Ci eravamo preparate per il cammino di Santiago due anni fa, prima della pandemia, annullato poi a causa del confinamento. Da allora abbiamo percorso un’altra marcia, quella che ci ha portato a viaggiare molto con il nostro zaino reale e virtuale per presentare il libro DONNE CON LO ZAINO. STORIE DI DONNE SEMPRE IN CAMMINO. Straordinariamente ci ritroviamo ora senza impegni di lavoro in vista del ponte del due giugno e decidiamo così di realizzare il desiderio di vivere qualche giorno la dimensione del cammino che è una modalità di viaggio davvero unica. Questa volta non prepariamo l’itinerario nei dettagli ma ci fidiamo semplicemente dei consigli telefonici di Maurizio Forte, uno straordinario “amico del cammino” che avevamo incontrato ad Orvinio l’anno scorso:
–Se potete fare 4 tappe solamente vi consiglio di partire da Rocca Sinibalda e arrivare a Castel di Tora, poi proseguite per Orvinio, continuate il terzo giorno per Mandela per arrivare a Subiaco l’indomani. – mi spiega Maurizio al telefono e mi rassicura sul grado di difficoltà delle tappe: sapevo che non avremmo avuto tempo per allenarci.
Vedrai che la tua amica francese sarà contenta del percorso che, oltre ad essere splendido da un punto di vista naturalistico, è interessante per posti che potete visitare– aggiunge quando gli dico che volevo scegliere un buon percorso anche per permettere ad Anne di visitare un pezzetto d’Italia.
Già durante questo primo giorno lo ringraziamo dei consigli così come ringraziamo Simone Frignani, fondatore del cammino e autore della guida che si rivela, ad ogni bivio, davvero indispensabile, soprattutto quando ci rendiamo conto di non poter usare le tracce gps da scaricare sul cellulare dal sito del cammino.
Partiamo quindi, io, Anne (che nel frattempo si è storta una caviglia allenandosi tre giorni prima al lago di Castelgandolfo) e Raffaella, unitasi all’ultimo momento. Lo zaino è stato preparato la sera prima della partenza con l’imperativo di non superare i quattro/cinque chili. La stagione lo permette e con un cambio di scarpe, di maglietta e poco altro riusciamo a stare nel peso previsto. Felici e fiduciose cominciamo il cammino; il percorso è ben segnalato con il simbolo di una b minuscola e una piccola croce in cima alla stanghetta; le frecce (a volte rosse a volte bianche ma non sappiamo perché) indicano la direzione e camminiamo ormai al ritmo dei nostri piedi ma anche della distanza alla quale ci aspettiamo di trovare il successivo segnale. Anche se sappiamo che non ci perderemo (almeno per questo primo giorno) ci sentiamo rassicurate ed incoraggiate ogni volta che scorgiamo su un albero il simbolo e la freccia… Via via i nostri sensi si risvegliano ed impariamo ad individuare velocemente le tracce (a volte c’è una macchia gialla su un albero o su una roccia per indicare il cammino), a posizionare gli scarponi in discesa o in salita senza rischiare di cadere nei tratti in cui il sentiero è più scosceso. Anne è concentrata nel guardare bene dove mettere i piedi per non aggravare la sua caviglia dolorante, Raffaella si sta abituando allo zaino ed alle scarpe nuove per cui mi trovo ad aprire la marcia in cerca del percorso. In salita poi Anne passa avanti mentre noi arranchiamo dietro con meno fiato; nelle discese invece siamo noi ad aiutarla mentre lei, indietro, passo passo, impara a mettere i piedi in diagonale e scendere con attenzione.










