Lucia Z. Roma, Parigi
Qualche anno fa accompagnavo i miei giovanissimi studenti a visitare una mostra al Palais de Tokyo di Parigi, uno dei luoghi dedicati all’arte contemporanea più interessanti della capitale. A ricevere il gruppo c’era Lucia, médiatrice culturelle, come vengono designate in Francia le persone che realizzano progetti didattici e laboratori, meravigliosa offerta culturale di musei e centri d’arte per le scuole, famiglie, visitatori individuali. Fu una visita indimenticabile che marcò profondamente i miei alunni, pur avvezzi alle ‘uscite didattiche’ e circondati da tanti stimoli culturali anche a cielo aperto. Le installazioni che visitammo erano davvero straordinarie ma, soprattutto, la nostra guida aveva saputo interagire con i bambini, suscitare curiosità, rispondere con semplicità alle loro domande, coinvolgerli nell’attività creativa in un laboratorio che completava la visita, durante il quale dovevano creare la loro propria scultura con i materiali riciclati e ispirati alle opere viste.
Anche i ragazzini più vivaci erano rimasti pietrificati davanti alle sculture dell’artista Bridget Polk sia per l’ammirazione verso queste colonne di pietre giustapposte in equilibrio, sia per paura di farle cadere con le vibrazioni del terreno passando loro vicine o anche solo con un respiro troppo forte… Lucia ci ha spiegato che le “balancing rocks” sono sculture temporanee che l’artista crea e ricrea cercando sempre nuove forme nel divenire continuo e nell’incertezza del tempo: una scultura può tenere qualche secondo o molti giorni. L’artista ricerca l’equilibrio giocando con la legge di gravità per mostrare il suo tentativo di dominare il caos, la temporalità. Compone i suoi cumuli on the road, con pietre che trova sul cammino o pezzi di mattoni o rocce, integrando natura e cultura.
L’altra installazione che ci colpì moltissimo fu l’opera di Theo Jansen che, con le sue bêtes de plage, gigantesche creature mobili installate sulle enormi e ventose spiagge belghe o olandesi, toccava quella relazione tra arte e scienza che stavamo scoprendo con i ragazzini attraverso immagini di strutture di esseri viventi o particolare di parti di essi. Usando tubi in PVC e bottiglie vuote le costruzioni di Jansen si potevano muovere al vento in un’illusione di vitaautonoma affascinando il pubblico.
Dal Palais de Tokyo dove aveva iniziato la carriera lavorativa come mediatrice culturale, Lucia ha percorso altre tappe di scoperta e avanzamento personale e professionale sempre gravitando su Parigi, la sua città d’elezione:
Penso che questa città sia il posto migliore dove vivere per una trentenne con la mia storia e i miei interessi, nonostante il caro vita, la dimensione degli appartamenti ed il clima. E’ il crocevia dell’arte contemporanea e questo mi fa sentire come un pesce nel mare. Oltre alle opportunità di studio e di lavoro che ho avuto qui, sono grata ogni giorno di vivere in questa città dagli incredibili stimoli culturali: in questo periodo, ad esempio, sto facendo quasi indigestione di spettacoli di danza contemporanea nell’ambito del Festival d’Automne.
Romana di nascita ma parigina di elezione, Lucia ha deciso di cambiare Paese e lingua proprio dopo aver avuto conferma, a Parigi, delle sue doppie vocazioni: l’arte contemporanea e la divulgazione.
L’amore per l’arte in generale risale al mio ultimo anno del liceo quando, durante l’unica ora di Storia dell’Arte che avevamo, la professoressa decise di far partecipare la classe al progetto “Adotta un monumento”. Andammo così a visitare la Villa Farnesina a Trastevere dove scoprii gli affreschi di Raffaello: fu una rivelazione. Di fronte ad Amore e Psiche decisi che volevo immergermi nello studio dell’arte, così mi iscrissi alla facoltà di Lettere. Quando poi venni a Parigi in Erasmus per l’ultimo anno della triennale e scoprii che in Francia esisteva la facoltà di ‘Histoire de l’Art’, la mia scelta era compiuta: avrei completato gli studi con la specialistica alla Rue Micheler vicino al Jardin de Louxembourg, sede della facoltà, in un bel palazzo dall’architettura originale. Soprattutto ero stata colpita dalla valorizzazione concreta che in Francia si dà all’arte in termini di formazione e investimenti.
