Ci sono persone che sognano di trovare il posto giusto dove vivere e, appena possono, lo cercano. A volte accade anche che lo trovino. È quello che è successo ad Arcenia, una trentaseenne mozambicana dal sorriso dolce e lo sguardo saggio di chi ha trovato come conciliare il lavoro con il desiderio di una vita serena e molto vicina alla natura. L’ho incontrata nel suo ecolodge sperduto tra la laguna e la duna verso l’Oceano nel lake district di Quissico, nella provincia di Inhambane. Parliamo molto il giorno dopo il nostro arrivo: un viaggio che da Maputo può durare dalle quattro ore di strada più mezz’ora di fuori strada tra i villaggi se la strada non è chiusa come è accaduto a noi, oppure un tempo imprecisato se nei villaggi e città che si attraversano si trovano intoppi..Insomma davvero un’avventura arrivare al Bulbul backpackers, luogo che ha la facoltà di sospendere il tempo e immergere il visitatore in una dimensione molto speciale.
Arcenia mi racconta come è approdata in questo paradiso grazie ad un percorso step by step, come descrive la sua vita. Nata a Massinga nell’84, ad appena tre anni la mamma la porta a Maputo insieme al fratello più grande per fuggire dalla guerra. Cresciuta nella capitale, studia fino alla scuola secondaria e poi inizia a lavorare in un ostello della città dove incontra molti viaggiatori tra cui Diederik. È un uomo gentile e curioso con il sogno di lasciare Amsterdam per cercare un posto dove vivere nella natura e realizzare il suo sogno di fondare un luogo speciale dove ospitare altri backpacker. Vederli insieme con i loro tre figli ora può far pensare ad una semplice storia a lieto fine ma dai racconti di Arcenia si capisce quanto intrecciare la vita sentimentale, esistenziale e professionale tra l’Olanda e il Mozambico non sia stato un percorso sempre in discesa. Dopo diversi viaggi, Diederik torna espressamente per la loro storia d’amore e insieme iniziano a coltivare il progetto di trovare la perla mozambicana dove realizzare il loro progetto. Approdano su questa duna piena di palme da cocco nel 2012 e, step by step, costruiscono prima una tenda/tukul (rigorosamente con materiali locali) dove vivono un anno e mezzo mentre scavano un pozzo per avere l’acqua potabile. Realizzano poi un grande capannone/dormitorio più uno spazio per le tende dove cominciare ad ospitare i viaggiatori. Ora ci sono altre due capanne/tukul su palafitte con patio e amaca in mezzo alla vegetazione. Dietro paraventi di canne e foglie di palma ci sono i bagni e la doccia che facciamo ben fredda dato il grande calore di questa giornata nella quale la temperatura prevista raggiuge i 37 gradi e l’umidità è al 93%. Mi sistemo nel tukul vista laguna: è una sorta di palafitta di legno con un letto provvisto di zanzariera, un tavolino e due scaffali. Mi chiedo come farò a raggiungerlo stasera con il buio ma noto una strana lampada: un barattolo di vetro con il tappo a energia solare che si accende automaticamente al tramonto dopo essersi ricaricato con il sole durante il giorno. Oltre a questo sistema di illuminazione abbiamo l’impianto solare che provvede all’energia comune se dovete ricaricare i telefonini -mi spiega Arcenia, orgogliosa almeno quanto il fatto che possa servire caraffe di acqua potabile estratta dal loro pozzo ed evitare l’enorme quantità di plastica dovuta al consumo di bottiglie comprate da chi non vuole rischiare di ammalarsi. Così attacchiamo i nostri cellulari alla presa nell’accogliente locale dove si mangia all’interno quando c’è troppo caldo fuori. Riprendiamo la conversazione mentre tagliuzza le foglie di manioca per il matapa e prepara il riso per il pranzo che cucina per tutti (per cena ci sarà un locale pesce serra/barracuda freschissimo!).
Abbiamo fatto molto per la gente qui-mi racconta Arcenia quando le chiedo dell’impatto con i locali- compriamo i prodotti del posto per la nostra cucina, e facciamo lavorare la gente della regione. Inoltre li aiutiamo per i trasporti: è capitato tante volte di dover accompagnare all’ospedale vicino donne che dovevano partorire .
Quando le domando come riesce a gestire la vita familiare con il via vai degli ospiti (che sono comunque sempre in numero sostenibile) mi sorride e dice che in realtà, anche con l’aiuto di una ragazza e di un ragazzo (oltre all’infaticabile Driedick) riesce ad avere tempo per rilassarsi e dedicarsi alla famiglia. Il venerdì sera ad esempio è dedicato al family party: nello spazio dietro il bancone/cucina c’è un tavolo grande e un divano dove giocano, suonano, stanno insieme. Ed è un piacere vedere giocare il figlioletto Ylan, uno splendido bimbo che parla correntemente inglese, olandese, portoghese e shope (la lingua locale, diversa dallo shangava di Maputo) e Luana che, mentre parliamo, reclama il latte della mamma per poi scendere dalle braccia e tentare i primi passi. Appena arrivati qui, Arcenia aveva solo Emily, la prima figlia che l’anno prossimo andrà alla scuola secondaria e dovrà percorrere circa trenta chilometri su trasporti tipo pick up dove la gente si ammassa incredibilmente. Ylan invece cammina per sei chilometri andata e ritorno tutti i giorni per raggiungere la scuola primaria del villaggio. In questi giorni di festa, ad aiutare Arcenia c’è anche sua sorella Linda con il suo bimbetto Daniel; insomma una famiglia allargata compreso il simpatico gattino, Manga, e Doggy, la cagna che decide di seguirci al mare e passare il pomeriggio con noi.
Qui la gente viene per rilassarsi e visitare il posto in modo rispettoso della natura; arrivano stressati dalla capitale o dall’estero e qui riprendono un ritmo calmo, in sintonia con l’ambiente. Stanno qualche giorno per bagnarsi nella laguna o spostarsi in canoa magari verso il tramonto che ogni sera regala colori incredibili. Si può camminare in un sentiero sotto la duna per circa quaranta minuti fino al punto dove la laguna si incontra con il mare o lungo l’immensa spiaggia deserta di fronte all’Oceano. Con i viaggiatori ho avuto sempre ottimi contatti perciò la gente torna o ne parla ad altri e per mezzo del passaparola accogliamo gente simpatica che apprezza il luogo e la nostra accoglienza.
Intanto si è fatto buio, Arcenia guarda lontano con i suoi occhi a mandorla mentre Diederik accende un fuoco al centro di una specie di agorà di fronte al capannone che svolge funzioni di cucina/sala/reception: A volte mi chiedono come abbiamo potuto realizzare tutto questo: ma in realtà è davvero passo passo che la mia vita si è costruita…se la si guarda ora si devono immaginare i vari momenti che ha comportato realizzare, costruire, progettare, fare delle scelte. Se avessi dovuto rinunciare sarebbe stato durante il primo anno che eravamo qui. Ma ci abbiamo creduto e siamo andati avanti e da quattro anni ospitiamo viaggiatori. Alcuni mi domandano anche come faccia a vivere così isolata e lontano ma io penso che ogni persona ha un posto per vivere e qui per me…it’s just home!
Ci diamo la buonanotte mentre il fuoco ormai spento lascia spazio alla luce delle stelle; con il naso all’insù cerco la Croce del Sud come punto di riferimento in questo cielo così poco familiare da risultarmi sconosciuto e penso che è quello che fa da tetto a Arcenia tutte le sere della sua vita…
à suivre
P.












