Gina, tra case e casi
Negli anni in cui insegnavo in ospedale, ho deciso di approfondire gli studi per il mio lavoro che mi portava a contatto con genitori straziati dai sensi di colpa: lavoravo come insegnante nel centro grandi ustionati dell’ospedale sant’Eugenio di Roma e spesso dovevo consolare e sostenere i parenti che, a torto o a ragione, temevano che le loro disattenzioni avessero portato i figli a incidenti domestici, semplicemente, dovevo ascoltare il loro disagio. Il counseling mi ha insegnato ad ascoltare in modo empatico, a non emettere giudizi, a non dare consigli non richiesti. L’approccio al counseling mi è stato d’aiuto nelle mie relazioni personali e professionali, non è sfociato in un lavoro vero e proprio come per altri che hanno condiviso con me studio e gruppi di lavoro. Un volta ottenuto il diploma, ognuno ha scelto strade differenti. Durante le lezioni ho stretto alcune amicizie con i miei colleghi di corso e l’amicizia sbocciata in aula si è consolidata nel tempo con Gina, un’amica di corso con cui solevo trascorrere le pause tra le lezioni del mattino e gli stage pomeridiani.
Gina Farina ha lavorato in vari ambiti. Una volta diplomatasi, si è iscritta alla facoltà di lettere nel dipartimento di Italianistica, ma ha interrotto i suoi studi quando, dopo il matrimonio, è nata la prima dei suoi due figli. Dopo qualche tempo si è separata e ha vissuto dando ripetizioni di italiano, in seguito ha lavorato per diversi anni in una scuola di musica. Una volta rientrata nel nucleo familiare, ha cominciato a lavorare nello studio del marito. Nel frattempo si è iscritta alla scuola di grafologia con una delle maggiori esperte del settore.
Gina:
La grafologia non è una scienza esatta ma mi ha aiutato a decodificare molti degli atteggiamenti e il carattere di chi mi circondava attraverso la scrittura. In un congresso internazionale a Parigi, mentre mi occupavo di scrittura, la figlia di amici di mia madre mi ha contattato per chiedermi aiuto. Lavorava in una grande agenzia immobiliare da cui era stata appena allontanata in quanto si era ammalta. Io, che avevo qualche soldo da parte, considerando che lei aveva il patentino da immobliliarista le ho proposto di aiutarla. Così abbiamo aperto un’agenzia, lavoravamo duro, Ilaria viaggiava per le sue terapie tra Milano e Roma ma dopo due anni, nonostante le cure, muore e io rimango da sola in questa agenzia. Dapprima mi circondo di persone ma, visto che mi rubano tempo e soldi, prendo un patentino e continuo a lavorare nel settore. Pur non essendo le case il mio ambito d’interesse, anche quando chiudo l’agenzia continuo a lavorare nel settore immobiliare.
Gina era molto abile a proporre e vendere case e presto ha notato che, durante le vendite le persone le raccontavano la loro vita e si è scoperta abile nell’ascolto. Ha ripreso perciò i suoi studi indirizzandoli nella comunicazione umana che è sfociata in un lavoro che si è articolato in un modo singolare.
Gina:
Una volta terminata la mia formazione in counseling professionale e il tirocinio indispensabile per poter affrontare vari casi, ho cercato di applicare ciò che mi era stato insegnato dalla mia scuola di formazione. Per prima con ho curato il linguaggio del corpo prestando attenzione a tutte le informazioni. il know how della scuola, prevedeva la cura del setting: in genere si utilizzava una posizione frontale, ma ho realizzato presto che non tutte le persone amavano questa impostazione sedia fronte sedia. Ho visto molte persone, specialmente i ragazzi, soffrire per la posizione statica, facevano un po’ come a scuola, si alzavano con qualunque scusa. Durante il covid c’è stata la svolta per evitare il pericolo di contagio dei posti chiusi. In una dimensione casual, calzando comode scarpette, indossati vestiti comodi, ho invitato i miei clienti a camminare. Quasi tutti hanno apprezzato questa iniziativa: preferivano muoversi invece che stare immobili in una stanza.