Tornata a Roma per laurearmi, trovai l’esame di didattica museale in opzione al mio corso di studi, lo superai ed ebbi la mia seconda rivelazione. Avevo capito che avrei voluto occuparmi di arte per divulgarla, per coltivare negli altri la sensibilità artistica, trasmettere la passione che avevo provato io, rendermi concretamente utile in questo campo. Tornai a Parigi per studiare all’Ecole du Louvre e lì mi sono avvicinata all’arte contemporanea. Un episodio in particolare sancì la mia terza rivelazione e scelta conseguente: occuparmi di divulgazione ed educazione nel campo dell’arte…contemporanea! Ero di fronte all’opera di Boltanski al MAM: in una saletta c’erano molti scaffali dove l’artista aveva installato elenchi telefonici di città europee, in ordine cronologico. I visitatori potevano interagire con l’opera quindi sono andata a cercare nello scaffale relativo agli elenchi di Roma e ho cercato l’indirizzo dei miei nonni paterni: ho provato una grande emozione che mi ha fatto riflettere sul fatto che nell’arte si deve poter trovare una connessione con l’opera o con l’artista.
Dopo aver imparato la professione al Palais de Tokio, Lucia decide di esplorare altri orizzonti e così accetta un contratto nel Centre d’Art contemporain de l’Ecole nationale supèrieure d’Architecture La Maréchalerie a Versailles dove si è occupata di creare progetti e percorsi didattici da realizzare con i gruppi scolastici, le famiglie, i visitatori e gli artisti delle mostre.
Al Palais de Tokyo ho avuto un’esperienza altamente qualificante, totale: ho imparato a rapportarmi con qualsiasi genere di pubblico e livello di età e cultura: dai VIP alle scolaresche. Ricordo quando, durante l’inaugurazione di una mostra, ho fatto da guida all’ex ministro della cultura Jack Lang o quando ho guidato la classe del figlio di Monica Bellucci che seguiva il gruppo in quanto genitore accompagnatore e tutti miei colleghi la guardavano con ammirazione…Alla Maréchalerie poi sono cresciuta ancora professionalmente: avevo la responsabilità di concepire i percorsi didattici per la divulgazione di opere e mostre di artisti.
Dopo più di quattro anni di un lavoro appagante ma lontano da casa, la parentesi della pandemia, Lucia pensa che sia il momento di evolvere ancora. Approda al Crédac (Centre d’art contemporain d’Ivry-sur-Seine dove diventa responsabile della didattica:
E’ il posto dei miei sogni in un contesto ideale: l’équipe è più grande, i progetti più ambiziosi, la direttrice del centro d’arte è una critica d’arte molto rinomata nel panorama artistico dell’arte contemporanea francese. Mi occupo sempre di ideare percorsi didattici da proporre a gruppi e visitatori sulla base delle mostre e delle opere degli artisti che esponiamo. Questi centri d’arte contemporanea e residenze per artisti dove vengono finanziati artisti sono strutture tipicamente francesi così come il ventaglio di proposte a sostegno dei percorsi di educazione artistica e culturalenelle scuole, di cui mi occupo. Faccio da ponte alle équipe scolastiche, agli artisti seguendo i progetti dalla A alla Z. Anche questo dimostra l’attenzione per una crescita culturale della società in campo artistico. A Parigi, come dicevo, c’è un’apertura verso l’arte contemporanea, un’effervescenza che a Roma non si trova anche per la diversa caratterizzazione artistica delle città ovviamente.
Lucia racconta di partire in bicicletta ogni mattina per raggiungere Ivry dal quartiere parigino dove abita che è un modo anche per fare un po’ di movimento per questa giovane donna dinamica che ricordo, prima del suo trasferimento, girare con il motorino per Roma e amare il mare ed i viaggi. Le chiedo quanto le sia costato radicarsi in un altro Paese e quanto l’attitudine a gli spostamenti l’abbia aiutata:
Parigi mi aveva sempre attirato, forse a causa di un certo romanticismo, comunque mi sono sentita fin da subito a mio agio. Certo ho avuto la fortuna di condividere il progetto di vivere qui con la mia cara amica dei tempi del liceo. Insieme abbiamo costruito la nostra nuova vita; da nove anni abbiamo le nostre amicizie qui dove mi sento a casa, una situazione anche sudata lavorando sodo e passando anche momenti difficili. A Roma non è rimasto quasi nessunodei miei amici di prima; non sento minimamente la nostalgia. La lontananza si fa sentire ora per i problemi di salute di mia mamma ma mi organizzo per far fronte almeno alle questioni organizzative e di gestione. La mia vita è ormai qui ed i miei genitori non mi hanno mai fatto pesare questa scelta, neanche ora che la situazione è davvero difficile a casa. La malattia di mia madre mi ha cambiato la vita facendomi perdere una parte di leggerezza: la mia mente è costantemente occupata dal pensiero di cosa devo e posso fare, come controllare da qui l’assistenza necessaria e come stare vicino a mio padre che ne ha il carico quotidiano. Da lontano almeno posso mantenere la lucidità che lui a volte perde per il coinvolgimento affettivo e materiale e cerco di sostenerlo il più possibile.
