Oggi 25 marzo 2021 è una data speciale. Occorrono infatti due elementi chiave in relazione al divino viaggio dantesco: l’inizio del percorso mitico-esistenziale del Sommo Poeta nell’aldilà nell’anno che conta 700 calendari dalla sua morte. Celebriamo questa giornata con un articolo e una poesia della poetessa, scrittrice e giornalista Grazia Fresu, appassionata, studiosa e amante dei versi del padre della lingua italiana. Ecco il contributo che Grazia ci manda dall’Argentina e che condividiamo volentieri ringraziandola:
Nella cultura occidentale, due sono stati i viaggi mitici che l’hanno fondata e consolidata: quello di Ulisse nell’Odissea di Omero e quello di Dante nella Divina Commedia. Quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte di quest’ultimo, avvenuta il 14 settembre del 1321 a Ravenna e oggi 25 marzo ebbe inizio nel 1300 il viaggio dantesco nell’oltretomba, in un’opera che Jorge Luis Borges ha considerato come la summa della poesia mondiale e il deposito infinito di tutte le nostre possibili storie. Quello di Dante è un viaggio umanissimo dell’Io attraverso una totalità di esperienze che lo conducono a visitare quell’inferno, quel purgatorio, quel paradiso che, al di là delle simbologie, sono drammaticamente nostri, presenti nell’esperienza quotidiana del vivere. Dante viaggia, osserva, descrive, si commuove, impara e si salva e a noi resta il suo racconto poetico dove possiamo specchiarci in lui, nell’ampio spettro degli stessi dolori, delle stesse sconfitte, delle stesse gioie e delle stesse vittorie.
La Divina Commedia è stato uno dei libri mitici della mia infanzia e di quella di mia sorella Anna, insieme alla Bibbia, a Le mille e una notte, alle fiabe popolari o d’autore che mia madre ci raccontava.
A questo libro e a mia madre che ce lo leggeva dedico questa poesia.
Nostra madre ci leggeva Dante
Nostra madre ci leggeva Dante
sul tavolo della cucina
un grande libro illustrato
che metteva soggezione
però ce lo leggeva,
a noi bambine incantate,
come leggeva le fiabe
con la voce grave a tratti sospesa
e il viaggio straordinario
di quell’uomo vestito di rosso
che attraversava mondi
ci popolò l’infanzia di nocchieri
di un poeta guida
di peccatori e santi
di bolge infernali e cerchi angelici
di città turrite e battaglie
di donne perdute in un libro galeotto
dell’amore umano e divino.
Dalla voce di nostra madre
vennero Firenze, i guelfi e i ghibellini,
il morso rapace di Ugolino
e Ulisse alle Colonne d’Ercole
sfidando l’ignoto
lo sguardo salvifico di Beatrice
sul volto smarrito del poeta
la Rosa Mistica dove lo splendore
di Dio accecava fino al silenzio
quelli che si persero
e quelli che si salvarono
le maschere infinite del vivere
i gesti crudeli del morire.
L’endecasillabo era musica soave
nelle ore di quel gioco esigente.
Ancora nella nostra casa su un leggio
quel libro ci parla dell’infanzia,
di nostra madre e del poeta
che per primo ci insegnò a volare.
Grazia Fresu