Per me una città è anche le sue librerie. Le cerco ad ogni viaggio.
A Buenos Aires esiste quella che il giornale britannico The Guardian ha messo al secondo posto nella lista delle dieci librerie più belle e importanti del mondo, la libreria Ateneo nell’Avenida Santa Fe 1860, al centro della città, l’ edificio biancogrigio che la ospita esibisce ancora sulla sua facciata la scritta: Gran Splendid, nome di quello che, prima del restauro e della riconversione dell’edificio in libreria nell’anno 2000, era uno splendido teatro, inaugurato nel 1919.
Un paradiso per gli amanti della lettura. Possiede intorno a 120.000 titoli nel suo stock, più di 3000 persone la visitano ogni giorno e vende quasi 1.000.000 di titoli all’anno all’anno.
Agli inizi del Novecento l’Argentina viveva un’epoca di grande splendore, Fondamentale l’apporto degli immigranti europei, intellettuali, musicisti, pittori, architetti che lasciarono ovunque la loro impronta culturale e umana. Per merito loro Buenos Aires si trasformò in poco tempo in una grande metropoli, vivace, interessante, stimolante di lingue e di culture. Tra questi emigranti Mordechai David (detto Max) Glucksman, impresario di origine austriaca, finanziò la costruzione del Gran Splendid, un’ imponente sala con quattro file di palchi e una platea per 500 persone. El Ateneo è un marchio registrato con molti locali sparsi per il paese, ma questa particolare libreria è diversa da tutte le altre, vi si respira storia, raffinatezza, cultura in uno spazio che ha conservato intatta la struttura del teatro all’italiana e che ti si apre davanti agli occhi come un ventaglio dorato, una conchiglia cremisi di superba eleganza. Dove c’erano i botteghini di vendita, sono allineati i libri tascabili a prezzi abbordabili, per dirti subito che la raffinata bellezza di questa cavea non è lì per respingerti. Sul fondo, nell’antico palcoscenico, con i suoi listoni di legno originali, che un sipario di velluto porpora incornicia, troviamo un bar pasticceria e ristorante, con piccoli tavolini, sedie e poltrone accoglienti e in un angolo un pianoforte che chiunque può suonare. Dalla ex platea hanno inizio la spirale dei palchi e la moderna scala meccanica che porta al sotterraneo dove si vendono i libri per bambini e la musica. E da qui, come colonne in un tempio, le scaffalature dei libri si allineano a formare corridoi paralleli al palcoscenico, raggi di un ellisse che porta lo sguardo verso l’alto fino ai palchetti scolpiti in uno splendore dorato, che ospitano altri libri, altre poltrone, altri lettori immersi in un silenzio religioso. All’ultimo piano si espongono foto, quadri, sculture, oggetti.
La libreria è sempre affollata, a qualsiasi ora del giorno. Qui puoi leggerti un libro intero seduto tranquillamente senza che nessun commesso venga a dirti che devi comprarlo. A volte, nelle pause della lettura si sollevano gli occhi al soffitto a contemplare la cupola che sovrasta tutto lo spazio, dipinta dall’italiano Nazareno Orlandi, dove, in un tripudio di rose e di figure, si distingue la rappresentazione allegorica della Pace che, appena finita la prima guerra mondiale, era il sogno di tutti. Dal lato opposto un’altra donna sostiene un proiettore cinematografico: è la “settima arte” che si tende verso la Pace, le offre i suoi strumenti e si fa solidale con i suoi fini.
D’improvviso spesso il piano sul palcoscenico comincia a suonare, dilettanti o professionisti non importa, è sempre una musica rispettosa e soave che accompagna i lettori e li guida con dolcezza tra gli scaffali e il lettore sedotto sceglie un libro, una poltrona, un silenzio… e lì, per ore, dimentica il tempo, il peso del quotidiano, la convulsa vita della città fuori di queste mura.
Grazia Fresu