Linda, Scutari(Albania)- Como
Quando Patrizia ed io eravamo a Como, invitate da Paola Minussi per la ‘WomeninWhiteSociety.org’, tante sono state le donne venute presso la ‘Globostudio’, che ci ha ospitato, ad ascoltare le storie delle amiche intervistate da quando è nato il nostro blog. Alcune ci hanno contattato in seguito per raccontare le loro esperienze. Tra di esse, Linda.
Linda è nata a Scutari, in Albania e, pur felice di vivere a Como, città dove risiede da diciotto anni, sogna sempre di tornare a vivere dove ha le sue radici. Non ha un’infanzia da narrare: lei, anche suo malgrado, è sempre stata grande, costretta dalle circostanze della vita a diventare, a solo nove anni, una donna di casa. Ricorda a mala pena il viso di sua madre, morta a soli 34 anni a causa di un tumore all’utero. Racconta che, dopo la perdita della mamma, le sue giornate cominciavano molto presto. Seconda tra quattro fratelli, era la prima ad alzarsi. Aveva una mucca che tutte le mattine forniva il latte alla famiglia. Era lei a mungerla e a far bollire il latte per la colazione, poi raccoglieva le uova. Il tempo di mangiare e poi si preparava e aiutava i più piccoli a vestirsi. Insieme si avviavano verso la scuola.
Non si lagnava della sua vita, credeva fosse la stessa per tutte le bimbe della sua età. Gli inverni erano freddissimi, nevicava, e Lindita, come la chiamavano in famiglia, pativa molto il freddo, soprattutto nei fine settimana dedicati al bucato. In casa non c’era la lavatrice, perciò era duro lavare a mano le lenzuola. Il padre accorreva al momento di strizzarle e stenderle, lei davvero non poteva farlo da sola con le sue manine. Si commuove Linda quando pensa al suo babushi (babbo), un uomo grande e possente rimasto vedovo a 39 anni. Qualcuno in paese mormorava che aveva promesso a sua moglie, sul letto di morte, di non sposarsi mai più. Linda non sa se fosse vero, ma il papà non ha mai cercato di ricostruirsi una vita nonostante tutti gli dicessero che avrebbe avuto bisogno di una compagna per lui e una nuova madre per i figli. Così mi racconta:
Facevo da mamma anche ai miei fratelli, li lavavo, pettinavo, accompagnavo la mia sorellina all’asilo portando gli zaini di entrambe. Dopo la scuola, mi dedicavo alle faccende domestiche, non c’era tempo per nessuno svago. Contavo solo sull’aiuto di papà per stirare e preparare da mangiare finché mia sorella è cresciuta ed è diventata la mia aiutante e la mia migliore amica, la sorella migliore che mi potesse capitare. Mi sentivo grande, ma quando sono cresciuta davvero non avevo tempo per uscire o avere fidanzati. Ho terminato il liceo con risultati altissimi, avrei voluto frequentare l’Università ma non ho potuto continuare gli studi: c’era una guerra civile e tanti pericoli, non era possibile per una ragazza uscire per andare a studiare. Perciò ho cominciato a lavorare e a portare dei soldi a casa, potevo contribuire alle spese familiari con il mio stipendio di sarta.
Ho conosciuto mio marito (era il migliore amico di mio cugino) e mi sono subito innamorata di lui così, quando mi ha proposto di partire, l’ho seguito. Non avevo mai sognato prima di lasciare il mio Paese anche se in quegli anni tutti volevano lasciare l’Albania. Il giorno del mio matrimonio, ho tolto il vestito bianco e sono salita sull’ aereo per partire per l’Italia. Non capivo se ero felice di aver sposato l’uomo che amavo o triste per il fatto di lasciare la mia famiglia, i miei amici, il mio lavoro e il mio preziosissimo babush, tutto nello stesso giorno.
Appena arrivata in Italia sono rimasta incinta, era una grande gioia ma la sfortuna anche stavolta ha colpito con violenza.
