La Recoleta

La mia prima visita al cimitero della Recoleta l’ho fatta guidata dagli Eternautas, un’associazione di storici e non solo che offrono visite guidate ai luoghi più significativi di Buenos Aires. Hanno preso il nome da un notissimo fumetto di fantascienza scritto da Héctor Oesterheld , disegnato da Francisco Solano López e pubblicato dal 1957. Oesterheld fu una delle vittime della dittatura, desaparecido, di lui non si è mai più saputo nulla.

Prima di incontrarmi con il gruppo ho fatto conoscenza con il gomero più famoso della città; in moltissime piazze – anche quella del Teatro Colón – se ne trovano esemplari enormi, ma questo Ficus Elastica piantato nel 1791, ha un tronco che misura 7 metri di diametro, alcuni rami lunghi 30 metri, per cui il diametro coperto dalla sua chioma è di 60 metri.

Ho visitato la Recoleta molte volte, e vi consiglio di andarci in una giornata di sole, per godere sin dal primo approccio la bellezza del contrasto tra il muro di cinta candido, il campanile a vela della chiesa di Nuestra Señora del Pilar e il cielo di un blu da azulejo.

Nel XVIII° secolo in loco fu costruita dai frati recolletti scalzi, che lì avevano un convento, la chiesa. L’ordine fu sciolto nel 1822 e il terreno del convento passò allo Stato, che decise di costruirci il primo cimitero pubblico della città. Il quartiere prese il nome di Recoleta, e i suoi abitanti erano inizialmente persone comuni; in seguito a un’epidemia di febbre gialla, tuttavia, molte famiglie aristocratiche vi si trasferirono lasciando aree più malsane della città: il cimitero, che aveva inizialmente ospitato le spoglie di gente modesta, si trasformò nel luogo di sepoltura dell’aristocrazia, e ricche tombe e mausolei cominciarono ad esservi eretti.

E un cimitero molto razionale, suddiviso ordinatamente in isolati separati da viali e vialetti: abbondano i cipressi, com’è consuetudine, ma vi si trovano anche imponenti araucarie, palme e altri alberi o arbusti.

La porta principale è neoclassica, come molti dei monumenti, sostenuta da quattro imponenti colonne doriche, frutto di un rinnovamento del 1881.

La visita è anche una lezione sulla storia argentina, e gli Eternautas si fermano a illustrare le tombe più significative, che ospitano i resti di personaggi che, nel bene e nel male, hanno avuto parte nelle vicende nazionali: militari, uomini politici, tra cui molti presidenti (tra cui Alfonsín, Mitre, Rosas, Sarmiento), scrittori (Adolfo Bioy Casares, Victoria Ocampo), sportivi (il pugile Firpo), gente di spettacolo e, inevitabilmente, Evita Perón, la cui tomba è certamente la più visitata.

Come tutti i cimiteri, anche quello della Recoleta è pieno di angeli, di tutte le età, di tutte le forme e in tutte le posizioni: dolenti o gloriosi con le ali aperte pronti a spiccare il volo; alcuni sono bellissimi, come molti dei monumenti. Ci sono semplici tombe e sontuosi mausolei, e un’enorme varietà di stili. Domina il marmo bianco, ma non manca il bronzo – spesso verdeggiante di ossido – e non poche sono le sepolture con austere lastre di marmo nero.

La vegetazione scolpita nel metallo o nel marmo compete con quella vera: bellissimi e numerosi i papaveri, simbolo del sonno e dell’oblio, che l’art déco declina nel modo più voluttuoso, e le foglie d’acanto, ma anche le corone d’alloro; e poi c’è una vegetazione minore, spontanea, erbe selvatiche, piccole felci, arbusti che sono riusciti a crescere su cupole e in crepe o spaccature del marmo. C’è una madre che allatta un bimbo e ne abbraccia uno più grandicello: una pianta rampicante dalle piccole foglie ha ricoperto (nelle foto più recenti) quasi totalmente il bellissimo gruppo.

Il luogo è così suggestivo può diventare un set per delle fotografie di moda.

E poi ci sono i gatti: tantissimi, se ne stanno pigramente distesi sulle o tra le tombe, oppure passeggiano noncuranti dei visitatori: sanno che a un certo momento tutta quella gente se ne andrà, e quel meraviglioso giardino sarà tutto a loro diposizione. Chissà se la folla di generali, eroi, fanciulle

e madri si risveglieranno se c’è un po’ di luna? Se gli angeli, finalmente, ripiegheranno le ali e si concederanno qualche ora di sonno?

Forse la ragazza col cane si risveglia e l’animale semina lo scompiglio tra i gatti a caccia di topi o di avventure amorose; o invece, data la ormai lunga consuetudine, si passeranno accanto indifferenti, o magari si metteranno a giocare insieme. E tutti quei leoni di pietra? E le aquile, i gufi, come se la caveranno? Saranno silenziosi o gli abitanti del quartiere saranno svegliati e turbati da tutti quei suoni? E la fanciulla, le fanciulle, i bimbi, le madri, i languidi giacenti e morenti, si solleveranno e per qualche ora assomiglieranno a quelli che di giorno camminano per quei viali ordinati? Noi, visitatori diurni, non lo sapremo mai.

E’ molto opportuno, finito il giro, fermarsi a spiluccare qualcosa in un locale speciale, La Biela, proprio davanti al famoso gomero. Il nome (biella, in italiano, uno strumento ben noto ai meccanici), deriva dal fatto che, prima di diventare alla moda, questo bar era frequentato da operai e gente semplice. In alto, all’esterno, porta in rilievo un mappamondo e il simbolo del Fernet Branca (bevanda popolarissima in Argentina, non ne ricordo i numeri, ma sembra che vi si venda più fernet che in Italia).

Se capitate a Buenos Aires, non mancate a quest’appuntamento, meglio se guidati dagli Eternautas.

Marisa

Author: ragaraffa

Blogger per passione e per impegno, ama conoscere e diffondere le voci delle donne che cambiano.  

One Reply to “La Recoleta”

  1. Maretta Damiano says: 04/10/2020 at 8:16 pm

    Descritto come si descrive…….un paesaggio in primavera! Una pennellata di colore tenue.Non un’ombra di tristezza, solo sorriso. Bello, bellissimo. Non è un cimitero ma …un’elegante casa accogliente. E’ così che lo ricordo anch’io! Grazie Raffaè!!!

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