Una mostra sull’arte urbana/ Capitale(s): une expo sur l’art urbain

(en français après les photos) Fino all’11 febbraio, il Municipio di Parigi apre le porte gratuitamente, dal lunedì al sabato (orario: 10-18,30) ad un’interessante mostra su sessant’anni di arte urbana: graffiti, murales, tag e scritte su muri, camion, metropolitane, angoli di strade e decori urbani, ripercorrendone l’evoluzione. “L’arte si è appropriata da qualche decennio del più grande museo del mondo: la strada” recita la locandina della mostra. Parigi va fiera attualmente del fermento artistico presente nella città intorno a questa arte che, da attività illegale e deturpativa, ha saputo evolversi in una delle forme artistiche più importanti del XXI secolo. Lo sguardo della società e la posizione di molti artisti in questo campo è cambiata portando ad una vera e propria rivoluzione visuale. Una nuova generazione di artisti, che hanno invaso lo spazio pubblico incarnando la libertà di espressione, hanno posto l’interrogativo di una forma artistica che alcuni rifiutano di definire veramente arte, diniego che richiama quello posto ai primi impressionisti o cubisti. Il collegamento con queste correnti artistiche non è solo accennato per l’effetto e l’evoluzione della ricezione nel pubblico e tra i critici d’arte, ma anche per sottolineare quanto Parigi sia stata da sempre terra di accoglienza per le sperimentazioni, luogo ispiratore per il suo patrimonio artistico e crocevia di incontri tra artisti di vari Paesi. Così l’arte urbana si è nutrita di flussi e influenze d’oltreoceano ma anche europee e locali, in un continuo scambio fruttuoso.

È un’arte che viene praticata ancora in forma minoritaria dalle donne ma la mostra rende omaggio anche alle artiste illustrando il loro lavoro attraverso opere, riproduzioni, fotografie e cartelli informativi. Scopro così che tra i precursori c’è Miss.Tic. Negli anni ’60-’70 i muri di Parigi diventano, secondo Edmond Marie Rouffet, “la plus grande galérie d’Europe” con i roditori di Blek le Rat, i pipistrelli di Surface Active, gli animali di Savane de Mos, i robot di Captain Fluo, i super eroi di Speedy Graphito e i giochi di parole di Miss.Tic. Nascono i primi collettivi di artisti quali VLP (Vive La Peinture) legati alla cultura punk e i Frères Ripoulin. In questo settore della mostra sono esposte e riprodotte alcune loro opere insieme ai precursori quali Villeglé, Raymond hains, Ernest Pignon-Ernest, Zlotykamien e in seguito, il precursore dello stencil, Epsylon Point. Lo stencil diventa un alternativa ai graffiti (il writing nato negli Stati Uniti) molto diffusa sulla scena parigina: disegnato e tagliato prima di essere apposto e ripetuto sui muri.

Miss.Tic fa parte di quel movimento degli anni Ottanta che segna un punto di svolta nell’arte urbana; è la prima artista donna identificata e riconosciuta in Francia in questo campo. Nello spirito di quegli anni, sceglie lo pseudonimo riferito a ‘Amelia, la fattuchiera che ammalia’, la strega del Vesuvio presente in diverse avventure nel giornalino di Mickey Mouse/Paperon de’ Paperoni. Nata nel 1956 da padre operario immigrato tunisino e madre normanna, resta orfana giovane in seguito alla morte della madre, del fratello e della nonna per un incidente stradale e quella del padre per una crisi cardiaca. Si forma nell’arte applicata, parte negli Stati Uniti dove partecipa al movimento underground e, quando torna a Parigi, inizia a esprimere sui muri la sua arte firmando appunto le opere Miss.Tic. È un’artista il cui percorso corrisponde a quello di molti altri in quegli anni: un periodo di pratica illegale che la porta alla condanna per “deterioramento di beni altrui” fino all’accettazione della società attraverso negoziazioni con commercianti dei quartieri parigini interessati e con il municipio per ottenere muri da adibire a quell’arte urbana che nel frattempo è riconosciuta come un’espressione atta ad abbellire la città, la beautification. Negli anni successivi infatti, anche all’interno dell’universo della street art, le posizioni sono diverse: c’è chi lavora perché venga riconosciuta come arte (Futura, A-One, Rammellzee tra gli altri) e accetta di esporre anche nelle gallerie e chi resta su posizioni marginali, a volte al limite del vandalismo. Miss.Tic, che nel frattempo aveva esposto in diverse occasioni e modalità come nel caso dei francobolli emessi dalla posta francese nel 2011 con la riproduzione dei suoi stencil in occasione della giornata dei diritti delle donne, è scomparsa a maggio scorso, all’età di 66 anni, ed èsepolta al cimitero di Père Lachaise.

