Una nomade al 100%

Roberta, Rimini, Ravenna, Londra, Edimburgo, Istanbul e il resto del mondo

 

Parlando di nomadismo esistenziale a Dakar con Nicole, salta fuori il nome di Roberta, sua amica “nomade al 100%”, come la definisce. Pensavo stesse esagerando ma quando poi la incontro- a distanza mentre si trovava in Marocco- mi rendo conto quanto sia appropriata la condizione di nomade totale,appellativo che lei stessa ha scelto e che la contraddistingue. Roberta inizia a raccontare:
Mi sposto per cambiare luogo dove vivere in media ogni due anni; lo faccio da quando ho finito l’Università, in Inghilterra. In genere cerco lavoro in rete e parto per vivere un po’ in un Paese e scoprirlo anche in funzione del costo del viaggio e della vita. Dopo la laurea ero andata prima a Parigi per due anni, poi in Cambogia per un anno e da lì in Laos per un altro anno, infine in Cina per un paio di anni, sempre insegnando inglese per associazioni no-profit, scuole pubbliche e scuole di lingue. Ho vissuto poi a Edimburgo, nel 2016, perché il costo della vita è molto più basso che a Londra, e lì sono riuscita a comprare un appartamento con l’eredità di mia nonna. Dopo due anni a Edimburgo, e con la sicurezza economica dell’appartamento, sono partita per un altro viaggio overland, dalla Scozia in Iran, via terra, a tappe. Tra le varie tappe c’era la Turchia dove ho passato un paio di mesi, tanto da restarne affascinata. Presi allora la decisione, una volta rientrata a Edimburgo, di trasferirmi a Istanbul dove ho vissuto tre anni. Ho conosciuto Nicole proprio in questa magnifica città; io lavoravo come interprete in una clinica di chirurgia plastica. Quando ho accettato questo lavoro ben remunerato in rapporto al costo della vita turca, non avevo idea di questo mondo; ora quando vedo le persone che si sono sottoposte alla chirurgia estetica, so quantificare anche il loro investimento. Con una donna a cui avevo fatto da interprete, ho allacciato una relazione di amicizia così mi sono permessa di discutere la sua scelta. Sostenevo che è una battaglia persa contro l’età che avanza: una lotta senza senso, una schiavitù in una società purtroppo ancora patriarcale e retrograda in cui la donna è ridotta a mero oggetto sessuale che, in quanto tale, non deve invecchiare mai. Dopo l’intervento spesso non si sembra veramente più giovani ma si hanno semplicemente migliaia di euro in meno: ho visto persone che prendono i soldi per la liposuzione dal budget alimentare familiare togliendo letteralmente da mangiare ai figli talmente sono ossessionate dall’immagine. Capisco che ciascuno possa avere le sue passioni e/o ossessioni ma trovo che la bruttezza sia più legata al rendersi ridicoli (come accade spesso dopo questi interventi) piuttosto che lasciarsi le tracce della vita che passa. Ho comunque vissuto uno spaccato antropologico interessante traducendo in italiano, inglese, spagnolo, francese: un mondo che non conoscevo, per la maggior parte composto da donne (ma ci sono anche uomini) che in media hanno un livello culturale medio/basso: casalinghe, parrucchiere, cassiere, nessuna laureata ma questo perché il livello dei costi della clinica dove ero impiegata era medio e non esclusivo. Il mercato si differenzia e ‘pesca’ in fasce di reddito e di classi sociali diverse. Nelle cliniche più costose si trovano altre classi sociali, donne e uomini con mezzi economici tali da potersi permettere interventi regolari, ma con lo stesso chiodo fisso in testa. I/le pazienti che ho incontrato si fanno condizionare dalle/gli influencer; hanno poco spirito critico. In quegli anni, in clinica, ne ho viste davvero di tutti i colori; una volta una romana è uscita dall’intervento di liposuzione durato otto ore gridando: -Ora so’ bbona!- Dopo un anno che lavoravo, non avendo ottenuto il rinnovo del visto sono dovuta uscire dal paese. Al rientro, tre mesi dopo, il business era completamente cambiato, dai trenta impiegati che eravamo, erano passati ad una équipe di trecento persone: una catena di montaggio, un ambiente completamente diverso in cui non mi divertivo neanche più. Ho dunque lasciato quel lavoro, perdendo di conseguenza anche il visto e dunque sono dovuta ripartire. 
Ad Istanbul, quando era libera dal lavoro, Roberta trascorreva il tempo come spesso fa nei paesi dove vive: leggendo, guardando documentari, camminando per la città e viaggiando. Ha conosciuto persone di vari paesi: libanesi, siriani, cubani, iraniani, centinaia di persone dei posti più disparati del mondo che, nella speranza, attesa e impossibilità di raggiungere altre mete, finiscono in Turchia, in questa specie di Middle Earth che è poi la Turchia stessa in tutti i sensi, tra Occidente e Medio Oriente. Conosce ogni strada di questa città di sedici milioni di abitanti, ma anche tutta la Turchia.

