Valeria, Teglio V., Bath, Parigi, Nairobi, Ginevra, Kigali, Londra, Manchester



Valeria ha ereditato l’amore per il viaggio dalla mamma Teonilla e comunque, grazie ad entrambi i genitori, ha avuto opportunità di viaggiare fin da piccola ed entrare in contatto con altre culture anche restando in casa. La famiglia infatti ha ospitato per più di un anno un ragazzo inglese e, successivamente, per un altro anno, una ragazza tailandese; Valeria ha sviluppato precocemente la capacità di interagire con altre lingue e culture:
Al momento mi piace pensare di potermi spostare ogni due, tre anni o più, di non avere un posto fisso dove vivere ma di avere la possibilità di trasferirmi magari anche avendo una base da qualche parte ma comunque vivendo dei periodi in altre città, altri Paesi– risponde sorridendo Valeria alla mia domanda su quali siano i suoi progetti futuri.
Dalla capitale inglese, dove vive dal 2018, mi racconta le sue varie vite a Ginevra, Nairobi, Kigali, Londra. Sta pianificando un nuovo trasferimento a Manchester a breve, per un nuovo progetto di vita. Dopo una carriera di esperta in programmi umanitari legati ai disastri ambientali, si è licenziata dalla ONG dove lavorava per studiare Matematica e Fisica e, nello stesso tempo, offrire i suoi servizi come free lance alle Nazioni Unite:
Appena diplomata, quando dovevo scegliere la facoltà universitaria, ero indecisa tra Matematica, Lettere o Scienze Politiche. Penso di essermi orientata verso quest’ultima formazione non solo per opportunità avendo superato il test d’ingresso, ma perché pensavo di poter intraprendere una carriera che mi permettesse di viaggiare; ho però sempre coltivato l’amore per la matematica.
Valeria è nata a Pordenone e cresciuta a Teglio Veneto, un piccolo paese vicino a Portogruaro, da quando aveva cinque anni. Anche se lo studio ed il lavoro l’hanno portata lontano e vive da anni a Londra, per Valeria, Teglio è home:
Considero la casa familiare di Teglio come un punto di riferimento, la sento ‘casa’ nel senso inglese di home. E’ il posto dove sono cresciuta, dove la mia camera di ragazza è rimasta intatta, è l’indirizzo da dare per far spedire delle valigie di troppo o durante i traslochi. Dentro di me, sento che mi posso muovere perché ho una base, un appoggio tra un trasferimento e l’altro. Chissà, forse anche per questo mi sono spostata spesso, per questo sentimento di appartenenza che ho dentro di me e si concretizza anche adesso quando passerò un mese a Teglio aspettando di trovare una nuova casa a Manchester. Nella mia home ho i miei ricordi e lo stesso gruppo di amiche di sempre anche se le nostre sono vite molto diverse. Per molto tempo ho pensato che non avrei mai voluto cambiare la mia vita con la loro, rimaste a vivere in zona senza mai spostarsi ma ora sto ripensando alla facilità di frequentare le persone care regolarmente perché sono vicine. Quando ti sposti di continuo si fa fatica ad avere amicizie profonde; d’altra parte ho amici in tutto il mondo e grazie alle tecnologie ed alla mobilità posso mantenere i legami.
A proposito di legami, quello con la sua home era tanto forte che Valeria, dopo il diploma, rifiutò l’invito di Teonilla, in trasferimento a Parigi, di frequentare l’università nella Ville Lumière, scegliendo la facoltà di Scienze Politiche a Gorizia. Quando poi vide che molti amici si trasferivano all’estero per la specialistica, anche lei decise di partire per studiare Relazioni Internazionali in Inghilterra, a Bath:
Era la mia prima esperienza fuori casa, non parlavo ancora bene inglese ma il semestre passò in fretta; poi sono andata a Parigi ed è stato molto contenta anche perché avevo uno miniappartamento di 20 mq tutto mio nel Marais. A Parigi ho ritrovato poi amiche dell’università quindi avevo il mio ‘giro’. Poi da lì sono passata a Ginevra con il primo tirocinio alle Nazione Unite per tre anni. All’inizio era difficile perché la città è carissima e ci vuole uno stipendio alto per vivere bene; quando ho infatti cominciato a lavorare e percepire la retribuzione adeguata, la qualità della mia vita è migliorata decisamente. Dal punto di vista delle relazioni, Ginevra è un posto di passaggio per gli espatriati e quindi è un po’ difficile avere il tempo di stringere amicizie ma io avevo un gruppo di pochi amici stabili e siamo stati bene insieme condividendo uscite e serate dopo il lavoro.