Dopo un parto prematuro è cominciato per Linda un periodo difficilissimo e tristissimo che fatica a raccontare. Il bambino è vissuto solo quattro mesi. Non c’era nessuno a sostenerla, era sola. e piangeva tutto il giorno:
Non avevo nessuno, tranne mio marito. Dopo un po’ ho reagito: ho cominciato a lavorare, volevo uscire di casa. Dopo due anni è nato Antonio, la mia gioia più grande, il regalo più bello che potessi ricevere. Mio figlio ha compiuto da poco 13 anni. Adesso ho un lavoro che mi piace, sono contenta.
Quando passa a parlare del suo babbo, Lindita si commuove:
Tutti i papà sono meravigliosi per le loro figlie ma il mio babush era davvero straordinario, era amico, consigliere, era tutto in un uomo. In famiglia siamo due maschi e due femmine, quando mia madre è morta mio padre non ha più avuto una donna né una vita sua, si è dedicato anima e corpo a noi figli. Da giovane lavorava come insegnante, dopo, dagli anni ‘80 in poi, ha fatto il commercialista. Una volta in pensione ha preso in gestione un bar vicino a casa; era molto felice di stare con i suoi amici, si stancava ma era fiero di aver raggiunto il traguardo di aver cresciuto i suoi figli. Era un uomo molto apprezzato a Scutari, la sua città.
Dopo che siamo diventati grandi, il mio fratello maggiore si è trasferito in Inghilterra, dove sono nati i suoi quattro figli. Io sono partita per l’Italia, mia sorella in Francia. Il fratello più piccolo, dopo essere andato in Grecia, è ritornato in Albania per vivere con papà: –Con tutti questi sacrifici lui non merita di stare da solo! -ha affermato.
Nonostante la lontananza siamo sempre stati molto uniti: tutti i giorni, alle 19, ci diamo appuntamento per una videochiamata collettiva.
Io scappavo in Albania, dal babbo, ogni volta che ero libera anche solo per due giorni, non solo a Natale o a Santo Stefano, giorno della festa del patrono del suo paese.
Mi ricordo una volta, d’estate, siamo andati da mia nonna, la mamma di mamma. Papà era venuto a prenderci e, mentre parlavo con lui, ho visto un anello sul suo dito. Io sono scappata, per un attimo ho pensato che si fosse sposato e non volevo tornare a casa. Lui mi rassicurò che non era un anello di fidanzamento; gli era stato donato con queste parole: – Se un giorno ti arrabbi, ti sfoghi, lo accarezzi e questo anello ti salverà dalle maledizioni. Certo da piccola per me sarebbe stata una tragedia ma quando poi sono diventata grande avrei voluto tanto che lui avesse una persona vicino con cui condividere la vita.
Ricordo con rammarico il giorno in cui mi ha comunicato che era ammalato. Ero al lavoro, ho visto la chiamata del mio papà, era una cosa inusuale, lui non lo faceva mai quando mi sapeva occupata. Mi ha detto che in un centro medico a Tirana, durante un controllo, avevano scoperto un tumore per cui lo avrebbero operato il giorno dopo. il giorno stesso sono volata da lui. In ospedale, appena mi ha visto, ha esclamato: -Ma tu sei matta! mi ha detto- però ha aggiunto che non avrebbe voluto nessun altro vicino a lui che non fossi io. Con il papà ho avuto un rapporto straordinario, ci raccontavamo di tutto, era un amico. Anche io gli dicevo tutto di me. Questa intervista ha per me soprattutto lo scopo primario di celebrare la sua vita difficile, dedicata a noi. Era un uomo vitale e di buon cuore, saggio. Dopo l’operazione ha vissuto ancora cinque anni con una deviazione intestinale, sembrava che stesse bene, ma era sempre stanco, perciò ha chiuso il bar. Io lo vedevo molto giù, parlavo con lui ma vedevo i suoi occhi un po’ persi. Aveva smesso di frequentare gli amici. Abbiamo una casa in montagna in un posto bellissimo, Thethe. Pensavo che potesse stare meglio nel suo paese natale e un giorno gli ho proposto di andarci insieme. Per me non era facile lasciare mio marito a casa, ma dato che ero in cassa integrazione per via del covid, sono partita. Presagivo che sarebbe stata la mia ultima vacanza con lui, lo vedevo perso e fragile. La mattina andavamo a prendere il caffè al bar dove ritrovava i suoi amici; sono stati due indimenticabili mesi. È stata una bellissima estate, eravamo in tanti, credo che sia stata l’unica vacanza che lui ha fatto nella su vita, la prima e l’ultima.