L’anno 1982 segna simbolicamente l’inizio dell’affermazione della street art in Francia con Banto e con il New York Rap Tour che da Los Angeles arriva a PArigi passando per Londra, Strasburgo, Lione e che riunisce la cultura dell’hip hop insieme a ‘graffitari’ e Djs, ballerini della breakdance e rapper. Questa ondata americana ispira gruppi di artisti locali: PCP (Paris City Painters) di Spirit, Blitz e Asphalt e la BBC (Bad Boys Crew) con Ash, JayOne e Skki: muri e luoghi di elezione: Stalingrad, i lungosenna fino a Pont Neuf passando per Concorde ma anche qualche angolo del 15° arrondissement che mi sta particolarmente a cuore perché è il mio quartiere…Nel 1986 il loro lavoro di questi artisti è immortalato dal fotografo americano Henry Chalfant nel libro cult Spray Can Art. Anche il mitico libro Subway Art con il lavoro dei newyorchesi influenza gli artisti francesi che iniziano a coprire nottetempo ogni supporto mobile: camion, metropolitane, treni per far viaggiare le loro firme. Ed è un’arte che viaggia nel senso che da diverse città europee il movimento si espande, gli artisti si incrociano e si ispirano e si diramano in diversi stili: chi privilegia i calligraffiti o solo le firme, chi forme più astratte e decorative, chi messaggi simbolici o figurativi. Uno dei valori fondanti di questo movimento artistico infatti è la ricerca del proprio stile. Assistiamo oggi a nuove forme, più lontane dalla street art, ma vicine nella ricerca di inventare nuovi modi di intervenire nello spazio pubblico. Dagli anni Novanta, dopo la repressione che colpisce il movimento, un rinnovamento nel genere è operato in Francia da André, Invader e Zevs: il French touch. Agli inizi del Duemila, Parigi diventa una vetrina mondiale con talenti provenienti dal mondo intero che vengono a creare con nuove pratiche e tecniche: il californiano Shepard Fairey (Obey), il britannico Bansky, il portoghese Vhils, il francese JR e la newyorchese Swoon, un’altra artista impegnata. Insieme ad altre colleghe sottolinea la minoranza di donne che operano in questo campo tradizionalmente considerato pericoloso, a volte più per le condizioni in cui spesso si lavora: di notte, a volte arrampicati sui muri, in luoghi isolati e mal frequentati che per il rischio di venire arrestati. Più avanti uno schermo mostra un video di YZ (“eyes” ovvero Yseult Digan, altra artista engagée) mentre ricostruisce facciate tipiche di palazzi su centraline elettriche applicando i suoi lavori; sono presenti anche alcuni volti femminili, alcuni anonimi, in bianco e nero (progetto Open your eyes), altri caratterizzati e dettagliati posti su muri, ingressi di tunnel (I will always see you) o a terra (Stone).

Nelle successive sale della mostra l’accento è ancora messo sull’evoluzione attuale della street art con alcune riproduzione di opere che a volte, dietro un angolo o sul lato di un palazzo di Parigi, Londra, New York ed altre capitali, sorprendono piacevolmente i passanti con i loro colori, disegni o pattern decorativi. Un’arte da scoprire in strada, viaggiando o, in questo caso, nella sala Saint-Jean dell’Hotel de Ville a Parigi.

P.

