Dunque, raccontami quarant’anni di vita, sembra ieri, i nostri discorsi, le speranze, le risa ed il pianto, il librone di sociologia e l’esame di statistica. E poi la tua pancia, i bambini, ed io che partivo e non eravamo più noi ma le mogli, le mamme. Eccoti, compagna di scuola bambina con lo stesso ciuffo ribelle sugli occhi e lo sguardo infantile – dove sei andata, quanta strada hai fatto, prima io ero ferma, poi ti sei bloccata tu. Vorrei correre forte, andare lontano, adesso, qui, in un tavolo all’aperto a chiederci dove sono finiti i nostri sogni. C’è ancora tempo per realizzarli? Ricordi? Il primo aereo l’hai preso con me, avevi paura, l’ostello, il treno per Bosa, la spiaggia di Alghero, una notte sul mare a parlare, a prometterci un viaggio ancora ed ancora, il mondo era nostro. Il salice del tuo giardino nel mio ricordo era un olivo, ma non importa, siamo ancora noi.

R.
Il nostro primo viaggio è stato per me”il viaggio”. Ha scalfito i miei giovani quanto innocenti pregiudizi ma non è bastato a liberare le ali della farfalla che si trovava in me come in ognuna di noi.
I ricordi importanti per me sono rimasti intatti, freschi e chissà “‘se siamo ancora noi….” mi piace crederlo e vorrei sperimentarlo. Prendiam)o un altro aereo?