L’alchimista delle sabbie

Un‘alchimista delle sabbie

Susanna Coen, Roma, Sabaudia, Africa, Europa, Medio Oriente…

Ho conosciuto Susanna qualche tempo fa, nella sua casa sul lago di Sabaudia, in una magica serata estiva trascorsa in chiacchiere sul pontile, assaggiando uno dei suoi liquori fatti in casa: il ‘nocciolello’, come abbiamo chiamato scherzando il suo distillato di nocciole. Al mio arrivo era affaccendata in giardino tra piante grasse e erbe aromatiche così abbiamo iniziato la conversazione parlando della sua recente raccolta di funghi e di orti condivisi: le raccontavo del progetto maraîcher seguito dall’amica Nuccia recentemente visitata in Sine Saloum (Senegal) e del barese Orto Domingo. Dal Sine Saloum il discorso è scivolato sui viaggi e sull’Africa e Susanna ha raccontato, con il suo dire colorato e comunicativo, di quando ha insegnato a fabbricare il formaggio in un villaggio del Gambia:

Questa storia si dovrebbe intitolare: dall’Abruzzo all’Africa– sorride divertita mentre prosegue il racconto- tutto è cominciato infatti da una delle mie visite ai vari mercatini locali che adoro.

Un giorno, mentre giro per una fiera in una località dell’Abruzzo, mi imbatto in una specie di cestino di giunco: una fuscella che scopro essere usata nella fabbricazione del formaggio. Subito dico alla mia amica che era con me e con la quale avevo appena terminato il corso di sommelier, quanto mi sarebbe piaciuto poterla usare. Lei mi informa del corso di ‘assaggiatore di formaggi’, un percorso per diventare una sorta di ‘sommelier caseario’ e così mi iscrivo al primo livello. Ho continuato poi con il secondo livello fino all’abilitazione di ‘maestro assaggiatore di formaggi’; ora sono giudice e vado in giro per l’Italia nelle competizioni dei prodotti caseari. Una volta, mentre ero in viaggio a Capodanno, ho conosciuto un algerino esperto di scienze forestali che si occupava di un progetto per le Nazioni Unite di crossing genetico per rendere le vacche resistenti alla mosca tsé tsé e garantire una maggiore produzione di latte. Coordinava il lavoro da cinque anni in alcuni paesi africani: Senegal, Gambia, Guinea, Camerun e Bourkina e mi raccontava le mille difficoltà per risolvere il problema del fabbisogno alimentare delle popolazioni locali. Spontaneamente gli proposi di andare ad insegnare a caseare per utilizzare la maggiore produzione di latte attesa, progetto che non avevano ancora previsto. Purtroppo le condizioni igieniche e la mancanza di know how fanno sì che, a fronte di economie basate sull’allevamento, in molti di questi paesi non si usa fabbricare prodotti caseari neanche ad uso locale come modo di conservazione di un alimento deperibile e per l’importante apporto proteico. Dopo una lunga fase preparatoria, sono stata dunque invitata a lavorare per quindici giorni in un villaggio in Gambia dove avevo chiesto si predisponesse un locale con zanzariere e un frigorifero per mantenere la temperatura e l’igiene necessarie. Perché il processo e le competenze arrivassero in diverse zone e villaggi, ho insegnato a donne di diversi gruppi etnici, tanto che c’erano diversi interpreti con me. All’inizio mi sono scontrata con dei problemi tecnici che sembravano insormontabili al medico che era il mio referente locale: nel locale avevo infatti trovato le zanzariere alle finestre ma non la porta, uno dei due frigoriferi nuovi acquistati non funzionava ed avevano predisposto un lavandino come richiesto ma senza rubinetto per l’acqua…Dopo aver visto che la situazione non si sbloccava, sono intervenuta: ho chiesto chiodi, un pezzo di zanzariera e un cacciavite e ho iniziato a fabbricare ed inchiodare una zanzariera all’ingresso. Avevo inoltre capito che il frigo non raffreddava semplicemente perché era stata inserita la spina Siemens in una presa normale… Erano tutti piuttosto sorpresi nel vedere una donna alle prese con i fili elettrici per risolvere il problema: un marziano verde con antennine sarebbe stato meno stupefacente.

