Lorenza e Manuela mi propongono un fine settimana nella città imperiale di Fes, culla della cultura tradizionale marocchina e una delle mie mete mancate. Colgo dunque l’occasione con entusiasmo e partiamo in treno da Casablanca. Decidiamo di spezzare il viaggio con una sosta a Meknes. Pur se piena di cantieri (attualmente la città è oggetto di molti lavori di rinnovamento), Meknes ci colpisce subito per il suo fascino: riusciamo a visitare la Medina, gustare un ottimo couscous (è venerdì!) e visitare il Museo della musica: una perla che forse ci sarebbe sfuggita a vantaggio di altri luoghi. Il centro storico di Meknes, il cui nome viene dalla tribu amazig (berbera) Mknassa, è circondata da una quarantina di alte mura costruite sotto il regno d’Ismail Ben Chérif (1672-1727) e munite di 70 Bab (porte) tra cui l’imponente Bab Mansour. Classificata patrimonio mondiale dell’Unesco, è chiamata la ‘città dei cento minareti’ per le numerose moschee tra cui la Grande Moschea (XII sec.) oltre che per le vestigia del Palazzo Reale. Non abbiamo tempo di visitare il sito archeologico non lontano, Volubilis, escursione che rimandiamo ad una prossima volta.
Riprendiamo quindi il treno per Fes dove arriviamo nel pomeriggio in tempo per sistemarci in un tipico Ryad e uscire per una prima esplorazione serale della Medina Fes el-Bali. Ci rendiamo subito conto della vastità di quella che è la Medina più grande del mondo: un labirinto di stradine e viuzze tortuose dove è impossibile orientarsi. Riprendiamo quindi l’eplorazione il giorno dopo partendo dalla famosa porta Bab Bou Jeloud.
Delle città imperiali, Fes è la più antica, fondata nell’808 da Idriss II quale prima capitale politica, religiosa e culturale del Paese. Dal 1981 è patrimonio dell’Umanità con i suoi luoghi storici come il funduq, un caravanserraglio (XVIII sec.) che forniva cibo, alloggio e riposo ai commercianti di beni di lusso provenienti dall’interno del Marocco.
Partiamo alla ricerca della più antica Università, la moschea Karaouiyine, fondata nell’859 da Fāṭima, figlia del tunisino Muḥammad al-Fihrī, frequentata dagli eruditi del tempo e tuttora uno dei principali centri spirituali ed intellettuali dell’islam. Purtroppo non è accessibile ai non musulmani quindi dobbiamo accontentarci di vederla dall’esterno. Ci dirigiamo allora alla medersa Bou Inania (1350-57), la più bella scuola coranica di Fes, aperta e visitabile da tutti. All’interno c’è anche una moschea con un minareto; l’edificio fu costruito tra il 1350 e il 1357. Di fronte c’è un orologio ad acqua e un arco che scavalca la strada. Sulla sinistra del portale di legno di cedro placcato in bronzo lavorato c’è una più porta più piccola detta “degli scalzi”, riservata ai visitatori che si dovevano pulire i piedi grazie ad una canaletta d’acqua che scorreva vicino, per non sporcare il luogo. Gli alloggi che erano degli studenti si affacciano su un cortile ornato da marmo, onice, gesso e legno scolpito: davvero una visita imperdibile. Di fronte approfittiamo del Café Clock per una meritata sosta prima di rituffarci nel dedalo dei vicoli che compongono Fes el-Bali dove si vendono mercanzie di ogni tipo.
Quando scopriamo che google map non ci può aiutare ad orientarci non riuscendo a captare la rete, decidiamo di affidarci ad una guida improvvisata, un giovane che parla italiano e ci fa vedere le concerie dalla terrazza di un amico negoziante del suk. La distanza ci permette di evitare l’odore forte delle vasche di tintura delle concerie e di abbracciare con lo sguardo questo spettacolo davvero impressionante: al mattino le vasche sono ancora piene dei colori della tintura che brillano alla luce del sole. Accettiamo volentieri l’invito a visitare la cosiddetta ‘farmacia berbera’ dove troviamo i cristalli che curano il raffreddore, il muschio antitarme (lo acquisto volentieri dopo l’invasione di questi insetti che mi ha afflitto durante le mie vacanze, di ritorno a casa a Parigi), tisane ed altri prodotti naturali. Proseguiamo ancora per visitare un’altra madrasa, Attarin, (1323-25), uno dei capolavori dell’arte merinide a Fes. Esauste, passiamo velocemente per la Mellah, il quartiere ebraico, per tornare nell’accogliente Ryad per riposarci dalla frenesia del suk sorseggiando un buon té con i tipici dolcetti sulla terrazza. Abbiamo in realtà in programma di assistere al tramonto dalla collina dove ci sono le vestigia delle tombe dei Merinidi. Prendiamo quindi un taxi che ci permette di vedere le mura e le porte che circondano la Medina e il Palazzo Reale, nel quartiere di Fes el-Jadid. Non potendolo visitare ci accontentiamo di ammirare la porta d’entrata principale, decorata con piastrelle e legno di cedro intagliato. Arriviamo giusto in tempo per ammirare dall’alto la città alla luce del tramonto. Restiamo anche impressionate dai resti degli enormi mausolei reali in cui riposano alcuni membri della dinastia merinide che regnò in questa città imperiale marocchina dal 1248 al 1465. L’altopiano subito fuori le mura di Fes permette di ammirare un panorama sulla città da un punto che trasuda storia e bellezza: un’emozione che ci mette in sintonia con il calar del sole e la fine di un’intensa giornata.
La sera rientriamo volentieri al Ryad: apprezziamo la calma e il silenzio del cortile interno, dei piani e della terrazza dove ammiriamo i tetti dalle piastrelle verdi illuminate dalla luna piena: davvero una notte magica.
L’indomani mattina, dopo un’ottima colazione marocchina, ci avventuriamo per un percorso più tranquillo: i giardini di Jnan Sbil e una visita alla casa di un artista vicino al Ryad. Ci dirigiamo poi verso la stazione dove riprendiamo il treno per Casablanca. Il fine settimana è concluso e così il nostro giro che ci ha arricchite di scorci, colori, odori diversi dalla metropoli dove viviamo: un altro volto di questo Paese straordinario.
P.