionato che sfila le cime dai picchetti per dispetto.
Dopo aver passato il ponte di Carcassonne con la barca, siamo felici di ritrovare la dimensione del viaggio nella natura e aver passato la prima chiusa. Il tratto del canale dopo la città è davvero splendido, in alcuni punti piuttosto selvaggio mentre in altri è costeggiato da una pista ciclabile alberata dove ogni tanto passano viaggiatori o ciclisti. Passiamo le chiuse di La Douce, di Herminis, un ponte basso, per poi trovare la doppia chiusa di Lalande.
Decidiamo di godere della tranquillità di questo percorso e di fermarci in un luogo poco frequentato per il pomeriggio e la notte quindi navighiamo fino alla chiusa di Villesèque per raggiungere poco dopo il villaggio di Villesèquelande.
La sosta ci permette di esplorare il villaggio, noto per la produzione di vini locali ma soprattutto per l’Ormeau du Sully, vecchio olmo annotato tra gli Arbres remaquables de France. Questo impressionante albero di sei metri di circonferenza e 1,90 m di diametro ha 400 anni e fu piantato nel XVI secolo dal protettore dell’agricoltura Sully, ministro e amico di Henri IV. E’ davvero incredibile che sia ancora vivo nella piazza centrale del village de l’arbre, dopo che la grafiosi, la malattia che ha colpito la maggior parte degli olmi della regione, ha costretto all’abbattimento del patrimonio arboricolo negli anni ’80.
La domenica pomeriggio il paese è davvero un villaggio fantasma (era scritto sulla guida!): non incontriamo praticamente nessuno mentre visitiamo la Place de la Resistence con l’olmo di Sully, la Maison du Presbitaire dell’XI secolo e, passando la Mairie e il forno pubblico, la Cave decorata all’esterno da murales di artisti locali. Attraversando un sentiero a fianco al vigneto, torniamo verso il ponte vicino all’area pic nic e di attracco. Anche se molto tranquillo, nel villaggio non può mancare il punto di scambio libri (bookcrossing) molto comune in Francia dove si può prelevare un libro da leggere e/o depositarne uno già letto. Risaliamo in barca per un ottimo aperitivo a base di formaggi francesi comté e tomme aux fleurs e ceniamo sul ponte della nostra casa navigabile, alla luce del tramonto. Un’altra bella notte di sonno in barca ci aspetta in questo pezzo di canale silenzioso e tranquillo pianificando il tragitto dell’indomani…à suivre.
P.
Ce matin, nous marchons vers Carcassone après une nuit passée dans le Clipper 26, un bateau confortable qui devient, pour quelques jours, notre maison et notre moyen de transport le long du tronçon du Canal du Midi que nous parcourons. La nuit a été reposante : le silence et la tranquillité nous ont permis de dormir tranquillement et nous étions prêts pour la visite de Carcassone. La cité médiévale, perchée sur une colline au pied de laquelle coule l’Aude, nous permet de faire un voyage de 2500 ans dans le passé. Avec ses doubles murailles concentriques sur 3 km, Carcassone est classée au patrimoine mondial de l’Unesco. Je suis émue de retrouver l’Auberge de la Jeunesse de la Cité où j’avais séjourné en famille en 2013, à deux pas du château et de la terrasse du restaurant où nous avions mangé un soir d’été animé par la danse et la musique https://www.le-saint-jean.eu/.
Carcassone est une destination de plus en plus populaire pour les touristes français et étrangers ; ce matin je la trouve particulièrement bondée et remplie de boutiques de souvenirs . J’ai du mal à trouver le même charme que lors de la visite de la Cité il y a plus de dix ans, mais d’un autre côté, j’apprécie la partie basse de la ville que je n’avais pas vue.