Susanna ed io ci confrontiamo sul problema molto diffuso nel portare avanti in Africa pratiche e infrastrutture per il miglioramento della vita di popolazioni malnutrite, a causa della manutenzione e delle risorse energetiche e tecnologiche di base. Lei racconta di aver utilizzato il fuoco a legna perché pratica locale comune e di essere stata molto contenta nel sapere che, a distanza di tempo, in quei villaggi, si continuava a produrre formaggio e yogurt a significare che la condivisione delle sue competenze ed il progetto locale aveva funzionato.

Erbe, piante, formaggi e funghi mi hanno fatto pensare di essere di fronte ad una sorta di agronoma o botanica o chimica alimentare. Niente di tutto ciò: Susanna, nella vita, è ‘terapista della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva’. Incuriosita mi faccio raccontare il suo percorso, dalla scuola montessoriana al liceo scientifico fino al diploma universitario di Terapia della riabilitazione, specializzazione neuro-psicomotricità dell’età evolutiva:

Quando dovevo scegliere in cosa specializzarmi, questo nuovo settore mi sembrava una scelta pratica e interessante ed è vero che sono stata formata da docenti che sono entrati quasi nella mitologia del settore. All’epoca le terapie riabilitative erano agli albori in Italia e c’era una visione più olistica anche perché era strutturata, nell’unica Università, La Sapienza, come collaborazione tra quattro scuole: l’istituto di neuropsichiatria infantile, la clinica ortopedica e le due di neurologia generale. I professori erano abbastanza sovrapponibili e si faceva il tirocinio passando dall’una all’altra. Io, in più, già aggiungevo corsi di altro genere, magari di sabato, per prepararmi al meglio. Anche adesso, a fine carriera, studio ancora: ho appena finito il corso per trainer del trattamento cognitivo integrato. Questo disturbo purtroppo è in aumento ed è importante diagnosticare precisamente e precocemente; ho finito il percorso con esami complicati ma già so che ne farò un altro di approfondimento.

La scelta di specializzarsi in un settore dove c’erano ancora pochi medici è stata vincente per Susanna anche dal punto di vista dell’inserimento nel mondo del lavoro: prima di laurearsi aveva già ricevuto diverse offerte di lavoro tra le quali ha potuto scegliere:

Oggi non è più così facile trovare subito l’impiego desiderato, almeno per le persone che definisco ‘inerziali’ ovvero coloro che chiudono i libri il giorno della laurea. Quando devo filtrare i CV ricevuti per le assunzioni infatti uso questo criterio: seleziono tra coloro che mostrano di capire che la laurea è solo il punto di partenza, non di arrivo. Io stessa, con tutta la mia preparazione iniziale, mi rendo conto di aver impiegato tempo e molto studio successivo e continuo prima di poter affermare con certezza che sì, in tanti anni di lavoro, ho cambiato il corso della vita di diverse persone. La scienza va avanti e bisogna studiare, approfondire e conoscere cosa succede nel resto del mondo anche se per tanti dei miei colleghi non è così importante. Adesso è obbligatorio seguire corsi di aggiornamento ma prima che lo fosse, eravamo pochi a decidere di frequentarli, quasi un club ristretto formato dalle stesse persone volenterose che si incontravano nei vari seminari e conferenze.