Ha poi continuato la sua vita itinerante:
Dopo la Turchia sono andata a insegnare inglese in Tagikistan per un periodo estivo poi ho continuato a viaggiare, spesso in pullman, in Uzbekistan, Kazakhstan, Oman, Nepal, sud est asiatico, Filippine, Corea del Sud e Giappone. In genere parto da Sofia, in Bulgaria, perché trovo voli molto convenienti. Ormai ho una conoscenza approfondita delle possibilità di spostamento e di vita a buon prezzo: compagnie low cost e strategie di sopravvivenza con valute estere e situazioni estreme, utilizzo queste competenze per vivere e lavorare nei vari paesi dove vado.

Chiedo a Roberta dove è nato questo nomadismo che la porta a vivere spostandosi continuamente. Mi dice che ha avuto presto l’esigenza di lasciare la famiglia così si è spostata a diciott’anni dalla casa familiare di Rimini a Ravenna, prima in un convento di suore poi in una stanza condivisa in un appartamento di studenti universitari.
Decide poi di partire per l’Inghilterra con soli cinquanta euro in tasca. All’inizio vive in un ostello dove poi ci trova lavoro: non sapevo che esistessero posti del genere: quell’ostello era una finestra sul mondo, gente che veniva da tutte le parti del mondo; è decisamente formativo. Dopo un anno di vita in un ostello non ti spaventi più di niente; comunque per me è stato uno ‘stepping stone’, ho poi trovato un appartamento da condividere con altre persone. Ma dopo sette anni, mi sono resa conta che, pur amando Londra profondamente, viverci era davvero difficile per il costo elevato. Non mi sono sentita di mangiare scatole di fagioli per anni e così sono partita per l’Australia. Lì ho trovato gente che ama le feste, la spiaggia, cose che a me non interessano. Ogni tanto tornavo in Inghilterra dalle mie peregrinazioni ma ho realizzato che avrei potuto viaggiare lavorando in qualsiasi posto. Intanto si era formata in me la curiosità di andare a vedere come vivono i popoli della terra. Alcune donne si pongono la domanda: come posso essere più bella? Quale cucina scelgo per la mia casa? Io mi chiedevo: Come vivono in Cina? In Cambogia? Così sono partita per due anni in Cina poi in Cambogia, appunto, per vivere un tempo congruo per capire, conoscere e impregnarmi il più possibile della cultura locale.
Nel corso dei suoi spostamenti ha deciso di considerare anche l’Italia così è tornata due anni a lavorare in una scuola di lingue a Ravenna ma poi il richiamo della vita nomade è stato più forte ed ha continuato il suo giro del mondo. Afferma che se si dovesse fermare. Londra, città cosmopolita e amata, sarebbe la sua scelta:

Londra è una collezione di tutti i paesi che ho visto ed è l’unico posto dove mi sento a casa come a Istanbul dove la vita, però, è decisamente meno cara. Viaggiare per me è imparare come vive la gente al di là delle prime impressioni: ho voluto comprendere il senso estetico giapponese, come vedono il mondo i turchi con la complessità della loro storia, come vivono le comunità andine in Perù, lo sviluppo della Cina e il passaggio dalla mentalità rurale ad un progresso economico senza precedenti. Sono sempre partita con degli interessi specifici e per una crescita culturale personale. Sono una specie di ‘collezionista di conoscenze’; mi nutro di esperienze dirette ma anche di lettura e documentari: leggo infatti saggi storici e guardo documentari di arte e storia, soprattutto sul canale ARTE. Ad esempio si può capire la storia della Turchia  osservando gli edifici, riconoscendo nel cibo le influenze armene, trovando in molti aspetti culturali quelle greche, curde, europee. Peraltro i turchi hanno una visione particolare dell’Europa, si sentono europei senza avere la cultura millenaria del pensiero occidentale: è un Paese dalle mille sfaccettature da scoprire e per questo ci vuole tempo e conoscenza diretta.

Lo zaino di Roberta non supera mai i tre chili, non ha mai fatto il check-in dei bagagli; non possiede niente che non sia indispensabile: oltre al portatile che usa per la maggior parte off line perché non compra mai il forfait internet, viaggia con un paio di scarpe. I vestiti li acquista sul posto quando sono logorati (ma un vestito le dura vent’anni in genere, racconta) o glieli danno. Si scarica le mappe on line dei posti nuovi dove deve orientarsi, prenota ostelli e va avanti con un budget molto economico. Nel suo prossimo piano di viaggio dal Marocco verso il Libano ha trovato una combinazione economica che passa per la Francia quindi partirà da Ouerzazat a Marsiglia con un biglietto aereo di dieci euro, poi passerà da amici con un Bla Bla Bus a un euro da Marsiglia a Bordeaux o a due euro da Tolosa a Bordeaux o ancora da Montpellier a Carcasson per tre euro e cinquanta, poi vedrà…
Nei due anni che ha lavorato a Ravenna, Roberta ha ospitato più di duecento persone con Couchsurfing : amava ricevere persone da altri posti del mondo anche per superare il provincialismo. Anche se la città è bella e ricca di eventi culturali, per lei, non è abbastanza cosmopolita:
Viaggiando, la prospettiva in cui si guarda il mondo cambia: ho visto di tutto, ad esempio quando vedo i cani non ho difficoltà ad immaginarli sul barbecue perché sì, ho anche dovuto mangiare cani e gatti. Io viaggio per assorbire le culture anche se con il mio filtro ovviamente: guardo e se mi interessa conservo, altrimenti tralascio; scelgo tra le molteplici opportunità che mi trovo a conoscere. Ad esempio non mi piace mangiare con le mani come in alcuni paesi ma preferisco le bacchette alle nostre posate.