Quando sono andata via lui è tornato a Scutari ma aveva un altro tumore. A fine marzo gli ho fatto una sorpresa: un fine settimana sono partita per restare con da lui due giorni. Sono andata di sorpresa e appena mi ha visto mi ha detto che ero pazza ma ho visto nei suoi occhi che era molto contento. Non immaginavo mai che papà stesse così male. Sono andata per un weekend e sono rimasta con lui per cinque settimane. Non potevo lasciarlo così. Sentivo che aveva tanto bisogno di avermi vicino. soffrivo nel vedere un uomo di due metri che piano piano si dissolveva. Tornata in Italia, ho pregato mia sorella di andare a trovarlo, lei mi ha lasciato i suoi figli ed è andata da papà. Appena babbo ha visto mia sorella le ha detto che la notte aveva sognato proprio la sua visita. Appena mia sorella è ripartita, papà è peggiorato. Io ero vicino a lui quando si è spento, gli tenevo la mano insieme a i miei fratelli. Aveva aspettato di vedere tutti i suoi figli per morire. Ha lasciato un vuoto che non si riempirà mai, in me è cambiato qualcosa per sempre. Adesso sento che lui mi accompagna, sono credente e sento la sua presenza vicino a me, in ogni cosa: una farfalla, un fiore. Parlo con lui, gli chiedo consigli. Ricordo le tante cose belle vissute insieme. È stato seppellito con l’anello che diceva che lo proteggesse: i miei fratelli hanno voluto che lo portasse con sé.
Linda sospira dicendo che quando torna nel suo paese nulla è come prima. Le chiedo come sia la sua vita nella città dove ha scelto di vivere:
La vita a Como non è facile, ho il mio lavoro, una bella casa, frequento tante buone persone ma spero sempre di tornare là dove ho le mie radici, mi manca la mia terra. Quando vivevo in Albania lavoravo in un’azienda italiana come sarta, è stato duro il distacco, avevo 26 anni e lasciare tutto e partire è stato un trauma, anche se ero rassegnata, pronta ad affrontare una vita dura. I primi tempi tutte le notti sognavo di tornare indietro, a ciò si è aggiunto il trauma della nascita, l’infezione fulminante che ha fatto morire il mio bambino. Durante la seconda gravidanza avevo la placenta previa e ho temuto di non riuscire ad arrivare al parto.
Mi piacerebbe tornare in Albania ma ho paura per mio figlio, non vorrei che vivesse gli stessi problemi vissuti da me, ho deciso che finché lui non sarà maggiorenne non vorrò trasferirmi, non posso scegliere per lui, quando comincerà la sua vita adulta deciderà. Anche mio marito è dello stesso avviso, per ora stiamo ristrutturando la nostra casa a Scutari. Questa estate siamo stati tre settimane nella nostra casa. Era la prima volta che non facevo le vacanze a casa di papà e ho provato una tristezza indescrivibile. Il dolore so che non passerà mai, ma mi dà forza il sapere che gli sono stata vicino fino alla fine. Una volta, parlando con lui, gli dissi che se fossi tornata indietro avrei fatto tante cose diverse, lui invece ha affermato convinto che non avrebbe cambiato nulla, era felice della sua vita. Quando penso a queste parole mi rassereno.
Spero sempre di tornare a vivere nel mio bellissimo paese, aprire un negozio, magari anche con le mie creazioni di sarta.
R.