Mentre era a Ginevra, Valeria decide di accettare un lavoro a Nairobi dove ha vissuto un anno. Racconta che questa fu la sua esperienza di vita in una grande città:
Anche se diversa da una metropoli europea, la capitale keniota offre molte opportunità. Ho potuto viaggiare e vedere il Paese ma sempre in compagnia di amici perché non è sicuro uscire e viaggiare da sola. Lavoravo per la stessa organizzazione con cui ero a Ginevra e per la quale realizzavo progetti umanitari legati alla gestione degli effetti dei disastri ambientali e climatici nelle popolazioni a rischio o vittime delle conseguenze di catastrofi e cambiamenti dell’ambiente e del clima.
Dopo un anno Valeria di è trasferita poi in Rwanda per lavorare sempre con la stessa organizzazione ma in un altro dipartimento: doveva realizzare progetti di formazione per donne che vivevano nelle zone rurali e che erano esposte a valanghe ed inondazioni. L’obiettivo era riuscire a fornire loro le informazioni su come gestire l’emergenza: che numero chiamare, dove si trovavano i rifugi, dove trovare soccorsi, ecc.:
A Kigali lavoravo soprattutto nel country office del Paese ma dovevo partire ogni tre mesi per rinnovare il visto. Il lavoro era interessante ed io avevo già esperienza; mi sono resa conto però che a volte era difficile per me, espatriata, gestire tutti gli aspetti organizzativi oltre che della formazione vera e propria per la quale era necessario una persona locale che parlasse la lingua per comunicare meglio. Inoltre era necessario conoscere le istituzioni e entrare in rapporto con le amministrazioni regionali. Siamo rimasti un po’ bloccati l’ultimo mese e mezzo dalla campagna elettorale per le elezioni presidenziali: in quel periodo era impossibile ottenere dati, organizzare eventi. D’altra parte ho vissuto bene a Kigali: la città è più piccola e sicura. Potevo uscire da sola, avevo l’automobile e potevo girare il Paese che è un piccolo stato: nel giro di tre ore si arriva alla frontiera. E’ più facile, conoscere persone, socializzare.

Ad un certo punto però a Valeria comincia a mancare l’Europa ovvero un posto dove poter andare al cinema, visitare musei, provare un senso di appartenenza culturale; spiega:
E’ una bella esperienza vivere in un paese molto diverso culturalmente, dopo un po’ però mi sono resa conto che, anche se riuscissi a parlare la lingua locale e perdessi l’accento, sarei comunque sempre una straniera. A Nairobi mi è accaduto un episodio che mi ha fatto riflettere sullo sguardo che gli altri potevano avere su di me in quanto straniera. Stavo aspettando sotto casa che mi venissero a prendere per condurmi al lavoro e, tra la gente che passava, ad un certo punto, un uomo mi ha guardata e ha esclamato: ‘muzungu’ (bianco). Ho avuto allora bisogno di non sentire lo sguardo degli altri che ti vedono diversa; qui a Londra nessuno ti guarda anche se uscissi con i capelli mezzi rosa e mezzi blu. D’altra parte, qualche giorno fa ho aiutato una vecchietta in strada a portare la sporta e, dopo appena qualche parola scambiata, mi ha chiesto di dove fossi accorgendosi del mio lieve ma tuttora presente accento.
Tornata in Inghilterra, Valeria si stabilisce a Londra con il suo compagno conosciuto a Kigali e inizia a lavorare per una ONG. Aveva desiderio di tornare in Europa, in qualsiasi altra città:
Poteva essere Berlino, Parigi, mi andava bene tutto dovunque avessi trovato lavoro. Con questa ONG ero già in contatto da Ginevra: operiamo per cambiare le politiche nazionali o internazionali per la riduzione dei rischi nei disastri ambientali. Questo lavoro mi permette di fare base a Londra ma viaggiare molto: un buon compromesso anche se sono spostamenti di lavoro molto corti. Devo essere disponibile come quando mi è capitato che mi dicessero dalla mattina alla sera che dovevo partire per la Colombia; poi sono stata in Mongolia, Ecuador, Bolivia, Cile, NYC, ecc.