Il mondo dei viaggiatori è vario e sorprendente: due mesi fa in Laos in una barca che ci mette due giorni per raggiungere Luang Prabang, il posto dove volevo andare, c’era una famiglia di spagnoli con bambini piccoli, ho visto un ottantacinquenne che percorreva la Malesia in bicicletta. Ho dormito in posti incredibili: una volta in Cina sono arrivata in un luogo dove non avevano mai incontrato una donna bianca sola e nessuno parlava la mia lingua. Donne che viaggiano da sole sono rarissime in Medio Oriente.
Roberta racconta la sua ‘avventura pandemica’ come un viaggio rocambolesco per non restare bloccata in Iran dove si era recata per mostrare il paese al suo ex compagno turco:
Dalla Turchia dove mi trovavo, ero andata in Iran dal dentista perché costa meno ed è un bellissimo Paese. Sapevo che avrei dovuto pagare cash (ci ero gia’ stata varie volte) poiché, per le sanzioni americane, non si ha accesso al conto bancario . Quando è iniziata la pandemia, per me è iniziato un viaggio difficile perché non mi lasciavano passare il confine, dove nevicava abbondantemente peraltro, al Nord per la Turchia. Sono dunque rimasta bloccata in Iran con 200 euro in tutto e non avevo altri contanti. Sono tornata a Teheran in bus per recarmi all’ambasciata italiana e, dopo aver aspettato un bel po’, un impiegato mi ha detto che non poteva fare nulla per me, neanche darmi dei soldi che avrei trasferito sul suo/loro conto! Sono andata in un ostello dove avevano un conto inglese così ho trasferito loro il denaro perché mi comprassero un volo di uscita dal paese per risparmiare al massimo: gli iraniani per fortuna sono molto ospitali. (In un precedente viaggio in Iran, da sola, avevo conosciuto persino una famiglia in autobus che mi aveva ospitato). Tra tanti voli cancellati sono riuscita poi a volare a Milano e da lì a Sofia mentre stavano chiudendo tutti i confini. Lì ho preso il bus per Istanbul; alla frontiera sono riuscita a passare in Turchia per miracolo discutendo mezz’ora perché non facevano entrare italiani. Dai documenti non potevano vedere da dove venivo, non timbrando all’interno della EU poteva essere Italia come Grecia, e io dissi che venivo dalla Grecia appunto: la mia parola contro quella del buon turco che ha deciso di ‘graziarmi’. Alla fine sono riuscita a non restare bloccata in Bulgaria per il confinamento e raggiungere Istanbul.
Chiedo a Roberta i suoi progetti a breve/medio termine e mi dice che dal Marocco andrà in Francia per ripartire per Cipro e poi in Libano poi vedrà cosa trova per lavorare e continuare a spostarsi:
Sono completamente libera e questo è meraviglioso. Il prezzo da pagare è però abbastanza alto; ad esempio non ho una vita sentimentale stabile da molto tempo e, se è vero che vivo culture diverse e con vari popoli, in realtà non mi espongo mettendomi davvero in gioco scegliendo un’esistenza determinata e fissa. Le conseguenze sono un po’ di solitudine e il sentirmi sempre come se guardassi il mondo da una finestra con ventiquattro fusi orari. A quarantadue anni però posso scegliere liberamente di partire se mi viene la curiosità di sapere come vivono in Butan. Sono più di vent’anni che vivo in questo modo; mi sembra di aver vissuto sempre così e forse ormai non sarei più adatta a entrare in un’esistenza ‘normale’ nel senso di stanziale. Quando torno in vacanza nella mia città natale mi accorgo della differenza abissale tra me e amici/parenti/conoscenti. Parlano per ore della nuova macchina, dei mobili, di parrucchiere e di vestiti: tutte cose che non fanno parte del mio mondo da tanto tempo. In Turchia ad esempio, con i miei amici e conoscenti, forse perché hanno meno disponibilità economica, pur non appartenendo in fondo a quella cultura, mi sento paradossalmente più a mio agio. Certo che, dalla mia finestra dai ventiquattro fusi orari, vedo e vivo tutto dall’esterno ma questo accade anche all’interno dell’Italia stessa dove ci sono identità regionali/locali o di gruppi sociali. La vita di un napoletano è ben diversa da quella di un trentino ad esempio, allora qual è l’identità italiana?  Io ho fatto un percorso diverso da chi è rimasto a cercarla nel nostro paese, forse perché sono nomade al 100%!

P.

Corea del Sud

Piatto di insetti, La Olla de Barro Kyoto Marocco Marocco Singapore

Author: Patrizia D'Antonio

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