Nous quittons la ville fortifiée par la Porte de Narbonne protégée par le buste en pierre de la Dame Carcas qui en garde l’entrée et qui évoque la légende racontée par Guilleume Besse. Dans ses Antiquitez et Comptes de Carcassone de 1645, il écrit l’histoire de la veuve du roi sarrasin Balaach, seigneur de la ville au moment de l’occupation de l’Aude. Dame Carcas avait prit le commandement pour défendre son peuple contre le siège de Charlemagne. Au bout d’un certain temps, la ville est épuisée et il ne reste plus qu’un sac de grain et un cochon pour nourrir les habitants. Dame Carcas ordonna que tout le grain soit donné au cochon et qu’il soit jeté ensuite hors des murs. Charlemagne aurait alors abandonné le siège en pensant qu’il y avait encore de quoi manger car les habitants avaient les moyens de nourrir le cochon avec du grain….Le nom de la ville proviendrait de Dame Carcas qui fit plus tard la paix avec le roi franc. La légende mise à part, ce territoire fut réellement disputé lors de l’occupation sarrasine en 725 et la figure féminine d’une sage reine veuve qui se convertit plus tard au christianisme semble avoir réellement existé. Le nom de Carcassone, quant à lui, remonte plutôt à l’époque romaine, lorsqu’un camp militaire nommé Carcaso fut fondé.
Après la visite, nous retournons au bateau pour déjeuner avant de reprendre la navigation à 13h (les écluses sont fermées entre 12h et 13h). Alors que nous pique-niquons sur le pont, nous voyons passer l’un des bateaux arrivés avant nous. Observant une étrange manœuvre, nous nous demandons qui était le capitain mais, en s’approchant, la surprise est grande de constater que personne n’est à la barre ! Le bateau fantôme, à la dérive, devient un problème quelques mètres plus loin lorsqu’un autre bateau doit passer au même endroit. Quelqu’un avant nous a dû alerter la capitainerie, mais au même moment le responsable du bateau revient et constate qu’il s’est déplacé. Une éclusière nous dira plus tard que cela arrive parfois à cause de la négligence des passagers qui n’attachent pas correctement le bateau à la berge ou à cause d’un malfaiteur qui arrache les amarres des piquets.
Après avoir franchi le pont de Carcassonne avec le bateau, nous sommes heureux de retrouver la dimension du voyage dans la nature et de passer la première écluse. La partie du canal après la ville est vraiment belle, par endroits assez sauvage et par d’autres bordée d’une piste cyclable ombragée où passent de temps en temps des voyageurs ou des cyclistes. Nous passons les écluses de La Douce, d’Herminis, un pont bas, puis la double écluse de Lalande.
Nous décidons de profiter de la tranquillité de cette route et de nous arrêter dans un endroit peu fréquenté pour l’après-midi et la nuit. Nous naviguons donc jusqu’à l’écluse de Villesèque pour atteindre le village de Villesèquelande peu de temps après.
L’arrêt nous permet d’explorer le village, connu pour sa production de vin local mais surtout pour l’Ormeau du Sully, un vieil orme classé parmi les Arbres remaquables de France. Cet arbre impressionnant, d’une circonférence de six mètres et d’un diamètre de 1,90 m, est âgé de 400 ans et a été planté au XVIe siècle par le protecteur agricole Sully, ministre et ami d’Henri IV. Il est incroyable qu’il soit encore vivant sur la place centrale du village de l’arbre, après que la graphiose, maladie qui a touché la plupart des ormes de la région, ait imposé l’abattage du patrimoine arboricole dans les années 1980.
Le dimanche après-midi, le village est vraiment une ville fantôme (c’était écrit dans le guide !): nous ne rencontrons presque personne en visitant la place de la Résistance avec l’orme de Sully, la Maison du Presbitaire du 11ème siècle et, en passant par la Mairie et le four public, la Cave décorée à l’extérieur de peintures murales réalisées par des artistes locaux. Bien que très calme, le village ne peut manquer d’avoir une cabane à livres (bookcrossing) où l’on peut prendre un livre à lire et/ou déposer un livre déjà lu. En traversant un sentier le long du vignoble, nous revenons au pont près de l’aire de pique-nique et d’amarrage. Nous remontons dans le bateau pour un excellent apéritif à base de comté et de tomme aux fleurs et nous dînons sur le pont de notre boat house à la lumière du soleil couchant. Une bonne nuit de sommeil dans le bateau nous attend dans ce coin de canal calme et paisible, en prévision du voyage du lendemain… à suivre.
P.
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