(en français après les photos) Sono più di vent’anni che ogni anno, dopo le vacanze o una visita a familiari ed amici, percorro in auto mezza penisola, passo le Alpi per dirigermi verso la Francia (o il Belgio a seconda degli anni), modificando di poco il percorso. Ogni volta infatti aggiungo almeno una tappa diversa per scoprire uno dei tanti meravigliosi luoghi attraversati che vorrei visitare o per incontrare amiche/ci e parenti. Questa estate, dopo aver lasciato una Roma infuocata, ho apprezzato tantissimo il tuffo nelle acque cristalline dell’isola della Palmaria; la nuova deviazione però è stata la scoperta, oltreconfine, del dipartimento del Var, nella regione Provence-Alpes Maritimes-Côte d’Azur.
In questa zona l’entroterra, da Saint- Raphael a Toulon, si estende tra colline, vigneti, oliveti, pinete a perdita d’occhio, qualche montagna e villaggi dalle tradizioni provenzali. Mi dirigo verso Draguignan, ex-capoluogo (1797 dopo Grasse), nominato da Napoleone quando ritirò il titolo a Tolone per punire i cittadini colpevoli di aver consegnato la città agli inglesi, nel 1793. Proseguo ancora fino a Villecroze dove ho appuntamento con Marie-Hélène Allemandou che espone le sue opere alla rue de l’horologe, chez GUM. Arrivo in anticipo e decido di vincere la sete ed il caldo e di visitare l’attrazione locale che sono le Grottes de Villecroze. Ci sono visite ogni ora per il costo di quattro euro; la prenotazione è da fare rigorosamente online ma ho constatato che funziona anche due minuti prima dell’orario.
La guida, che per i social deve essere chiamata Jean-Pierre, ci accoglie nella Grande salle, la prima sala di queste grotte calcaree diventate rifugio ed abitazione nel XVI secolo, per raccontarci il contesto storico e darci qualche informazione geologica e zoologica. Le grotte infatti ospitano una colonia di pipistrelli che si annidano ed ibernano in una parte della grotta recondita dove non si può accedere. Possiamo poi visitare liberamente le altre grotte attraversando stretti e scivolosi passaggi (è proibito entrare in ciabatte o con le infradito) fino all’impressionante salle des colonnes dove troneggiano tre colonne ed il soffitto è pieno di stalattiti. Più avanti si sente scorrere l’acqua che ha formato le grotte alla fine dell’era glaciale, 700.000 anni fa, per il processo di calcificazione della vegetazione con lo scioglimento dei ghiacciai. Una imponente cascata (oggi piuttosto modesta) troneggiava sulla scogliera formando, in un processo lentissimo, le rocce di tufo all’interno delle quali c’è ancora una riserva di acqua potabile usata poi, nel corso della storia delle grotte, dagli abitanti in caso di assedio e prolungato soggiorno all’interno. L’acqua stagnante (le lac) resta limpida grazie alla daphnia, un microrganismo che ci vive nutrendosi di batteri. Come testimoniano le feritoie degli arceri e la tour de guet, le grotte furono usate a scopo difensivo già nel X secolo per proteggersi dall’invasione dei Mori, da parte dei monaci benedettini dell’Abbazia di Saint Victor di Marsiglia, proprietari per secoli di gran parte del territorio di Villecroze. Quando nel 1566 i monaci cedettero le grotte al signore Nicolas d’Albertas, queste furono fortificate e divennero il luogo di rifugio durante le guerre di religione dove la popolazione locale, a cui furono cedute nel 1633, si nascondeva. Più avanti si apre una sala adibita a magazzino e stalla per galline, capre e pecore che potevano fornire cibo in caso di necessità. Dal 1924 sono incluse tra i “Siti e Monumenti Naturali” per unire i due aspetti storici e geologici. Alla base delle grotte si estende un parco ben curato dove, in questo caldo pomeriggio estivo, molte persone del luogo e turisti, trovano ristoro.
