La nostra amica poetessa e scrittrice Grazia Fresu, come tutte noi sgomenta e arrabbiata per gli avvenimenti in Afghanistan, ci invia due poesie composte in seguito alla presa del potere dei talibani a Kaboul e alla violenza e instaurazione di un potere maschilista e violento contro le donne. La rabbia si fa canto, un canto arrabbiato, denso e essenziale che tutto dice sulla condizione femminile sotto questo regime. Oggi ne pubblichiamo una.
IL CANTO DEL TALIBANO
Copriti donna,
la tua bellezza è un insulto dell’universo
pericolosa trappola per i sensi
proprietà che non va mostrata,
il corpo non ti appartiene
né pelle né capelli né seno né vagina,
il mio Dio potente
me li assegnò come premio
d’essere maschio e guerriero.
Non leggere donna, non studiare,
la scrittura la nostra saggezza
non può essere condivisa con te
creata per servirci,
solo parla la lingua del tempio
dove inginocchiata pregherai per noi,
non ti serve la poesia, l’arte, la musica,
dovresti essere muta, non provare
desideri né piacere, solo devi essere
forma condiscendente e silenziosa nel letto
e madre ubbidiente per i nostril figli.
Stiamo tornando per toglierti
quello che hai creduto possibile,
la primavera in cui hai camminato
leggera e ardita per le nostre strade
tingendo le tue labbra di rosso
mostrando le tue gambe svelte e il tuo sorriso
riempiendo le piazze, le università, i teatri
come se fossi tu la bandiera sventolante
del nostro paese afgano,
stiamo tornando per sconfiggere
in te ogni libertà
per toglierti la speranza d’essere
creatura come noi sotto il cielo.
Grazia Fresu