A Roma, come in molte altre città d’arte, capita che gli abitanti siano toccati da quello che chiamo il fenomeno “dell’indifferenza indotta”. È un fenomeno strano che si manifesta quando ci si trova a correre, a causa degli spostamenti urbani quotidiani, davanti al Colosseo o alla Fontana di Trevi o alla galleria Borghese o all’ennesima chiesa o altro monumento senza quasi degnarli di uno sguardo né accorgersi della loro esistenza. Mi è accaduto anche negli anni in cui ho vissuto in vista della Tour Eiffel quando, presa dai frenetici ritmi di lavoro parigini, il mio sguardo quasi non si sollevava più per omaggiare la bella Dame de Fer.
Per fortuna c’è un semplice antitodo: accogliere amici proveniente da altri città/Paesi. La voglia di accompagnare e dedicare del tempo a chi si aspetta di trovare un perfetto Cicerone o almeno dei consigli di visite, permette di ri/scoprire facilmente l’ebrezza di essere turisti nella propria città. Ed è in occasione della visita di un’amica dal Nord che mi sono trovata recentemente a riscoprire la bellezza della città dove sono tornata a vivere da quasi tre anni ormai: i suoi musei e i suoi monumenti, le sue chiese e i suoi vicoli, le sue piazze tra le più belle del mondo.
Camminare nel centro storico è un piacere di per sé fino a fine giornata quando conviene raggiungere un punto panoramico da dove godere appieno dei famosi tramonti romani. Nelle ore calde di luglio evitiamo la visita assolatissima ai Fori Romani. Propongo così alla mia amica di visitare i Musei Capitolini dove mi reco sempre con grande piacere, mai stanca di ammirare le opere esposte nel Palazzo dei Conservatori: dalla pinacoteca alla collezione delle antichità, dalla galleria sotterranea delle lapidi che sfocia alla terrazza panoramica sui Fori al grande lucernaio interno dove troneggia la statua originale di Marco Aurelio. L’imponente statua equestre fu installata nel cuore della città nei secoli successivi perché si riteneva erroneamente che rappresentasse l’imperatore Costantino, simbolo della cristianità. Errore che ha permesso all’opera di giungere a noi ben conservata. La copia domina la Piazza del Campidoglio, all’esterno, e si trova al centro dell’ellissi disegnata nel 1538 da Michelangelo che progettò anche il Palazzo Nuovo per rendere simmetrica la piazza sul colle. Sul terzo lato il Palazzo dei Senatori, di epoca medievale e sede attuale degli uffici capitolini. Dalla galleria lapidaria, lungo la galleria di otto metri si passa appunto al Palazzo Nuovo dove ci aspetta la collezione egizia ed altre sale con statue greco-romane, busti, mosaici.
Già nell’atrio del Palazzo dei Conservatori sostiamo ad ammirare i pezzi della colossale statua di Costantino: la testa, un ginocchio, la mano con il dito che indica il cielo, un avambraccio: il tutto di dimensioni enormi. Saliamo poi la scalinata verso la magnifica galleria degli arazzi dove ci si perde negli episodi salienti della storia romana raccontata con ago e fili: il Combattimento di Orazi e Curiazi, il Ratto delle Sabine, il Ritrovamento della Lupa, ecc. Più avanti ci fermiamo ad ammirare il busto di Medusa del Bernini, la Statua della Venere Capitolina, Amore e Psiche. Più avanti, lo splendido Galata morente, il guerriero gallo ferito in battaglia e colto nel momento estremo mentre cade: l’espressione ancora fiera ma vinta prova il realismo che può scaturire dal marmo sapientemente scolpito. D’altra parte il nemico raffigurato nel momento della sconfitta richiama la famosa invasione dei Galli il 18 luglio del 390 a.c nell’inespugnabile Roma che la leggenda racconta essere stata sventata grazie allo starnazzare delle oche del Campidoglio, sacre a Giunone. Più realisticamente i Galli accettarono di ritirarsi contro un congruo bottino in oro ma, si sa, i racconti e le leggende marcano fortemente la memoria collettiva e viaggiano nel tempo e nello spazio.
Al secondo piano la Pinacoteca merita una visita a parte per la ricchezza dei dipinti conservati: Caravaggio, Guido Reni, Rubens e decidiamo di restare sul percorso di Arte e Storia antica. Sostiamo nell’Esedra, grande spazio illuminato dalla vetrata per ammirare il Leone che azzanna il cavallo, il Marco Aurelio a cavallo, la statua bronzea colossale di Costantino, lo Spinario, ecc. La sala incorpora l’antico muro del Tempio di Giove che era il luogo sacro sul lato del colle Palatino. Dei pannelli ricostruiscono l’evoluzione dell’insediamento urbano e degli oggetti esposti in bacheca documentano le vite di chi ha vissuto su questi colli in più di due millenni di Storia.
Queste pietre antiche mi affascinano: celano misteri, spirgionano energie antiche, raccontano vite e vicende di persone e popoli. Anche per questo mi piace tornare ai Musei Capitolini e su questo colle, ancora di più da quando ho saputo che è considerato il più antico museo pubblico del mondo.
P.