(en français après les photos) È una domenica piena di luce a Casablanca; controllo gli eventi programmati all’Institut culturel français e vedo che proprio oggi si prevede una proposta interessante: un tour in bicicletta alla scoperta della Street Art della città. Normalmente i turisti qui fanno il giro dell’architettura Art Déco ma io penso di programmare quella visita per una prossima volta (in fondo non sono solo una turista) mentre la combinazione bicicletta+street art mi è assolutamente congeniale in questa giornata in cui voglio abbinare un po’ di sport alla possibilità di scoprire la città. Senza contare che adoro la Street Art, come sanno le lettrici e lettori che hanno seguito i precedenti articoli come Capitale(s): Capitale(s): une expo sur l’art urbain
Una mostra sull’arte urbana/ Capitale(s): une expo sur l’art urbain
o Napoli e la Street Art di Grazia Fresu:
Un piccolo gruppo si forma, accolto da Amin, un artista dell’associazione, che si occupa di organizzare il noleggio bici per chi non ha la propria e ci conduce nella sala proiezione per una presentazione della street art marocchina e non solo. Inforchiamo le biciclette e seguiamo la nostra guida che conduce il gruppo in sella ad una piccola bici pieghevole chiamata New African style. Racconta che questo tour ha anche l’intenzione di educare le persone all’uso dei pedali in una città dove il traffico è a dir poco caotico. Il percorso attraversa diversi quartieri facendo tappa in vari punti per ammirare le facciate affrescate, ascoltare le storie degli artisti e dell’origine delle giganteschi murales.
La street art è un’arte giovane a Casablanca; è stata ‘regolarizzata’ grazie alla costituzione dell’associazione L’ Boulverad, come suggerito da un poliziotto gentile, ci racconta Amin, forse stanco di dare multe agli artisti che operavano allora senza autorizzazione. Inizia così, dal 2013 un dialogo costante tra la municipalità e gli street-artist iniziato con il progetto Festival Sbagha Bagha per il quale diverse facciate si sono colorate. Amin ci racconta le negoziazioni tra le intenzioni della municipalità e quelle degli artisti tra i quali c’è chi accetta più difficilmente i compromessi ma riesce comunque, in modo più celato, a far passare il messaggio che desidera. La street art ha infatti anche per vocazione quella di aprire il dibattito su certi argomenti sensibili anche se alcune immagini restano tabù: non solo i nudi sono censurati ma anche due mani unite se queste sono quelle di un uomo e una donna.
Amin ci racconta che il re sostiene questa arte che ravviva e abbellisce una città che non è certamente la sua preferita: sua maestà Mohammed VI trova Casablanca caotica e ingestibile ed è vero che, anche se la domenica mattina le strade sono incomparabilmente più calme, dobbiamo controllare bene la circolazione mentre percorriamo i grandi boulevard.
Dal 2017 i vari collettivi di artisti hanno risposto al programma wecasablanca che ha lanciato il progetto Casamouja Urban Art Wave con l’obiettivo di trasformare la città in una galleria a cielo aperto. Un abbellimento che permette di conoscere l’opera di molti artisti africani e internazionali che trovano qui l’ African town che pone questa arte al centro del suo interesse artistico: in tre anni ci sono state quattro edizioni e quasi una quarantina di affreschi murali sono stati realizzati. Alcuni artisti escono dalla scuola di Belle Arti, altri lo sono diventati con l’impegno e la pratica, altri vengono dall’estero in occasione del festival che ha seguito temi diversi: l’infanzia, la donna, i fumetti.
-Quale sarà il prossimo tema e quando? chiedo ad Amin. Mi risponde che bisogna aspettare il budget e poi scoprirlo girando per la città in cerca di nuovi murales e affreschi. Certo è che mentre si ammirano le opere con il naso all’insù osservando i particolari e interpretando i dettagli, è bene trovarsi al sicuro sul marciapiede: anche attraversare la strada qui è una rischiosa avventura, parola di romana abituata al traffico caotico…
Su ogni murales o gruppo di palazzi dalle facciate dipinte c’è una storia da raccontare e mi riprometto di farlo in dettaglio nei prossimi articoli e parlare più approfonditamente dei vari artisti. Oggi mi concentro sulle immagini dedicate alle donne o dipinte dalle poche artiste . Alcuni tra questi murales mi colpiscono particolarmente, come la ragazza rappresentata in cucina per sottolineare come il ruolo della donna resti, per la maggior parte e specialmente nel quartiere popolare dove ci troviamo, quello di accudire e occuparsi di un lavoro domestico mai riconosciuto. Un altro molto interessante è quello che rappresenta la contraddizione tra tradizione e modernità, vissuto più fortemente dalle giovani donne: una donna berbera con velo e tatuaggio tradizionale ma con occhiali da sole, truccata e con ornamenti di vario tipo.
-Bisogna dire Amazigh piuttosto che Berberi- mi informa Amin, spiegando che il termine significa – uomini liberi mentre berberi viene da barbaro quindi un’etimologia che racconta lo sguardo di altri su un popolo indigeno, fiero e con un’organizzazione della società in molti casi matriarcale.
Infine scelgo per immagine di questo articolo la giovane donna, capelli al vento e tatuaggio tradizionale, con una farfalla in mano. Mi sembrano simboli di una metamorfosi che procede lentamente e che, speriamo, porti anche in questo paese e in altri dove è ancora più urgente, un vento di libertà per tutte le donne.
