Parigi è sempre un crocevia di esperienze, idee, sensazioni ed emozioni, dal semplice passeggiare senza meta (c’è appunto un termine che indica chi si affida all’estro del momento per fermarsi, osservare e pensare, a volte leggere un libro. Molto si è scritto sul “Flaneur” termine impropriamente tradotto in italiano con “fare flanella” che invece era indicato per chi indugiava nelle sale di tolleranza.
Ma Parigi è anche esuberanza visiva. Esplosione di mostre e contaminazioni di generi.
Al PALAIS DE TOKYO, al numero 13, avenue du Président Wilson, ho visitato, non appena arrivata in città, un originale progetto espositivo.
Cyprien Gaillard è sicuramente uno degli artisti francesi più interessanti della sua generazione (è nato nel 1980), definito il Bambino prodigio dell’arte contemporanea. Le sue folgoranti performance hanno stupito il mondo dell’arte una quindicina di anni fa (il suo video del 2007 Desniansky Raion è entrato a far parte delle collezioni del MoMA di New York) Oggi è protagonista di Humpty Dumpty, mostra il cui titolo fa riferimento al personaggio di una filastrocca inglese. Humpty Dumpty è un uovo antropomorfo che cade da un muro: dopo essersi incrinato cerca di ritornare al suo stato originario, senza riuscirci, perseverando in una incessante volontà di ricostruzione .
All’ingresso, l’installazione Love Locks ,è composta da dieci grandi sacchi di plastica pieni di lucchetti dell’amore lasciati dai turisti sui ponti di Parigi e poi staccati ( La moda dei lucchetti dicono sia nata in Italia. Più di cinquanta anni fa, gli allievi ufficiali della Scuola di Sanità in Costa San Giorgio, erano soliti incatenare il loro lucchetto dell’armadietto nei pressi del Ponte Vecchio a Firenze al termine del periodo del servizio militare)
Gaillard affronta la complessità odierna attraverso una narrazione articolata su piani e momenti diversi ma complementari.
L’ itinerario espositivo comprende anche opere di altri artisti che esplorano tutte le questione dell’ordine e del disordine e il modo in cui sono particolarmente visibili nel territorio della città. Uno sguardo negli spazi nascosti, marginali, anarchici delle metropoli, che raccontano del mondo in cui viviamo.
Nel video The Lake Arches, ammiriamo due giovani amici tuffarsi in una vasca davanti a un edificio di edilizia popolare, da cui riemergono col volto insanguinato a causa del livello troppo basso dell’acqua, accanto, nella stessa sala il dipinto Oreste e Pilade, di Giorgio De Chirico.
Nella sala successiva troneggiano i due doccioni in pietra scolpiti nell’Ottocento per la cattedrale di Reims le Gargouilles crachant du plomb, dalle cui bocche mostruose partono colate di piombo: un’evocazione tragica in ricordo di un incendio scoppiato il 19 settembre 1914 durante i bombardamenti.
Alle pareti sfilano opere di matrice diversa, lastre di marmo che contengono conchiglie fossili, Polaroid scattate in città. In un angolo due grandi macchie scure: l’opera di Daniel Turner Eiffel Cable Burnish, realizzata con i tubi metallici polverizzati dei ponteggi per il restauro della Torre Eiffel.
Ho ammirato due video installazioni di grande impatto: Ocean II Ocean, presentata nel 2019 alla Biennale di Venezia, dove si susseguono immagini di alcune stazioni della metropolitana di New York: conchiglie fossili, pesci e altre creature marine che esplorano vagoni rottamati, un esperimento per inglobare natura e scarti urbani.
In Formation assistiamo al volo di uno stormo di pappagalli per le strade di Düsseldorf, a sottolineare l’impatto delle nuove specie sull’ecosistema.
Esco dall’esposizione con una sensazione mista di nostalgia, dolore e minaccia, novella Humpty Dumpty che solo con l’immaginazione può ricostruirsi.
R.