In una giornata insolitamente piovosa a Palermo mi accoglie Silvia, in una casa allegra e colorata. Gironzolo tra mobili vissuti, quadri e gatti, poi, nel soggiorno, mi fermo ad osservare su una mensola alcune foto. Tra tanti visi sorridenti, mi colpisce l’immagine di un uomo accanto a Kennedy, è la foto di suo padre, responsabile Nato all’Ambasciata italiana a Washington. Silvia sorride e mi dice che un giorno o l’alto mi racconterà della sua vita perennemente in viaggio, di lei e dei tanti talenti che compongono la sua famiglia, dei genitori che l’hanno condotta in giro per il mondo e degli altri, artisti, musicisti, tante teste pensanti che lei ama ed ammira.
Dopo alcuni mesi, in una mattina di fine maggio Silvia mi telefona: “Sai, non ho dimenticato la mia promessa!”
Ha appena scritto un libro delizioso che parla di amore, viaggi, lavoro, ma oltre ad inviarmi il suo volume mi dedica una telefonata perché possa includerla nella rosa delle donne con lo zaino del blog.
Sono nata a Torino per puro caso, mi definisco una nomade ma non per un vezzo, mio padre era un ufficiale, per cui si spostava spesso e, con lui, la sua famiglia. Abbiamo girato tutto il mondo, ho frequentato l’asilo nido a Parigi (ero terrorizzata e me la facevo sempre sotto), poi a quattro anni a Novara e poi a Washington dove mi trattavano come una piccola portoricana. Quando a volte veniva prendermi a scuola mio fratello, molto più grande di me, mi trovava in un cantuccio, da sola, fuori dal gruppo, ero l’italiana, la straniera dell’epoca.
Dopo Washington, Napoli mi ha restituito il piacere del gioco: ero irruente, un vero e proprio maschiaccio e, con una banda di ragazzini di cui ero capo indiscusso, mi divertivo molto, ero finalmente libera e autonoma. Con un pullman carico di tutto il gruppo, con la vigilanza di un solo genitore, andavamo a fare il bagno al mare, a pescare le telline…ho vissuto in quell’epoca tante emozioni forti e belle.
Poi, di nuovo a Parigi, iscritta in una scuola pubblica francese, dove, oltre ad un’ansia di abbandono che mi ha perseguitato a lungo durante tutta la mia vita, ho fatto a botte con la Matematica, che da quelle parti si studiava sul serio. Dopo un anno e mezzo, a metà anno scolastico, ci siamo spostati ancora a Roma, poi a Verona.
Verso i 15 anni, stanca di girare come una trottola ho convocato i miei genitori chiedendo loro di essere messa in collegio. Ho scelto Verona, la città dove ero riuscita, essendomi fermata più a lungo, a farmi degli amici.
In controtendenza a tutti quelli che vedono il collegio come una minaccia, ero felicissima, tutti i week end ero invitata dalle mie amiche, i miei erano tornati a Roma ma venivano a trovarmi spesso, nelle mura del collegio mi sentivo rifiorire.
L’impatto della mia infanzia mi ha lasciato una sottile vena di malinconia, comune a tutta la mia famiglia di nomadi. Siamo tutti sparsi per il mondo, una volta all’anno ci riuniamo ad Andalo, siamo una variegata tribù che non vive mai in un posto preciso, ci raccontiamo in una babele di lingue che si sovrappongono.
Tutti, anche i più giovani sono un po’ pazzi, un po’ malinconici, nessuno si ritiene cittadino di un posto preciso, siamo forse cittadini del mondo, non abbiamo un posto fisso di riferimento.
A Verona mi sono innamorata e sposata, per un po’ sono stata tranquilla, ma presto mi ha riassalito l’indomito desiderio di non stare ferma, una sorta di nevrosi, una febbre. Viaggiare è sempre stata la mia droga.
Mi annoiavo a fare la sposina, perciò ben presto ho accettato un lavoro come dipendente alla Mondadori, ero nel servizio della formazione. Ho cercato quindi di stare ferma, ma dovevo scappare di nuovo, era una continua ossessione quella di conoscere altri ambienti, nuove situazioni…Quando un mio amico del Pci mi ha suggerito di recarmi a lavorare a Venezia come consulente di organizzazione, ho colto la palla al balzo. Mio marito, che lavorava come neurologo, volendo fare lo psichiatra con l’équipe di Franco Basaglia, ha deciso di seguirmi a Venezia per lavorare in un ospedale che doveva essere riformato. Ho cominciato a lavorare al Comune di Venezia, dopo un anno hanno rinnovato il mio contratto di consulenza- sono stata precaria a vita- e ho lavorato a tempo pieno cercando di fare del mio meglio.