Alla fine della visita attraverso il paese e mi ritrovo con Marie-Hélène, appena scesa dalla collina verso Aups dove risiede per i mesi estivi con la tribù familiare e dove lavora spesso all’aperto alle sue installazioni arboricole. Le sue opere sono sempre una sorpresa sia per la tecnica che denota una voglia di esplorare, ricercare, inventare materie e forme nuove, sia per i messaggi che veicola: la gioia di vivere, l’incitazione ad impegnarsi per l’ambiente, la forza dell’unione. Questa volta si tratta di fotografie trattate in modo davvero particolare e insolito tanto da spingerci a cercare figure e forme che, in realtà, non hanno niente a che vedere con gli oggetti di cui si è servita mentre scattava le foto. Ci descrive poi gli altri lavori di stampe e collage, la realizzazione ed il significato. La boutique che ospita l’esposizione è adiacente all’atelier di Guillaume Goisque (Bijoux Gum), artista ceramista che realizza bigiotteria e oggettistica in ceramica originale e completamente fatta a mano: un’offerta varia e originale che mi incanta!
A fianco c’è una piazzetta con un caffé dove sorseggiare, sotto una pergola, una buona citronnade ghiacciata e chiacchierare di progetti artistici e di vacanza prima di ripartire per una sosta a Nîmes, Colonia Nemausus per i legionari Romani di ritorno dalla capagna egiziana che la fondarono. Lo stemma (e la fontana nel centro storico) ha infatti un coccodrillo intorno ad una palma come simbolo. È sempre un piacere passare la serata in questa cittadina che è già nel dipartimento del Gard, nella regione dell’Occitania ma dall’ambiente e dal clima tipicamente mediterraneo. Di fronte alla porta di Augusto, la Maison Carrée (antico tempio), il Tempio di Diana, le mura e, soprattutto, all’anfiteatro detto l’Arène de Nîmes (dove si tengono tuttora spettacoli), mi sento a casa. Da un Colosseo ad un altro sulle rotte della Storia, mi sembra di aver percorso un viaggio nel tempo e nello spazio tra luoghi e ambienti familiari…
P.
Depuis plus de vingt ans, chaque année, après des vacances ou une visite à la famille et aux amis, je traverse la moitié de la péninsule, je franchis les Alpes pour me diriger vers la France, en changeant légèrement d’itinéraire. Chaque fois, en effet, je choisie au moins un arrêt différent pour découvrir l’un des nombreux endroits merveilleux que je traverse et que j’aimerais visiter ou pour rencontrer des amis et des parents. Cet été, après avoir quitté une Rome brûlante pour la canicule, je me suis baignée dans les eaux cristallines de l’île de Palmaria ; mais cette année, la nouvelle diversion a été la découverte, de l’autre côté de la frontière, du département du Var, dans la région Provence-Alpes Maritimes-Côte d’Azur.
Dans cette région, l’arrière-pays, de Saint-Raphaël à Toulon, s’étend entre collines, vignobles, oliveraies, pinèdes à perte de vue, quelques montagnes et villages aux traditions provençales. Je me dirige vers Draguignan, ancienne chef-lieu (en1797, après Grasse), nommée par Napoléon lorsqu’il retira le titre à Toulon pour punir les citoyens coupables d’avoir livré la ville aux Anglais, en 1793. Je continue jusqu’à Villecroze où j’ai rendez-vous avec Marie-Hélène Allemandou qui expose ses œuvres à la rue de l’Horloge, chez GUM. J’arrive tôt et décide de visiter l’attraction locale: les Grottes de Villecroze. Il y a des visites toutes les heures pour le prix de quatre euros ; les réservations doivent être faites strictement en ligne mais on peux le faire même dix minutes avant l’heure comme moi!
Le guide, qu’on doit appeler Jean-Pierre dans les réseaux sociaux, nous accueille dans la Grande salle, la première pièce de ces grottes calcaires devenues refuge et habitat troglodytique, pour nous raconter le contexte historique et nous donner quelques informations géologiques et zoologiques. En effet, les grottes abritent une colonie de chauves-souris qui nichent et hibernent dans une partie cachée et inaccessible. Nous pouvons ensuite visiter librement les autres grottes par des passages étroits et glissants (il est interdit d’entrer en tongs) jusqu’à l’impressionnante salle des colonnes où trois colonnes dominent et où le plafond est rempli de stalactites. Plus loin, on entend l’écoulement de l’eau qui a formé les grottes à la fin de l’ère glaciaire, il y a 700 000 ans, en raison du processus de calcification de la végétation lors de la fonte des glaciers. Une imposante chute d’eau (aujourd’hui plutôt modeste) dominait la falaise, formant, par un processus très lent, les roches de tuf à l’intérieur desquelles se trouve encore un réservoir d’eau potable utilisé plus tard, tout au long de l’histoire des grottes, par les habitants en cas de siège et de séjour prolongé à l’intérieur. L’eau stagnante (le lac) reste claire grâce à la daphnie, un micro-organisme qui y vit en se nourrissant de bactéries. Comme en témoignent les meurtrières des archers et le tour de guet, les grottes ont été utilisées à des fins défensives dès le Xe siècle pour se protéger de l’invasion des Maures par les moines bénédictins de l’abbaye de Saint-Victor de Marseille, qui possédaient une grande partie du territoire de Villecroze depuis des siècles. Lorsque les moines cèdent les grottes au seigneur Nicolas d’Albertas en 1566, elles sont fortifiées et deviennent le lieu de refuge pendant les guerres de religion pour la population locale à qui elles sont cédées en 1633.