Nella sua carriera, Susanna ha anche vinto un concorso pubblico ma ha deciso di andare controcorrente e fondare un centro dove lavorare come desiderava:

Nel centro dove lavoravo prima mancavano i materiali; quando ci fu la famosa nevicata a Roma e rimanemmo bloccati con il lavoro, ne approfittai per comprare del legno e fabbricare degli strumenti riabilitativi di mia invenzione che si trovano ancora là, non sono andati molto avanti da allora mentre io volevo sperimentare, migliorare, incrementare le competenze e le offerte ai pazienti. Quando ho deciso di rifiutare il posto come vincitrice di concorso pubblico, in molti mi hanno chiesto se qualcuno mi avesse minacciata: non potevano credere che semplicemente volevo realizzare il mio progetto di aprire un centro dove si offrisse l’eccellenza nel ventaglio delle terapie. Siamo partiti come formichine fondando la Cooperativa Arcobaleno 85 e oggi, dopo più di trent’anni, la nostra è una realtà importante e riconosciuta tra le migliori. Occupiamo uno stabile intero con otto soci, dodici collaboratori, tre segretarie, sei medici: eppure ogni mattina quando apro la porta ripeto che dobbiamo essere  ancora più bravi.

Nel team ciascuno si è ultra specializzato in un settore: riabilitazione manuale o respiratoria, neurologica, flebologia, infantile. Susanna ribadisce che tutti studiano come matti per prepararsi trovando anche il tempo per confrontarsi settimanalmente e discutere dei casi:

Recentemente ho seguito un paziente neanche cinquantenne che aveva avuto una disseccazione dell’aorta. Un uomo impegnato, un manager, che veniva dall’EUR fino al nostro centro per le terapie. Quando gli ho chiesto perché non cercasse un centro più vicino a casa sua mi ha risposto sorpreso che sui social, nelle varie chat e forum, tanti pazienti discutono e commentano parlando un gran bene degli effetti delle nostre cure e dei nostri medici e che preferiva di gran lunga attraversare la città per mettersi in ottime mani…

Il lavoro con i bambini resta l’interesse principale di Susanna; la sua passione originaria è infatti la terapia dei disturbi neurologici infantili anche per l’incisività dell’intervento. Racconta che spesso, grazie a diagnosi precoci e terapie adeguate, può vedere e seguire la vita dei piccoli pazienti che migliora sensibilmente. In particolare è importante la relazione con la scuola:

I vari disturbi specifici dell’apprendimento possono essere diagnosticati molto precocemente ora, anche a tre/quattro anni e questo fa una grande differenza rispetto a quando, trent’anni fa, si presentavano pazienti di dodici anni con un vissuto di frustrazione e disistima ancorato addosso. A quel tempo inoltre erano più comune patologie legate alle nascite premature come i movimenti spastici (oggi per fortuna in diminuzione). Io ho lavorato molto con bambini e ragazzi con questa patologia per permettere di cambiare il loro percorso che sembrava tracciato negativamente; due di queste ‘mie bimbe’ (spastiche cioè affette da paralisi cerebrale infantile) mi sono rimaste nel cuore: una è riuscita a laurearsi su mia incitazione, l’altra lavora, si è sposata, ha 2 bimbi bellissimi e…. mi ha fatto scegliere il nome della bambina: Desiré! 

Per facilitare il primo step della diagnosi precoce di disprassia inoltre, ho creato una versione semplificata di un test: sono quindici cose da fare per i bambini. Se gli insegnanti (o i genitori) vedono che ne sanno fare solo sei, consiglio loro di chiamarci per fare il test integrale.

Oltre al lavoro, lo studio ed i vari interessi, sempre perseguiti con lo stesso zelo e passione, Susanna ha avuto due figli dal primo marito e una nipotina. Altri quattro nipoti li ha acquisiti con Edoardo, il suo secondo marito che ha un figlio a Milano e un’altra a Savona. Con Edo ha realizzato il progetto di vivere in campagna, a un passo dalla città. Cercavano un posto tranquillo dove vivere non lontano dal lavoro, a Roma, quando si sono imbattuti in un terreno incolto a 1 km dal GRA, con collegamenti bus. Per visitarlo hanno scavalcato una recinzione e osservato il luogo che si rivelava a loro come quello che stavano cercando, anche se da sistemare. Ora vivono felicemente nella tenuta dove hanno un gran da fare ma che è un ambiente ricco di stimoli per i vari interessi di Susanna.

