Oggi, complice il desiderio di incontrare un’amica che non vedevo da anni, mi sono avventurata nel caldo di questo rovente giugno per rivedere lei e una città da cui mancavo da tempo.
Francesca è venuta a prendermi in stazione con il marito, abbiamo percorso la strada che si chiama circumarpiccolo che delimita il periplo del Mar Piccolo. Taranto è soprannominata la Città dei due mari, per la sua posizione a cavallo tra il mar Grande, nei pressi delle Isole Cheradi, antistanti la città, e il Mar Piccolo, dove si pratica da secoli la mitilicoltura. Nei pressi delle Cheradi, vive una colonia di delfini. Nel mar Piccolo invece, c’è una colonia di cavallucci marini.
Scesi dall’auto abbiamo notato alcuni pescatori affaccendati intorno a reti e cassette, tutti molto indaffarati. Francesca afferma che l’operosità dei tarantini potrebbe derivare dal fatto che sono discendenti diretti di Sparta. Taranto infatti fu fondata dagli Spartani nell’ottavo secolo col nome di Tarasi, divenendo in poco tempo, grazie alla sua posizione strategica al centro dell’omonimo golfo, una delle più importanti città della Magna Grecia. Fu l’ultima città a cadere in seguito all’espansione di Roma , dopo un conflitto durato cinque anni, durante le guerre denominate pirriche. La città continuò comunque a esercitare una grandissima influenza culturale su Roma e sul resto dell’Italia meridionale, era un luogo contraddistinto da opulenza e da grandi bellezze naturali, celebrate da numerosi autori, tra i quali Orazio.
Su una banchina di scogli, fra le barche degli allevatori di cozze, sorge una cappella piena di ex voto, un originale santuario intitolato alla “Madonna di Fatima del Mar Piccolo”.
Il nostro giro procede. Ammiriamo l’acquedotto romano, e arriviamo alla Concattedrale, dedicata alla Gran Madre di Dio, maestosa struttura che rappresenta una vela che si specchia nell’acqua delle tre vasche antistanti l’ingresso, simboleggianti il mare.
Procediamo verso il lungomare, ammiriamo il maestoso castello, attraversiamo il ponte girevole, osserviamo il monumento ai marinai, le costruzioni imponenti quali quella della Banca d’Italia, oggi sede della nuova università di medicina, il palazzo dell’INPS , l’antico mercato. Ascoltiamo le spiegazioni dei nostri ospiti: la città dà il nome alla specie Lycosa tarantula (ragno lupo), un tempo molto comune nelle campagne locali, da cui derivano i termini tarantismo, tarantella e tarantola, nome utilizzato oggi per oggi per indicare i ragni della famiglia Theraphsodie.
Non abbiamo il tempo di visitare il MArTa, museo archeologico Nazionale, che è tra i musei più importanti d’Italia, le ore scorrono, quella di oggi è una visita ad un’amica e ci perdiamo tra chiacchiere e ricordi mentre ci dirigiamo, per il pranzo, in un posto davvero speciale, “ A CASA VOSTRA”.
Scelgo da una cucina a vista dei piatti tipici tarantini, convinta di trovarmi in una trattoria come tante altre, invece alzo lo sguardo e vedo incollata al soffitto una vera sala da pranzo attaccata in alto, sul soffitto. Sulle pareti, rovesciati, vecchi arnesi da bucato, radio, televisori, un calendario del ’74, una bicicletta Graziella. Tutto è un tuffo nel passato, torniamo indietro nel tempo mentre osserviamo i tavoli anni ‘60 di formica lucida. L’atmosfera è ospitale, due ragazzi giovani, belli e simpatici si avvicendano alla cassa, una ragazza svelta prende le ordinazioni e un loro amico (un socio?) brontola mentre sparecchia. Incuriosita dall’arredamento bizzarro chiedo notizie.
La storia del locale parte da lontano, quando i due proprietari, Cataldo e Marco, ex operai dell’ex Ilva, hanno deciso, dopo avere atteso per anni che politica, sindacati e magistratura risolvessero il problema di Taranto e dei lavoratori e lavoratrici dell’acciaieria, di cambiare. Per lungo tempo hanno atteso una via d’uscita dalla difficile condizione chiedendo una chiusura programmata dello stabilimento, la riconversione e le bonifiche eseguite dalle maestranze del territorio, ma le condizioni di lavoro nell’Ilva sono sempre peggiorate. I due ragazzi perciò, sfiduciati dalle Istituzioni, hanno deciso di tentare di risolvere a modo loro il problema, dimettendosi dall’acciaieria grazie all’ incentivo all’esodo. Hanno trovato un locale, lo hanno rimesso con molta fatica a nuovo, si sono dati da fare lavorando giorno e notte e investendo tutto il loro capitale. Non c’era posto per arredare il loro piccolo ristorante come una vera casa, allora l’hanno incollata in alto, un appartamento vero e proprio “ a testa in giù”.
Cataldo mi racconta che il nome del locale nasce dal fatto che decine di volte, durante le manifestazioni e gli scioperi, si sono sentiti dire: “Se chiude l’Ilva, poi veniamo tutti a mangiare a casa vostra!”. E così, proprio per questo, hanno deciso di chiamare il posto “A casa vostra”. E a casa loro lavorano con passione Anca, in cucina e Gianni, il miglior amico di Cataldo, che, a quattro anni dalla pensione, ha perso il lavoro perché la ditta per la quale lavorava è fallita. In attesa che il PNRR consideri nel suo piano di rilancio anche gli ultracinquantenni, troppo vecchi per essere assunti e troppo giovani per riscuotere la pensione, Gianni aiuta la baracca ed è aiutato, in uno scambio da casa a casa.
Care donneconlozaino, cari lettori ed amici, il locale merita davvero una visita, vi sentirete davvero bene, come se foste “A casa vostra”!
R.
Stupendo il ristorantino!!! Spero poterci andare se capito da quelle parti