Questa prima tappa di circa 15 km è facile e ci serve a sciogliere i muscoli ed abituare i piedi alla marcia prolungata e la schiena allo zaino. Il caldo è forte e siamo contente di ristorarci davanti alla fonte di Posticciola, piccolo borgo fiorito con un lavatoio, un piccolo museo delle tradizioni contadine e artigiane, una fontana dove riempiamo le borracce e una stradina che passa davanti ad alcune case da dove si affacciano due persone che ci augurano ‘buon cammino’ e alle quali chiediamo se avevano visto passare dei pellegrini. Siamo infatti sorprese di non incontrare nessuno nel cammino da ore; d’altra parte ne apprezziamo il lato positivo che è l’assoluta tranquillità anche quando, poco dopo, si apre al nostro sguardo un tesoro davvero incredibile: un ponte romano dell’XI secolo sopra un fiume. Vicino c’è un’area pic nic dove ci fermiamo a mangiare e riposare un poco. È un luogo magico che trasuda storia con la sua ‘garritta muraria’ sotto il ponte dove si pagava un dazio forse già in epoca romana: ‘era una stazione di posta e luogo di passaggio della transumanza’, recita la nostra guida. Per noi è l’occasione per apprezzare già questo modo di viaggiare che ci permette di assaporare scoperte inaspettate e ridere di noi per aver confuso, qualche metro prima, un misero ponticello di legno sul quale avevamo guadato un ruscello, al ponte in pietra di origine romana sul fiume Turano. Riprendiamo il sentiero che costeggia il fiume fino a salire nei pressi della diga che attraversiamo sulla strada per cominciare l’ultima parte del percorso. È una buona carrareccia in piano che costeggia la parte orientale del lago del Turano. Il sole batte forte nelle ore più calde e lo specchio d’acqua del lago ci fa venire voglia di bagnarci e di bere. Proseguiamo faticando e tentando una discesa alla riva del lago perché abbiamo bisogno di rinfrescarci ma il sentiero è scosceso e bisogna ancora fare diversi chilometri sotto il sole prima di arrivare alla spiaggia di Castel di Tora. Pensiamo di fermarci a riposare all’ombra di un albero sul bordo del sentiero ma abbiamo finito l’acqua quindi dobbiamo proseguire fino alla fonte o al paese. Arriviamo finalmente esauste per il forte calore alla fontana di Castel di Tora, dove facciamo la classica foto sotto il cartello che indica la tappa del cammino. All’inizio del paese, uno dei borghi più belli d’Italia, vediamo un tavolo e una panca sul bordo della strada sotto un ombrellone; ci sediamo pensando già allé bevande fresche da ordinaire al bar ma ci accorgiamo che il locale di fronte è un negozio di specialità norcine e che una signora seduta di fuori sullo scalino ci guarda con simpatia. Un bell’incontro che si conclude con una mini intervista a Carmela la quale ci racconta in pochi minuti diversi episodi della sua vita e quella della sua famiglia. Ci indica il cammino per il lago ma, passato il ponte, troviamo la strada di San Rocco che sale ripida verso la casa di Rita, l’amica del cammino che ci ospiterà. Rinunciamo al bagno al lago per salire a ristorarci nella sua incredibile casa con vista lago. Anne ha bisogno di ghiaccio per la caviglia e tutte di una doccia fresca. Rita ci accoglie con calore, simpatia e generosità. Ci offre una bevanda fresca ed iniziamo a parlare come se ci conoscessimo da sempre. Questa prima tappa ci ha regalato non solo paesaggi stupendi e sudore ma anche l’incontro con una donna incredibile. Ci facciamo coccolare e preparare una cena squisita consumata in sua compagnia e quella della sua amica artista Elisabetta e di Vic, un simpaticissimo tedesco namibiano venuto ad abitare vent’anni fa in una casa di legno nel bosco da lui costruita: il paesaggio mi ricordava un poco la Svizzera alpina, ci racconta. La sua compagna di allora, regista di Berlino, fece venire qualche anno fa la troupe a Castel di Tora per girare il cortometraggio Nemesi, mi racconta Rita mentre immagino che cosa possa aver significato per questo paese dove la vita scorre calma e si anima un poco solo l’estate con i rentri per le vacanze e la bella stagione.
Un giro in paese di sera mi permette di passeggiare per i vicoli dagli scorci indimenticabili. Parlo con Rita e Vic di questo lago così particolare: il paesaggio è bellissimo e l’acqua a tratti appare turchese eppure si avverte una sensazione strana come se qualcosa fosse fuori posto. Rita ha conosciuto qualche anziano che le ha raccontato della loro resistenza a scendere sulle rive del lago perché ancora si ricordano dei loro orti coltivati là dove ora c’è l’acqua a ricoprire la terra. Il lago infatti, collegato tramite una galleria lunga nove metri al lago del Salto, non c’era fino agli anni Trenta quando fu costruita la diga. Case, orti, giardini furono inghiottiti dall’acqua per regolare il flusso di una risorsa che avrebbe dovuto offrire posti di lavoro e riqualificare il territorio, In realtà l’emigrazione a Castel di Tora fu tantissima negli anni successivi quasi da spopolare il paese; anche ora molte case si riaprono solo in estate come quella di Rita che ospita i pellegrini su donazione da marzo a ottobre circa.
Dopo la passeggiata alla ricerca di figure di animali create da Elisabetta con legno e conchiglie ed applicate sui muri di alcune case da riqualificare, rientro in camera. Le mie amiche dormono già; guardo il lago dalla finestra e l’incredibile cielo stellato. Se il cammino porta a ringraziare i piedi che riescono a portarti avanti, l’acqua trovata ad una fonte, un paesaggio che si apre dopo una curva o alla fine di un sentiero, mi sento grata anche degli incontri di oggi, e soprattutto a Rita, piccola ma forte amica del cammino.
P.