Plus loin se trouve une pièce qui servait d’entrepôt et d’étable pour les poules, les chèvres et les moutons qui pouvaient fournir de la nourriture en cas de besoin. Depuis 1924, elles font partie des “Sites et monuments naturels” pour l’intégration des deux aspects de l’histoire et de la géologie. Au pied des grottes se trouve un parc bien entretenu où, en ce chaud après-midi d’été, de nombreux habitants et touristes viennent se rafraîchir.
A la fin de la visite, je traverse le village et retrouve l’artiste plasticienne Marie-Hélène, qui vient de descendre la colline d’Aups où elle vit l’été avec sa tribu familiale et où elle travaille souvent en plein air sur ses installations arboricoles. Ses œuvres surprennent toujours, tant par la technique qui dénote un désir d’explorer, de rechercher, d’inventer de nouveaux matériaux et de nouvelles formes, que par les messages qu’elles véhiculent : la joie de vivre, l’incitation à s’engager pour l’environnement, la force de l’unité. Cette fois-ci, il s’agit de photographies traitées de manière très particulière et inhabituelle, au point de nous inciter à rechercher des figures et des formes qui, en réalité, n’ont rien à voir avec les objets qu’elle a utilisé lors de la prise de vue. Elle décrit ensuite ses autres travaux d’impression et de collage, leur création et leur signification. La boutique qui accueille l’exposition est attenante à l’atelier de Guillaume Goisque (Bijoux Gum), artiste céramiste qui réalise des bijoux et objets en céramique originaux et entièrement faits à la main : une offre variée et originale qui m’enchante !
A côté, une petite place provençale avec un café où, sous une pergola, nous sirotons une bonne citronnade glacée et discutons d’art et de projets de vacances avant de repartir pour une halte à Nîmes, Colonia Nemausus pour les légionnaires romains qui l’ont fondée en revenant de la campagne égyptienne . D’ailleurs, les armoiries (et la fontaine du centre historique) ont pour symbole un crocodile autour d’un palmier. C’est toujours un plaisir de passer la soirée dans cette ville qui se trouve déjà dans le département du Gard, en région Occitanie, mais dont l’environnement et le climat sont typiquement méditerranéens. Devant la Porte d’Auguste, la Maison Carrée, le Temple de Diane, les remparts et surtout l’amphithéâtre dit les Arènes de Nîmes (où se déroulent encore des spectacles), je me sens chez moi. D’un Colisée à l’autre sur les routes de l’Histoire, j’ai l’impression de voyager dans le temps et dans l’espace entre des lieux et des environnements familiers..
P.
Dans cette zone, l’arrière-pays, de Saint-Raphaël à Toulon, s’étend entre collines, vignobles, oliveraies, pinèdes à perte de vue, quelques montagnes et villages aux traditions provençales. Je me dirige vers Draguignan, ancienne capitale (1797 après Grasse), nommée par Napoléon lorsqu’il retira le titre à Toulon pour punir les citoyens coupables d’avoir livré la ville aux Anglais en 1793. Je continue jusqu’à Villecroze où j’ai rendez-vous avec Marie-Hélène Allemandou qui expose ses œuvres rue de l’horlogerie, chez GUM. J’arrive tôt et décide de surmonter ma soif et la chaleur pour visiter l’attraction locale que sont les Grottes de Villecroze. Il y a des visites toutes les heures au prix de quatre euros ; les réservations doivent être faites
P.