Mentre parla penso al dramma di tante famiglie colpite dalla perdita di autonomia di un loro caro ed a come la vita può prendere una direzione inattesa e imprevedibile a cui è davvero duro far fronte da soli. Ricordiamo poi con Lucia i momenti indimenticabili trascorsi insieme ai suoi durante i tantissimi viaggi:
Vengo da una famiglia in cui avevo avuto la fortuna di viaggiare tantissimo fin da piccolissima. Non abbiamo mai avuto una seconda casa e quindi ogni estate si organizzava un viaggio in una località diversa che cambiava spesso. Il lato negativo era che vedevo i miei amichetti ritrovavare sempre il villaggio dei nonni o il luogo di vacanze abituale e un po’ mi mancava tutto ciò.
Ho però avuto opportunità di fare viaggi epici: Islanda, Messico, India, Azzorre, Stati Uniti, Argentina. Erano viaggi avventurosi, non tipicamente turistici ma rispettosi delle culture che incontravamo. Cercavamo di conoscere le tradizioni locali e di evitare i circuiti organizzati del turismo di massa. Queste esperienze mi hanno dato voglia di continuare il mio viaggio personale, scoprire posti nuovi ma soprattutto ho coltivato la curiosità e sviluppato l’elasticità e l’adattabilità necessaria per andare incontro al nuovo. Ho quindi cominciato a viaggiare da sola molto presto, anche con budget molto limitati. Il viaggio per me è una necessità ma, se fino a qualche anno fa avevo bisogno di andare lontano, prendere un aereo per 10/15 ore di volo per sentirmi davvero lontano, ora il mio sguardo è cambiato. Forse anche per la pandemia e l’andamento globale ho riscoperto la bellezza di prendere il treno e semplicemente scoprire luoghi anche più vicini a noi. Ora sento sempre più l’esigenza di isolarmi in posti tranquilli che non mettermi in mezzo a grandi metropoli o mete esotiche.
Commentiamo l’articolo scritto da Lucia per il blog delle donneconlozaino l’estate scorsa quando, da sola ha percorso il sentiero costiero di Banylus -sur-mer: un’esperienza che le ha dato una grande pace:
Avevo tanta voglia di mettermi alla prova e passare un po’ di tempo da sola con me stessa in un luogo bello e in mezzo alla natura marina ed ho trovato davvero quello che cercavo ammirando splendidi paesaggi mentre marciavo: una dimensione meditativa e sportiva che ho particolarmente apprezzato. Voglio rifare questa esperienza da sola. Sto programmando una settimana di cammino su sentieri di montagna, da rifugio a rifugio sulle Alpi italiane e francesi.
Parliamo di zaini, bagagli di viaggio leggeri per cammini e viaggi itineranti ma anche della leggerezza percepita quando si hanno ben presenti le priorità che, per molte persone dopo la pandemia, sono cambiate:
Per alcuni la lezione tratta dalla riflessione durante la pandemia è stata di scegliere di concentrarsi di più sulla carriera mentre per altri si è trattato di puntare di più sulle relazioni di coppia o familiari. In questo momento particolare io traggo la forza da una nuova situazione di libertà e autonomia che conosco poco: anche questo è un bellissimo viaggio.
In futuro Lucia vorrebbe continuare il suo lavoro in un museo dove il dialogo con le opere delle collezioni permanenti pongono altre sfide rispetto ai centri d’arte in cui artisti e installazioni sono continuamente in divenire. E’ decisa comunque a rimanere fedele alle sue rivelazioni che l’hanno spinta lontano verso un percorso di vita e di lavoro che vuole svegliare la sensibilità nei confronti di opere che fanno riflettere, scuotono, emozionano, fanno interagire:
L’arte contemporanea permette di riflettere su problematiche attuali e di avere uno sguardo decentrato, di cambiare posizione, essere aperti ad accogliere punti di vista originali. E’ anche un esercizio mentale che libera dai pregiudizi; bisogna avere la volontà di capirsi e lasciarsi andare ad un’arte di cui non si possiedono a volte i canoni. Ciascuno di noi tutti ha sensibilità diverse però l’arte ci permette di essere in contatto con una parte di noi estremamente importante ovvero a ciò che rileva delle sensazioni ed alla sfera affettiva. Troppo spesso nella nostra società neo liberale e capitalista siamo portati alla superficialità: non c’è tempo né utilità a connettersi con la propria anima per godere di una forma artistica. La connessione con il profondo di noi stessi colpito da un’opera è il prisma per conoscere e relazionarsi con gli altri, se stessi, il mondo e questo solo l’arte lo può fare.
P.