I suoi figli le assomigliano nella volontà di eccellere in quello che fanno: la figlia, Martina, si è laureata in infermieristica ed ha lavorato tanto di notte nella terapia intensiva di un ospedale con una remunerazione certo non adeguata. Si poi specializzata in fisioterapia, in Svizzera, dove l’insegnamento è ottimo; nonostante conoscesse la sua preparazione, prima di farla lavorare nel centro Susanna le ha tenuto lo stesso discorso che fa a tutti i cuoi collaboratori:

“Non posso permettermi di assumere persone che non siano eccellenti. Quindi se vuoi lavorare qui devi continuare a prepararti e dare il massimo”. In realtà Martina è estremamente competente e…ormai mi ruba i pazienti! Ne ho una  molto critica che definisco simpaticamente rompiscatole alla quale non andava bene nessuno che mi sostituisse; ultimamente, dopo aver fatto la terapia con Martina, mi ha confessato che la preferisce a me!

Suo figlio invece si occupava di radiologia medica ma durante il Covid ha iniziato a fare il programmatore da remoto ed ora lavora per una compagnia di cyber security ed abita a Dublino con la compagna. Sta prendendo due master contemporaneamente: anche lui ama approfondire e studiare.

Susanna ha una mentalità scientifica, un enorme spirito d’osservazione ed una fenomenale memoria che ha messo alla prova anche diventando esperta micologa. Se ha un interesse, lei non si accontenta di leggiucchiare qua e là qualcosa sull’argomento ma si prepara in tutti i modi tanto da essere in grado lei stessa di insegnare la materia: che sia la fisioterapia a giovani specializzandi alla stessa micologia, Susanna ama padroneggiare la materia diventandone esperta, impegnandosi anima e corpo fino a raggiungere il massimo grado in quel campo:

È vero che molta gente, nel fare qualcosa o dedicarsi al lavoro o altro si accontenta del 10%, io voglio il 110%. Studio le erbe da venti anni e amo raccoglierle nel loro ambiente. Una volta, mentre passeggiavo nel bosco del Circeo ho voluto raccogliere dei funghi: una quarantina tutti diversi. Non sono riuscita ad identificarne nessuno quindi ho cercato chi rilasciava il patentino di esperto in micologia e così ho iniziato a fare parte dell’associazione. Quando ho iniziato il corso di primo livello mi dicevo che non avrei raccolto mai più un fungo per paura dei mortali. Poi ho continuato a studiare anche andando a Trento nei due anni di durata dei corsi fino a diventare un’esperta. Mi dicevo anche che finalmente mettevo a frutto così gli otto anni di studio del latino, dalle medie al liceo, lingua utilissima per memorizzare le varie specie. È stata la più grossa sfida ai miei neuroni e una sana competizione con un mio amico con il quale abbiamo confrontato il voto finale: naturalmente il mio era più alto! Ho ottenuto il patentino, mi sono iscritta all’albo e ora sono docente. Sono partita in Trentino dieci giorni con il gruppo di allievi di Roma di cui sono responsabile. Non smetto mai di ripetere che è meglio non raccogliere un fungo di cui non si è assolutamente certi, semmai, nel dubbio, li incito a consultarmi, per questo ricevo decine di foto per le quali, nella maggior parte dei casi, per fortuna auguro buon appetito!

