Essere “a pezzi” e l’arte del kintsugi

Ci sono momenti nella vita in cui ci sentiamo rotti, spezzati. Soliamo dire che ci sentiamo “a pezzi” e il nostro unico  desiderio è quello di nasconderci, rintanarci nelle nostre case, nelle nostre teste, come si fa  quando si rompe un vaso e si raccolgono i cocci in un angolo per poi raccoglierli in una paletta e buttarli via.

C’è  una tecnica giapponese, chiamata kintsugi che offre un’alternativa per riparare gli oggetti evidenziando i punti di rottura senza nasconderli, anzi rendendoli evidenti con cuciture d’oro che, invece che imbruttire, impreziosiscono l’oggetto, aggiungendo bellezza. Letteralmente, Kintsugi  vuol dire  riparare con l’oro. Nell’arte giapponese si usa oro liquido e con esso si riparano i frammenti rotti dell’oggetto evidenziando i margini, creano così cicatrici visibili.

Che c’entra il kintsugi con questo blog? Mi è venuto in mente durante la quarantena, quando vedevo donne sullo schermo che camuffavano le ricrescite dei loro capelli con variopinte fasce,  coprivano i vestiti di casa con foulard e collane, ma soprattutto, invece di chiudersi nella loro malinconia, improvvisavano canti e esercizi ginnici, impreziosendo le cicatrici della clausura con l’oro della loro creatività. E’ successo così al nostro blog. Reso inutile dalla mancanza di viaggi reali, si è impreziosito con la presenza di storie di viaggi e di letture, di donne e racconti. Avremmo potuto cestinare le pagine, quello è stato il primo impulso, invece abbiamo dato vita alla trasformazione della perdita in punto di forza, in un’esplosione di contatti, invio di foto e materiali da molte parti del mondo.

R.

Author: ragaraffa

Blogger per passione e per impegno, ama conoscere e diffondere le voci delle donne che cambiano.  

2 Replies to “Essere “a pezzi” e l’arte del kintsugi”

  1. Annapiccardo says: 04/09/2020 at 9:40 am

    👏👏👏👏❤️

  2. marisa says: 08/09/2020 at 6:29 pm

    Così dovremmo sempre fare!

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