Quando le chiedo cosa è cambiato dopo il Covid nel suo lavoro e nella gestione degli spostamenti per le missioni, dice che le sembra giusto la limitazione di viaggi corti se non indispensabili anche se a volte è importante dare un segnale ai colleghi a livello regionale e sottolineare l’importanza di questi interventi per i governi. Adesso però bisogna giustificare a molti governi i finanziamenti per spostarsi nelle missioni quindi si limitano al massimo anche se gli incontri con zoom non sono sempre ugualmente efficaci, spiega Valeria:
Sono più disincantata rispetto al mio lavoro; durante e dopo la pandemia si è parlato e si parla tanto di ciò che si potrebbe fare. I soldi non sono mai tanti ma a volte penso che con quei finanziamenti avremmo potuto fare meglio e di più. Se è importante pensare di investire sulle politiche internazionali perché ci siano risultati più a medio/lungo termine, molta gente ha bisogno urgentemente di interventi: quando ci si occupa di villaggi che da cinque anni non hanno acqua e progressivamente diventano sempre più poveri si vorrebbe aiutarli direttamente. Poi c’è il problema del controllo e della valutazione dei finanziamenti che non è sempre facile ed efficace. Si cercano sempre finanziamenti scrivendo progetti che inseguono un po’ le priorità governative e con tempi che non sempre corrispondono alla realtà.
Dopo aver lavorato con la ONG per la quale sono venuta a Londra dal 2018 al 2021, ho avuto poi l’esigenza di cambiare; anche la limitazione nei viaggi a causa del Covid mi ha stimolato in questo senso insieme ai progetti di Nick, il mio compagno. Anche lui lavorava nella stessa ONG, ma a quarant’anni ha deciso di cambiare carriera ricominciando una formazione universitaria diversa. Questo mi ha fatto pensare che anche io, a trent’anni, avrei potuto rimettermi in gioco. Per questo mi sono iscritta alla facoltà di Matematica e Fisica.
In realtà Valeria mi racconta che lei e Nick sognano di ripartire in Africa orientale, forse in Uganda, intanto però hanno deciso di lasciare Londra per una cittadina a dimensione umana: cerchiamo una vita più rilassata. In Africa dopo il lavoro, avevo dei ritmi di vita più distesi. Spero riusciremo a spostarci insieme anche facendo sacrifici, magari una volta si decide di seguire la carriera di Nick, poi la mia o viceversa a seconda delle opportunità.
Non è facile mantenere delle relazioni sentimentali con carriere come questa e con la vita un po’ nomade di Valeria. Dopo due storie a distanza dovute agli spostamenti afferma sicura:
Ho capito che le relazioni a distanza non fanno per me, un po’ come le amicizie. Riesco a mantenere quelle importanti cercando di organizzare incontri appena possibile; anche una volta all’anno ma con le vere amiche e amici riesco a riprendere il filo del rapporto come se ci fossimo lasciati poco tempo prima. Per fortuna esistono i ‘social’ che ci permettono la comunicazione a distanza. Comunque ora che tengo particolarmente alla mia relazione con Nick e con l’esperienza, mi sento più capace di accettare compromessi e sono pronta a considerare di spostarmi non avendo solo in mente la mia carriera.
Inevitabilmente finiamo a parlare della Brexit e Valeria mi confessa che l’effetto per lei più evidente è che ora si sente un’immigrata infatti deve sempre fare i conti con il visto che non le permette di lasciare l’Inghilterra per più di sei mesi ed è in attesa dell’upgrade previsto l’anno prossimo, sperando di migliorare la sua condizione.


Torniamo a parlare di viaggi e Valeria chiarisce che trasferirsi per un po’ in un nuovo Paese è davvero per lei la dimensione più congeniale del viaggio:
Per me vivere e lavorare in un posto diverso significa entrare nella cultura di un Paese e incontrare la gente del posto che è diverso dal viaggiare, anche per un periodo lungo, ma in maniera itinerante. Ad esempio Nick ha viaggiato sei mesi in Cina sempre spostandosi; a me piace invece conoscere a fondo una città, un Paese, vivendoci come se fossi di lì. Mi dà l’impressione di capire di più le persone, la cultura, di conoscerla più a fondo. Adesso Londra, Ginevra, Kigali, Nairobi, sono città che ho conosciuto bene vivendoci e se dovessi tornarci mi sentirei a casa. Se potessi scegliere liberamente il mio prossimo possibile trasferimento vorrei andare in un Paese latinoamericano perché credo che imparerei la lingua più facilmente e potrei socializzare con le persone del luogo, condividendo la loro cultura. Per ora aspetto l’estate per tornare…back home!
P.