Con l’associazione micologica Susanna ha seguito anche un corso di approfondimento di erbe selvatiche commestibili mentre a Trisulti, con un’altra associazione, un corso di fitoterapia. Per la parte pratica bisognava andare a fare raccogliere erbe selvatiche commestibili. Naturalmente Susanna ha proposto al docente di ospitare il gruppo nella sua tenuta dove lei raccoglie abitualmente erbe di ogni tipo:

Con le mie erbe ho svezzato mia nipote di un anno e mezzo, l’ultima volta ha mangiato una lasagna radicchio e noci che le è piaciuta molto o delle insalate con la porcacchia ed altre erbe che possiamo considerare antesignane della lattuga. Nel gruppo di raccoglitori c’è anche il Premio Nobel Parisi che definisco un raccoglitore seriale perché riesce a trovare grandi quantità ma di un solo tipo di pianta; anche sua moglie è appassionata raccoglitrice di erbette che si mangiano ma anche di quelle che curano.

Susanna, da brava strega del XXI secolo, conosce i periodi e le modalità per raccogliere le ‘erbe che curano’: le piante non hanno sempre lo stesso principio attivo e quindi le proprietà terapeutiche variano. Spiega ad esempio che per curare l’osteoporosi bisogna raccogliere l’ortica quando è in piena vegetazione ma non ancora fiorita. Ugualmente le foglie di calendula vanno raccolte nel momento giusto altrimenti non sono ugualmente efficaci. Questo vale anche per le piante commestibili di cui bisogna conoscere l’evoluzione stagionale per diventare consumatori responsabili. Susanna ribadisce quanto sia importante che non si perdano queste competenze, queste conoscenze ataviche:

Zappiamo, seminiamo, irrighiamo per ottenere verdura commestibile, ma così facendo strappiamo le “ erbacce” che, nella maggior parte delle volte sono commestibili e non richiedono cure e fatiche particolari, basta saperle riconoscere. Stanno già lì nel mio orto e giardino, allora le raccolgo e preparo una torta rustica con quello che ho: ad esempio oggi ne ho cucinata una con le piante di papavero. Non utilizzarle a causa della non conoscenza è una perdita di risorse naturali. Magari non sappiamo quando raccogliere gli asparagi selvatici però pretendiamo di mangiare le zucchine o i peperoni a gennaio senza sapere che ad ottobre finiscono e se li mangiamo tutto l’anno vuol dire che sono importati dal Sud America: dobbiamo modificare le abitudini. Si perde sempre più il contatto con il ciclo naturale del mondo vegetale così ricco di nutrimento e farmacologia.

A proposito di alimentazione, Susanna mi sorprende ancora quando mi racconta di essere ‘assaggiatrice di pane’ ovvero giurata nei concorsi per stabilire la qualità della panificazione. Grazie alle sue proposte, questo concorso si è trasformato in una gara a ‘spreco zero’. Mentre prima si buttava tutto il pane avanzato, adesso ciascun partecipante porta la sua scatola e usa i residui per farne il pangrattato, le polpette, i ripieni vari; le grandi forme di pane vengono date alla Caritas. Anche sul riuso ed il riciclo Susanna ha molto da raccontare come, ad esempio, le sue visite ai mercatini dell’usato per rimpiazzare bicchieri rotti nelle cene e aperitivi/digestivi con gli amici che invita. Maga della trasformazione, tutto viene da lei utilizzato e conservato: con le sue albicocche ad esempio ha ricavato la marmellata dal frutto ed il liquore dal nocciolo. Molti preparati ad altre ‘cose strane’ trovano spazio nei suoi quattro congelatori dove conserva anche il frutto delle ‘battute di caccia’ ai cinghiali che si aggiravano numerosi nella tenuta, soprattutto l’anno scorso, quando ogni giorno doveva occuparsi di risistemare le zolle di terra dopo il loro passaggio:

Durante la notte sembrava ci fosse stata la guerra civile dopo il passaggio dei cinghiali che, dopo il tramonto, ci costringevano a legare i cani e a chiudere casa perché si avvicinavano fino al patio/salone. Il fattore che gestisce la tenuta si è poi presentato con dei quarti di cinghiale da congelare…

