C’è una Ventotene che ci ricorda i tempi bui della storia italiana e una Ventotene isola d’incanto per una vacanza marina, a cinquanta minuti di aliscafo da Formia.
Arrivo in questa splendida isola dell’arcipelago pontino alla riapertura post confinamento di ristoranti, bar e luoghi di degustazione di prodotti locali per godere appieno della gastronomia locale: la zuppa di lenticchie e cicerchia, il pesce fresco accompagnato da un buon vino come il Bolle di Vento o il Pandataria, le frittelle di borraggine, l’amaro di rucola o di finocchietto.
Il clima a fine maggio è assolato e la brezza rende piacevole le passeggiate dal porto a Capo d’Arco. Le fioriture inebriano la nostra camminata e colorano giardini e campi con tutta la varietà di sfumature delle diverse specie vegetali che abbondano nell’isola: dalle ginestre al mirto, dai papaveri ai gelsomini, dalle agavi ai fichi d’india, in un misto di flora mediterranea e semitropicale.
L’isola è un parco marino e offre, oltre alle tante possibilità di escursioni in barca, di immersioni e di navigazione a vela, un mare da godere semplicemente per l’acqua cristallina e i fondali meravigliosi. Tra un tuffo e l’altro mi stendo su uno scoglio o in spiaggia e ho già dimenticato lo stress delle ultime intense settimane di lavoro.
Ventotene ospita anche il Museo della migrazione, un importante centro ornitologico che censisce e studia le numerose specie di uccelli migratori che sostano durante il loro viaggio stagionale. È inoltre un luogo di interesse storico-archeologico per le vestigia romane.
E qui comincia la sua storia di esilio e confino. Storia di confini femminili in tempi antichi che risale al 2 a.C. quando l’imperatore Augusto decide di esiliarci sua figlia Julia. Anche Tiberio ci inviò la nipote Agrippina nel 29 d.C.; la donna si fece morire di fame qualche anno dopo. In seguito anche Nerone ci esiliò la prima moglie Ottavia, ufficialmente perché non gli dava eredi, in realtà per motivi politici.
Se di questi esili ci parlano i resti della villa Julia e altre rovine; della più recente storia del confino degli antifascisti c’è un percorso della memoria che viene tracciato da placche commemorative, monumenti, documenti e un murales sulla facciata del municipio.
In questo periodo non è possibile accedere all’isola di Santo Stefano ma il carcere è ben in vista e ci ricorda quante persone “non gradite” al regime furono allontanate e condannate all’esilio, impedendo loro la libertà di espressione e di movimento. Ma non la libertà di pensiero che, proprio qui, diede vita al Manifesto di Ventotene. Tra gli antifascisti esiliati, c’erano Sandro Pertini, Umberto Terracini, Pietro Secchia, Germoni Guglielmo (zio della partigiana Luciana Romoli che abbiamo intervistato in un precedente articolo), Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ed è da questi incontri che nacque l’idea del federalismo europeo. Cammino per le stradine cercando le placche intitolate a questi grandi personaggi che resistettero e lottarono per un’Italia ed un’Europa libera e giusta. Mi fermo e dentro di me penso alla nostra Costituzione repubblicana. Ringrazio i tanti uomini e donne che hanno stravolto la loro vita nell’impegno civile e politico o l’hanno persa per questo.
P.
Tempo fa in una intervista Luciana Romoli parlò di suo zio, confinato a Ventotene (ne parla dal terzo minuto in poi)).
Grazie anche alla coraggiosa lotta partigiana, le donne hanno acquisito il diritto al voto.
Tutto quel sangue versato non è servito a sancire quel diritto anche nella coscienza sociale. Questo triste”segnare il passo”di fatto perpetra il divario socioculturale di genere ancora oggi. Occorrerebbero più iniziative di divulgazione delle storie di “Donne Coraggio” di tutti i tempi nelle Scuole di ogni ordine e grado.
grazie Silvana, hai perfettamente ragione, dobbiamo rammentarlo tutti i giorni. Patrizia
Io vorrei auto esiliarmi a Ventotene: si può? Qualcuno mi vuole accompagnare?
Lo so , sono masochista, ma voglio soffrire…soffrire … soffrire in quei luoghi di confinamento!😂😂