Jusqu’au 11 février, l’Hôtel de Ville de Paris ouvre gratuitement ses portes, du lundi au samedi (horaires d’ouverture : de 10 h à 18 h 30), à Capitale(s), 60 ans d’art urbaine une intéressante exposition sur la street art: graffitis, peintures murales, tags et writings sur les murs, les camions, les métros, les coins de rue et les décorations urbaines, retraçant leur évolution. “Depuis quelques décennies, l’art a investi le plus grand musée du monde: la rue“, peut-on lire sur l’affiche de l’exposition. Paris est fière du bouillonnement artistique de la ville autour de cet art qui, d’une activité illégale est devenue l’une des formes d’art les plus importantes du XXIe siècle. Le regard de la société et la position de nombreux artistes dans ce domaine ont changé, entraînant une véritable révolution visuelle. Une nouvelle génération d’artistes, qui ont envahi l’espace public en incarnant la liberté d’expression, a soulevé la question d’une forme d’art que certains refusent de définir comme étant véritablement de l’art, un déni qui rappelle celui posé aux premiers impressionnistes ou cubistes. Le lien avec ces courants artistiques n’est pas seulement évoqué en raison de l’effet et de l’évolution de la réception dans le public et parmi les critiques d’art, mais aussi pour souligner combien Paris a toujours été une terre d’accueil pour l’expérimentation, un lieu d’inspiration pour son patrimoine artistique et un carrefour de rencontres entre artistes de différents pays. Ainsi, l’art urbain s’est nourri de flux et d’influences d’outre-mer mais aussi européennes et locales, dans un échange fructueux continu.

C’est un art qui est encore pratiqué de manière majoritaire par les hommes, mais l’exposition rend également hommage aux artistes femmes en illustrant leur travail par des œuvres, des reproductions, des photographies et des panneaux d’information. Je découvre ainsi que parmi les précurseurs figure Miss.Tic. Dans les années 1960 et 1970, les murs de Paris deviennent, selon Edmond Marie Rouffet, “la plus grande galérie d’Europe” avec les rongeurs de Blek le Rat, les chauves-souris de Surface Active, les animaux de Savane de Mos, les robots de Captain Fluo, les super-héros de Speedy Graphito et les jeux de mots de Miss.Tic. Les premiers collectifs d’artistes tels que VLP (Vive La Peinture) liés à la culture punk et les Frères Ripoulin voient le jour. Dans cette section de l’exposition, certaines de leurs œuvres sont exposées et reproduites avec des précurseurs tels que Villeglé, Raymond Hains, Ernest Pignon-Ernest, Zlotykamien et plus tard, le précurseur du pochoir, Epsylon Point. Le pochoir est devenu une alternative populaire au graffiti américain sur la scène parisienne: il est dessiné et découpé avant d’être apposé et répété sur les murs.

Miss.Tic fait partie de ce mouvement des années 1980 qui a marqué un tournant dans l’art urbain; elle est la première femme artiste identifiée et reconnue en France dans ce domaine. Dans l’esprit de ces années-là, elle emprunte son pseudonyme au personnage de la sorcière railleuse du Vesuve Miss Tick du Journal de Mickey. Née en 1956 d’un père ouvrier immigré tunisien et d’une mère normande, elle est orpheline très jeune suite au décès de sa mère, de son frère et de sa grand-mère dans un accident de voiture et à celui de son père d’une crise cardiaque. Elle se forme aux arts appliqués, part aux États-Unis où elle participe au mouvement underground et, à son retour à Paris, commence à exprimer son art sur les murs, signant ses œuvres Miss.Tic. C’est une artiste dont le parcours correspond à celui de beaucoup d’autres dans ces années-là: une période de pratique illégale qui conduit à sa condamnation pour “détérioration du bien d’autrui” jusqu’à son acceptation par la société grâce à des négociations avec les commerçants des quartiers parisiens concernés et avec la mairie pour obtenir des murs à utiliser pour cet art urbain qui, entre-temps, est reconnu comme une expression capable d’embellir la ville, de beautification. Dans les années qui ont suivi, en fait, même au sein de l’univers du street art, les positions étaient différentes : il y avait ceux qui travaillaient pour qu’il soit reconnu comme de l’art (Futura, A-One, Rammellzee entre autres) et ils ont accepté d’exposer même dans les galeries, et ceux qui restaient sur des positions marginales, parfois à la limite du vandalisme. Miss.Tic, qui entre-temps avait exposé à diverses occasions et de diverses formes comme les timbres émis par la poste française en 2011 avec la reproduction de ses pochoirs à l’occasion de la journée des droits des femmes, est décédée en mai dernier à l’âge de 66 ans et a été enterrée au cimetière du Père Lachaise.