Immagino che Susanna non abbia tempo di dedicarsi ad altro ma mi sbaglio di grosso perché, casualmente, scopro che le magnifiche vetrate Art déco di casa sono opera sua. Continuo a pensare che la sua anima da alchimista non abbia limiti per la curiosità di trasformare ogni tipo di materiale e crearne qualcosa di utile e bello come queste decorazioni floreali. Si schernisce:

Sai, dove c’è da lavorare con le mani, io sono sempre contenta! Comunque è un vero lavoraccio: ho tagliato i vetri, li ho molati e messi insieme in un bagno di resina e poi con il piombo; un processo lungo e faticoso ma di grande soddisfazione. E poi, come dice il mio amico Parisi, non bisogna dimenticare che il vetro è un fluido, non un solido. Prossimamente mi dedicherò a creare dei mosaici…

Tra il lavoro, l’orto, il giardino, i concorsi, le formazioni e quant’altro, Susanna trova anche il tempo per viaggiare. Lo fa da sempre, dalla tenda al primo camper con i figli. Per soddisfare le sue curiosità deve sentirsi libera: sostare quando vuole e ripartire quando non si sente attirata da un luogo, per questo non ha mai fatto viaggi organizzati:

Uno dei primi viaggi avventurosi l’ho realizzato l’anno della maturità con un furgoncino, la tenda e il carrello per l’imbarcazione. Eravamo quattro ragazze e due ragazzi per partecipare al campionato mondiale di vaurien (una piccola barca a vela) a Casablanca. Abbiamo percorso tutta la strada, all’epoca senza cellulari né altri mezzi tecnologici che oggi facilitano di molto la vita del viaggiatore.

Girare in camper è il massimo della libertà; abbiamo viaggiato tanto con questo mezzo che guido rigorosamente io: fino in Georgia, in Medio Oriente, in Nord Africa. Una volta ero il capo gruppo di un viaggio dalla Grecia, Turchia, Siria, Israele, Giordania, dove, alla frontiera, ho avuto seri problemi per il fatto di presentarmi appunto come capogruppo essendo una donna. Siamo stati dappertutto in Europa ma, dopo quattro volte in un cui abbiamo subito lo scasso del camper in Spagna, preferisco evitare la penisola iberica. Non ho mai avuto problemi invece a Istanbul che è una città che adoro. Ci sono stata una dozzina di volte e ci torno molto volentieri: l’ultima volta sono arrivata all’una di notte ma non trovavo più il solito parcheggio dove sostavamo abitualmente: era diventata isola pedonale! Grazie all’accoglienza ed alla gentilezza stambuliota me la sono cavata: un signore che passava di là mi ha fatto cenno di seguirlo ed ha aperto un portone che dava su un cortile dove abbiamo potuto sostare: ecco quello che accade in questa meravigliosa città.

Mentre scrivo queste righe Susanna è partita appunto con il camper e uno scooter per tornare in Turchia con l’intenzione di attraversarla ancora sostando sulla costa della Licia. Successivamente, con un gruppo di cui lei sarà la più giovane, si recherà per un viaggio di otto giorni in tenda all’isola di Socotra (Yemen), patrimonio dell’Unesco per essere un gioiello della biodiversità con le sue 700 specie uniche al mondo.

Quando le chiedo quali sono i luoghi visitati che ricorda con più emozione, afferma di avere avuto i classici colpi al cuore in posti che, pur avendone visto le immagini tante volte, nel momento in cui ci si trova fisicamente ad assaporarne la consistenza e la magia, lasciano senza fiato: Antelope Canyon negli USA, il Machu Picchu, Petra (vista dall’altipiano). Preferisce comunque la natura; non le piacciono i posti finti, ipercostruiti e civilizzati; fare shopping nei negozi firmati non le interessa quindi evita destinazioni come Dubai. Le domando allora in quale tipo di ambiente naturale si sente più a suo agio:

Nei boschi del Trentino! Adoro il mare e la natura di vario tipo; mi piace conoscere e scoprire ambienti diversi, non mi basta visitare gli orti botanici dei luoghi che visito ma dove mi sento un’ospite in un ambiente che non è connaturato con la mia identità, i boschi di abeti rossi o di faggi, con quel tappeto di foglie sotto la chioma, mi fanno sentire davvero a casa.