P.
C’est un dimanche lumineux à Casablanca ; je consulte les événements programmés à l’Institut Culturel Français et je vois qu’il y a une proposition très intéressante prévue pour aujourd’hui : une visite à vélo pour découvrir le Street Art de la ville. Tout le monde sait que les touristes déambulent plutôt à la recherche de l’architecture Art déco dans cette ville sans musées, mais je pense programmer cette visite pour une prochaine fois car la formule vélo+street art me convient tout à fait en ce jour où j’ai envie de combiner un peu de sport avec la possibilité de découvrir ma nouvelle ville d’adoption. Sans compter que j’adore le street art, comme le savent les lectrices et les lecteurs qui ont suivi les articles précédents, par ex. Capitales. https://donneconlozaino.org/2022/10/27/una-mostra-sulla…-sur-lart-urbain/
Un petit groupe se forme, accueilli par Amin, un artiste de l’association, qui est chargé d’organiser la location de vélos et qui nous conduit dans la salle de projection pour une présentation du street art marocain et dans le monde. Nous enfourchons ensuite nos vélos et suivons Amin, notre guide, à la selle d’un petit vélo pliant appelé New African style.
L’itinéraire passe par différents quartiers de la ville, s’arrêtant à divers endroits pour admirer les façades peintes et écouter les histoires des artistes et l’origine des gigantesques images sur les murs.
Le street art est un art jeune à Casablanca, il s’est “régularisé” grâce à la création de l’association L’Boulverad, suggérée par un gentil policier fatiguée d’infliger des amendes aux artistes, raconte Amin. C’est ainsi qui a commencé, à partir de 2013, un dialogue permanent entre la municipalité et les artistes et qui a débuté avec le projet Festival Sbagha Bagha pour lequel plusieurs façades ont été peintes. Amin nous raconte les négociations entre les intentions de la municipalité et celles des artistes, parmi lesquels il y a ceux qui sont moins disposés à faire des compromis mais qui parviennent tout de même à faire passer un message de manière plus dissimulée. Le street art a aussi pour vocation d’ouvrir le débat sur des sujets sensibles même si certaines images restent taboues et que non seulement les nus sont censurés mais aussi deux mains jointes si ce sont celles d’un homme et d’une femme.
Amin nous apprend que le roi soutient cet art pour une ville qui n’est certainement pas sa préférée : Sa Majesté Mohammed VI trouve Casablanca chaotique et ingérable, et il est vrai que même si les rues sont incomparablement plus calmes le dimanche matin, il faut garder un œil sur la circulation quand on traverse les grands boulevards.Depuis 2017, les différents collectifs d’artistes ont répondu au programme wecasablanca qui a lancé le projet Casamouja Urban Art Wave dans le but de transformer la ville en une galerie à ciel ouvert. Un embellissement qui permet de faire connaître le travail de nombreux artistes africains et internationaux qui trouvent ici l’African City qui place cet art au centre : en trois ans, il y a eu quatre éditions et près de quarante fresques murales ont été réalisées. Certains artistes sortent de l’école des beaux-arts, d’autres sont devenus artistes à force d’engagement et de pratique, d’autres encore viennent de l’étranger pour le festival qui suit différents thèmes : l’enfance, les femmes, la bande dessinée. Je demande à Amin quel sera le prochain thème et quand. Il me répond qu’il faut attendre le budget et le découvrir en se promenant dans la ville à la recherche de nouvelles peintures murales et fresques. Bien sûr, tout en les admirant le nez en l’air, en observant les détails, il faut bien rester sur le trottoir : même traverser la rue ici est une aventure risquée, parole de romaine pourtant habituée à la circulation chaotique…
Sur chaque fresque ou ensemble de bâtiments aux façades peintes, il y a une histoire à raconter et je promets de le faire en détail dans de prochains articles et de parler davantage des différents artistes, mais aujourd’hui je me concentre sur les images dédiées aux femmes ou peintes par des femmes artistes, peu nombreuses, qui pratiquent cet art, chacune avec son propre style et le choix de ses thèmes. Certaines images me frappent particulièrement, comme la jeune fille représentée dans la cuisine pour souligner combien le rôle des femmes reste ancré, la plupart du temps et surtout dans le quartier populaire où nous nous trouvons, aux tâches ménagères pas reconnues ni rémunér. Une autre très intéressante représente la contradiction entre tradition et modernité, vécue plus fortement par les jeunes femmes : une femme berbère avec un voile et un tatouage traditionnel, mais portant des lunettes de soleil, du maquillage et divers types d’ornements. -Il faut dire Amazigh plutôt que Berbère, m’informe Amin, expliquant que le terme signifie “hommes libres” alors que “Berbère” vient de “barbare”, une étymologie qui traduit le regard des autres sur un peuple autochtone, fier et avec une organisation de la société souvent matriarcale.
Comme image pour cet article j’ai choisi la jeune femme, cheveux au vent et tatouage traditionnel, tenant un papillon. Ils me semblent être des symboles importants d’une métamorphose qui progresse lentement et qui, nous l’espérons, apportera aussi dans ce pays et dans d’autres où c’est encore plus urgent, un vent de liberté pour toutes les femmes.
P.