
Cagliari, Belém, Parigi
Ero china a riempire un questionario quando l’ho sentita dietro di me parlare concitata al telefono in portoghese. Mi chiedevo se venisse da Lisbona o dal Brasile, quando, urtata per sbaglio da un ragazzo, ha gridato”porcamiseria!” rivelando le sue origini. Eravamo in una scuola dietro rue saint Denis per sostenere l’esame di ingresso ad un corso della Mairie per imparare il francese. Abbiamo frequentato le stesse lezioni per alcuni mesi, in quel nostro primo incontro mi ha raccontato la sua storia.
Era arrivata da poche settimane dalla Sardegna per seguire un uomo che aveva conosciuto in Brasile. Si era incantata davanti ad un ostello di Belen mentre lui suonava la tromba, e aveva pensato subito che avrebbe voluto che lui fosse il suo ragazzo, era bello ed alto, di sicuro un inglese. Si sono parlati, poi timidamente inseguiti, in un viaggio che a tappe li ha portati prima in Thailandia poi in Vietnam. La loro lingua, quella degli inizi, era il portoghese.
Poi, si sono lasciati, lei è tornata a Cagliari lui a Parigi: il ragazzo non era inglese però era bello e alto, e le mancava. Per lunghe sere si sono raccontati su skype in una lingua estranea ad entrambi, poi, un mattino di fine estate, lei ha raccolto pochi vestiti e qualche libro in uno zaino. Si è presentata titubante alla porta di una casa alla periferia di Parigi e lì si è reinventata.
Non è stata facile la vita parigina dei primi tempi, a volte la incontravo dolorante , lavorava presso un centro per ragazzi difficili che controllavano poco la loro irruenza, un giorno mi mostrava i suoi lividi, un altro le foto di un enorme cane che voleva prendere in casa per fare pet therapy ma no, non poteva, avrebbe fatto scintille con il suo gatto. Poi si è inventata commessa, impiegata, psicologa in un centro anziani, insegnante di italiano. Ogni mercoledì giravamo in cerca di vestiti a poco prezzo, ci fermavamo a bere tè verde, a raccontare sciocchezze profonde e farci leggere confessioni.
Parlavamo di tarocchi e Jodorovsky, di gelosia e impegno, dei suoi studi, complicati da concludere mentre si lavora e si vive lontani da casa. Poi la sua casa è diventata Parigi. il ragazzo non era inglese ma era bello e alto e ora portano al dito la stessa fede infilata in un municipio in Sardegna una sera di luglio. Il portoghese è stato sostituito dal francese per lei e l’italiano per lui.

E’ diventata brava, Annalisa, ora fa la psicologa e cerca su una mappa della Francia un nuovo sud dove ricominciare ancora. Quando lavora fa poche domande misurate ma, non so come, riesce a scrutarti l’anima.

R.
Mi piace questa psicologa misurata e quasi silenziosa.