Da ieri in tivù immagini di fuga, di disperazione, un insieme di voci preoccupate, di dichiarazioni d’intenti, di guerre annunciate, di battaglie programmate. Dovunque, alta la desolazione femminile.
Sul telefono, per mail, varie richieste di raccolta di firme. Che faccio, Loredana? Una firma è poca cosa ma serve… e sempre serve instillare nel cuore degli uomini e delle donne uno a uno la sacralità della vita propria e degli altri … faccio di questo il mio modo di vivere qui dove sono… e dove posso arrivare.
Che fare, Simona?
Quella che poni alla fine è una preoccupazione di una domanda a cui speriamo qualcuno possa dare presto una risposta. Quando i vari stati occidentali si siederanno ai tavoli delle trattative per il riconoscimento del nuovo stato islamico dovrebbero porre questa questione e negoziare diritti per le donne… ma non sono molto fiduciosa che lo facciano davvero, purtroppo…a meno che non ci sia un’azione internazionale forte … e soprattutto dubito che i talebani concedano alcunché … che tristezza!
Cosa possiamo fare, Giovanna?
Secondo me bisognerebbe valutare la possibilità di armare queste donne, come hanno fatto le donne curde.
Questa è una guerra, va chiamata con il vero nome, guardata negli occhi.
È una guerra dei maschi contro le donne, va detto con onestà, chiarezza e va detto a voce alta. La fuga è da tutte le parti.
Que hacer, Norma?
Estoy horrorizada mirando la pobre gente que huye despavorida colgándose de los aviones para caerse y morir..
Marco mi invia il link di un’associazione di donne attive nella promozione di progetti di solidarietà a favore delle donne afghane sin dal 1999.
https://www.cisda.it/chi-siamo.html
Intanto si assiste impotenti davanti al televisore alla sfilata di uomini tetri e oscuri, promettono di dare libertà alle donne, di permettere loro di studiare e lavorare ma noi non crediamo loro. Li vogliamo fuori dalle nostre vite, dalla vita delle donne e degli uomini, temiamo il ritorno al medioevo, non vogliamo precipitare in un mondo dispotico che non ci appartiene.