Qualcosa accadeva sempre: io accompagnavo persone con malesseri dovuti a separazioni, conflitti. Dopo le camminate dicevano che si sentivano meglio, o per la chiacchierata o per la camminata, io suppongo per entrambe le combinazioni. Si sa che la camminata incentiva la produzione di ormoni quali la serotonina, io ho incentivato questo processo agevolando l’apertura al racconto di sé.
Gina mi aveva raccontato che aveva intrapreso una nuova formazione in Criminologia e mi ha incuriosito molto questa scelta.
Gina:
La quarantena mi ha permesso di riprendere ancora una volta i miei studi e mi sono appassionata al lato oscuro della mente umana. Approfittando del maggior tempo libero in casa dovuto alle restrizioni, ho conseguito la laurea in criminologia. Ho intrapreso un viaggio interessante. Fin da bambina io lèggevo, invece di Paperino, Diabolik. Il mio interesse già da piccola era per la zona di ombra, la zona oscura dell’essere umano.
Da sempre io vado a cercare ciò che c’è dietro l’angolo, non mi fermo mai all’apparenza, niente è come sembra, cerco sempre le zone meno evidenti. La punta dell’iceberg è quello che si vede in superficie, ma io voglio andare in profondità.
I miei studi mi hanno chiarito cosa che c’è dietro l’animo umano. Anche quando ne vedo uno puro cerco sempre i puntini neri. Occuparmi di criminologia mi fa sondare quella zona oscura che a un certo punto fa esplodere qualcosa.
Noi siamo abituati a barricarci contro gli ignoti, invece molto spesso sono le persone vicine sono le più pericolose, statisticamente i delitti più efferati avvengono ad opera di figli, mariti, amanti.
Lo studio mi ha fornito delle chiavi di accesso a una comprensione più profonda dell’essere. La criminologia in Italia è un mondo particolare, sono un po’ delusa da come vengono affrontati i fatti di cronaca. Ci sono casi cui mi sono appassionata: Simonetta Cesaroni, Liliana Resinovic, Emanuele Orlandi, la cronaca è piena di casi irrisolti, il tribunale mediatico distorce le informazioni. In America nessuno si può avvicinare alla zona del crimine, in Italia ciò non avviene, si sa che entro le prime 48 ore si altera la scena del crimine e spesso è quello che succede.
Nelle trasmissioni vengono travisate le realtà, si perde la tracciabilità delle informazioni che possono portare alla soluzione del caso. Io cerco di conoscere, capire. Nel mio lavoro applico la conoscenza della criminologia all’interno del counseling. Il counselor interviene su persone che sono in difficoltà personali. La normativa stabilisce tot incontri per portare al benessere. Magari nel percorso scopro che il ragazzo fa uso di sostanze o ha legami che lo angosciano con persone pericolose, è come nelle scatole cinesi che portano via via a vedere da dove arriva il malessere e in ciò occorre andare oltre ciò che si percepisce a prima vista.
Gina nel suo tempo libero segue attentamente casi di cronaca studiando vari casi, tra i quali alcuni dove, in pagine social si ipotizzavano varie tracce che tendevano a smistare l’attenzione portando a tesi differenti.
Mentre parla si entusiasma, parla di prove indiziarie, ipotesi, supposizioni, certezze. Non teme di addentrarsi nel buio, lo affronta, ci si immerge, cerca un tassello, una prova per risalire in superficie..
Le chiedo se le manca il suo lavoro di venditrice di case, ci scherzo su, con un semplice gioco di parole le dico che è cambiato solo in una vocale: da case a casi.
R.
“I miei studi mi hanno chiarito cosa che c’è dietro l’animo umano” . Beau parcours dans l’humain et son humanité.
Non guardo il dito invece della luna, ma il gioco di parole finale è la ciliegina sulla torta di una storia ricca di cambiamenti, anzi di cambia-menti
Stefano Piergentili