Parliamo di bagagli, zaini e ciò che è necessario portare nei viaggi e nella vita; un argomento che tocchiamo immancabilmente con tutte le ‘donne con lo zaino’ che incontriamo:

Quando facciamo i bagagli è marcante la differenza tra me e mio marito: lui riesce ad avere un peso che di almeno 800 kg ed è capace di portare mezza casa comprese cose inutili come il telo di gomma per sedersi. Io faccio un zaino leggero con magliette e pantaloni tecnici, i miei soliti scarponcini, un manuale di botanica o funghi, una borraccia. Forse anche per contrasto con la mia borsa di lavoro che sembra essere riempita con il piombo, piena com’è di strumenti, libri e oggetti di tutti i tipi, utili per le terapie.

Nel mio bagaglio metaforico metto tanta positività; per deformazione personale sono disturbata dalle persone che si lamentano tanto per piccole cose e penso che prendere con leggerezza la vita ed affrontare le situazioni positivamente, è una condizione necessaria e benefica per sé e per gli altri.

Un altro elemento che non può mancare nello ‘zaino della vita’ è la curiosità perché è il motore per stare bene: mantenere lo spirito di ragazzini incuriositi nonostante l’avanzare dell’età è fondamentale. A volte crescendo o invecchiando infatti si rinuncia progressivamente a guardarsi intorno: io sono per la ‘caccia al tesoro’ continua, per mantenere la voglia di capire ed imparare sempre: adoro la sensazione di avere alcuni dati a disposizione e da questi riuscire a sistemare i pezzi, come per risolvere un enigma; in fondo il mondo è una continua sorpresa per chi lo sa guardare.

Susanna, con lo sguardo curioso di chi cerca di essere neofita di qualcosa per poter vivere ancora l’incanto del porsi domande e trovare soluzioni, racconta di essersi fermata recentemente ad osservare e fotografare un ragno in giardino mentre tesseva la sua tela. Ha notato il modo in cui procedeva producendo fili in verticale per costruire l’intelaiatura, per poi passare a intrecciare cerchi concentrici e, mentre terminava l’operazione, aveva già intrappolato diversi moscerini. Susanna ha posato l’obiettivo sulla sequenza che l’aveva stupita per poi scoprire, subito dopo, che sotto la balaustra, c’erano tra altri tipi di ragnatele diverse formate da specie differenti di aracnidi, un piccolo mondo da scoprire a portata di occhio:

Quante volte si passa davanti a qualcosa di straordinario senza farci caso, poi un giorno decidi che vuoi farci attenzione ed il fare attenzione alle cose, anche piccole, vicine ed apparentemente insignificanti, aggiunge contenuti. Dovremmo rallentare e imparare a guardarci intorno per scoprire mondi meravigliosi, microcosmi sorprendenti.

Davanti alla sua biblioteca, passo davanti ad un mondo concepito da Susanna, che la rappresenta sia a livello scientifico che spirituale: una madia con dei contenitori di vetro sigillati da tappi di sughero dove, anziché marmellate o verdure, conserva le sabbie raccolte in giro per il mondo: un atlante minerale e concreto dei suoi viaggi e delle terre che ha attraversato portandone con sé il ricordo fisico. In alto troneggia un vaso cilindrico più grande degli altri dove tutti i resti di queste sabbie sono mescolati in un metissage che è la creazione di quella rete di vita di cui Susanna è l’aracnide, il centro operativo e l’alchimista.

P.

Author: Patrizia D'Antonio

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