Lì ho scritto il primo libro pubblicato in Italia sul Management pubblico, con uno dei professori con cui avevo lavorato al Comune di Venezia. Allora, era il 1983, era una vera novità, il libro ha avuto molto successo. Ho sempre lavorato come consulente, non ho mai voluto essere dipendente di nessuno. Ho cominciato quindi a girare per l’Italia, dal Trentino a Palermo, sono riuscita a trasformare il mio dolore per i traslochi nel motore della mia vita.
Ho fatto molti viaggi di piacere con mio marito, tre volte in India, veri viaggi on the road. Ad un certo punto, avevo una società in Francia e ho cominciato a lavorare tra Francia e Italia, sempre in un altrove.
Nel 1999 ho divorziato da mio marito trovandomi sola ad affrontare un trasloco- la nostra casa è rimasta a lui- con il dolore di non vivere più con i miei due figli.
Nel 2007, la forte crisi finanziaria mi ha lasciato sul lastrico, la mia piccola società è fallita, di fronte a grandi società come Accenture in quegli anni di dissesto economico, non valeva nulla. Ero disperata, per poter sbarcare il lunario ho dovuto rimboccarmi le maniche: avevo una bella casa e, invece di lamentarmi, mi sono reinventata alla grande, ho fatto la locandiera. Cercavo di arrabattarmi con il lavoro ma li b & b mi ha salvato: per dieci anni ho viaggiato in altro modo: ho convissuto con coreani, giapponesi, russi, cinesi, americani, francesi, inglesi, tedeschi. Viaggiavo stando ferma.
Ad un certo punto la mia vita è diventata pesante, ilmio nuovo amore, che ha avuto il merito di farmi lasciare mio marito con cui non andavo più d’accordo su nulla, è diventato conflittuale per via della sua eccessiva gelosia. Di nuovo, il desiderio di vivere a duemilagiri è riaffiorato e ho sentito la voglia di scappare ancora una volta. il mantra di viaggiare, fuggire, vivere è tornato.
Avevo lavorato tre anni come ricercatrice in giro per le aziende agro alimentari a Palermo, conoscevo la città, che mi affascinava, molto, allora ho provato a stare sei mesi in prova in quella magica città…ero felice a Palermo anche se avevo pochi soldi, il b & b non mi bastava per campare, io vivo con poco ma non so gestire il denaro.
Un giorno, era una Vigilia di Natale, ero appena rientrata da un complicato lavoro a Bologna, durante una cena con amici carissimi, sono caduta rovinosamente sulla gamba destra e mi sono fratturata il femore. Lì mi sono fermata e la mia vita è cambiata, sorprendentemente, in meglio.
Il mio corpo mi aveva spinto a fermarmi. Per due anni ho vissuto tra ospedali e riabilitazioni, ero ancora una volta in un non luogo, tra una terapia e l’altra tornavo a casa mia, che però non sentivo più mia visto che era affittata.
Si pensava dovessero amputarmi, finalmente e, senza che si provassero altre alternative, mi hanno operato inserendomi una mega protesi che mi ha rimesso in piedi. Ho sofferto moltissimo nel dopo operazione, dolori lancinanti, terribili, ho potuto camminare di nuovo anche se con le stampelle, ma soprattutto ho imparato in quel periodo a viaggiare con la mente, a stare bene da sola, ad amare gli altri che mi hanno circondato di affetto. Sono davvero cambiata e stare qui a Palermo nella mia casa che non è di mia proprietà ma che sento profondamente mia, mi rende felice. Sono diventata una casalinga ma viaggio con la testa, questo cambiamento mi dà molta forza, non ho più la spinta a viaggiare, posso di nuovo camminare senza il bastone che aveva seguito le stampelle e certo, non disdegno il viaggio ma non ne sento più l’impellente necessità.
I miei figli vivono una a Londra, l’altro a Berlino, mi vogliono vìcino e probabilmente cercheremo un luogo dove ritrovarci noi tre insieme. Penso che il mio ultimo viaggio sarà per loro, forse in Spagna. Lavoro ancora, sono in una situazione di limbo rispetto alla pensione, per lunghi anni ho continuato a pagare ma i miei versamenti sono andati a male, per molti anni non c’era un contenitore dove versarli, essendo io a gestione separata; perciò, sono costretta ad essere ancora molto attiva nel lavoro, per piacere e per necessità. Per tutta la vita sono stata consulente di organizzazione e formatrice, le mie aule erano sempre piene. Qualche anno fa, ho conseguito un master in executive coaching, aiuto le persone a sviluppare i propri talenti, sia nelle organizzazioni che nella vita. Ho fondato inoltre una società dal suggestivo nome: “Mondi Possibili” dove con i nostri strumenti informatizzati facciamo una simulazione delle potenzialità dei ragazzi, lo applichiamo nelle aziende, per giovani neoassunti o in cerca di lavoro.
Amo la vita e voglio viverla il più a lungo possibile, con la testa a posto però, forse mi sposterò ancora dove mi porterà l’amore. Non mi muovo più come una pazza, non ho più bisogno d vivere a 2000 giri, i giri me li faccio da sola.
Silvia De Martino