L’année 1982 marque symboliquement le début de l’affirmation des arts de la rue en France avec Banto et le New York Rap Tour qui, de Los Angeles, arrive à Paris via Londres, Strasbourg, Lyon et rassemble la culture hip hop avec des ” graffeurs ” et des DJ, des breakdancers et des rappeurs. Cette vague américaine a inspiré des groupes d’artistes locaux : PCP (Paris City Painters) de Spirit, Blitz et Asphalt et le BBC (Bad Boys Crew) avec Ash, JayOne et Skki : des murs et des lieux de prédilection : Stalingrad, les quais de Seine jusqu’au Pont Neuf en passant par la Concorde mais aussi dans quelques coins du 15ème arrondissement. En 1986, le travail de ces artistes a été immortalisé par le photographe américain Henry Chalfant dans le livre culte Spray Can Art. Le livre mythique Subway Art avec le travail des New-Yorkais a également influencé les artistes français qui ont commencé à recouvrir de nuit tous les supports mobiles : camions, métros, trains pour faire voyager leurs signatures. Et c’est un art qui voyage dans le sens où, à partir de différentes villes européennes, le mouvement s’étend, les artistes se croisent et se lancent dans des styles différents: certains privilégient la calligraphie ou la simple signature, d’autres des formes plus abstraites et décoratives, d’autres encore des messages symboliques ou figuratifs. L’une des valeurs fondatrices de ce mouvement artistique est en effet la recherche de son propre style. On assiste aujourd’hui à de nouvelles formes, plus éloignées du street art, mais proches dans leur recherche d’inventer de nouveaux modes d’intervention dans l’espace public. A partir des années 1990, après la répression qui a touché le mouvement, un renouveau du genre a été apporté en France par André, Invader et Zevs: la French touch. Début 2000, Paris devient une vitrine mondiale avec des talents du monde entier venus créer avec de nouvelles pratiques et techniques : le Californien Shepard Fairey (Obey), le Britannique Bansky, le Portugais Vhils, le Français JR et le New-Yorkaise Swoon, autre artiste femme engagée. Avec d’autres collègues, elle souligne la minorité de femmes travaillant dans ce domaine traditionnellement considéré comme dangereux, parfois plus en raison des conditions dans lesquelles on travaille souvent: la nuit, parfois en grimpant aux murs, dans des lieux isolés et mal fréquentés, qu’en raison du risque d’être arrêtées. Plus loin, un écran montre une vidéo de YZ (“eyes” ou Yseult Digan, une autre artiste engagée) alors qu’elle reconstruit des façades de immeubles typiques sur des espaces urbaines; il y a aussi des visages féminins, certains anonymes, en noir et blanc (Open your eyes project), d’autres bien caractérisés et détaillés, placés sur des murs, des entrées de tunnel (I will always see you) ou sur le sol (Stone).

Dans les salles suivantes de l’exposition, l’accent est toujours mis sur l’évolution contemporaine du street art avec quelques reproductions d’œuvres qui parfois, au détour d’un coin de rue ou sur le côté d’un immeuble à Paris, Londres, New York et d’autres capitales, surprennent agréablement les passants par leurs couleurs, leurs dessins ou leurs motifs décoratifs. Un art à découvrir dans la rue, en voyage ou, dans ce cas, dans la salle Saint-Jean de l’Hôtel de Ville à Paris !

P.

Author: Patrizia D'Antonio

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