Smart working, che passione (?!?)

Ricordo, ai tempi dell’Università, le appassionanti lezioni del mio professore di Economia, i seminari dedicati a Marx, un gruppo di studio sul cottimo. Perché parlare di tali questioni in tempi di pandemia? Non era passato di moda Marx? 

E’ tanto più attuale oggi riflettere sul lavoro a cottimo che oggi  ha preso un altro nome, chiedendo in prestito indeterminato alla lingua inglese il più leggero termine di “smart working”.

Nel cottimo era opinione corrente ci fosse  un sistema di sfruttamento e di oppressione, la cosa è meno appariscente nel telelavoro, che anzi ha appassionato molti al suo nascere.

(La Legge 81/2017  ha introdotto nell’ordinamento italiano il lavoro agile (comunemente definito come smart working), una specifica modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera (potremmo dire) complementare, con quelle dell’impresa)

Datore di lavoro e prestatore di lavoro (lo smart worker) possono stabilire che la prestazione lavorativa – anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi nonché senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro – venga eseguita “(…) in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa”.

Una giovane donnaconlozaino su questo blog aveva descritto l’iniziale sentimento di libertà  e autonomia quando in alcune circostanze riusciva a lavorare da casa e quando nelle prime fasi della quarantena non le sembrava vero non doversi preparare per recarsi al lavoro e rimanere ore imbottigliata nel traffico. Piano piano però le difficoltà sono affiorate: dapprima la difficile gestione nel conciliare la presenza di una bimba a casa, i lavori domestici che sostituivano le pause caffè e pranzo. Ben presto il lavoro a casa l’ha resa schiava, prolungando l’orario di lavoro e rendendola la peggiore secondina di se stessa. 

A mio avviso il lavoro da casa è una variante del lavoro a cottimo, agevola le aziende a cui non occorre più mettere a disposizione locali, né sostenere le spese per la loro gestione, né è necessario il controllare gli orari: per lo più i dipendenti fanno straordinari non retribuiti. 

L’epidemia ha accelerato questa modalità lavorativa, coinvolgendo il 97% delle grandi imprese. Una buona parte di lavoratori  è stata grata alle aziende di non contaminarsi lavorando in ambienti chiusi e affollati, di evitare assembramenti sui mezzi, ma temo  che, finita l’emergenza, tale modello sopravviverà al virus.

Lo smart working, così come la DAD (didattica a distanza), ha fatto migliorare competenze digitali, ripensare i processi, entrando nella quotidianità degli italiani e ha dimostrato come un modo diverso di lavorare sia possibile.  Credo non si debba disperdere l’esperienza di questi mesi ma che occorra maggiore flessibilità e autonomia nella scelta di luogo e orario di lavoro. Occorrerà ripensare soprattutto al diritto alla disconnessione (Per diritto alla disconnessione si intende il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa), all’autosfruttamento  insito in questo tipo di lavoro, all’isolamento e alla mancanza di socializzazione. 

Il Covid ha modificato il nostro modo di lavorare, perciò sarà necessario difendere i più elementari diritti, soprattutto sul controllo dei ritmi lavorativi.

www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/smart-working-e-diritto-alla-disconnessione-le-norme-che-tutelano-i-lavoratori/

R.

Author: ragaraffa

Blogger per passione e per impegno, ama conoscere e diffondere le voci delle donne che cambiano.  

4 Replies to “Smart working, che passione (?!?)”

  1. brisa scarpati says: 02/02/2021 at 1:36 pm

    Leggere dello smart working fa bene sicuramente !! Ci sono anche pero´ molte persone che lavorano in presenza in questo momento delicato ( tra l´altro appartengo anche io a questa categoria dato che in Germania gli emigranti sono considerati soggettti da tutelare e quindi ricevono lezione sul posto ) .. ma a lungo andare … e´davvero difrficile trovare aspetti positivi … !!
    Io mi auguro cara Raffaella che le lezioni di Economia ( ah proposito che facolta´ hai fatto ..chissa´ se eravamo studentese insieme ?!! ) non diventino sempre piu´ di economia domestica…. come ai tempi delle nostre nonne !!

    Un abbraccio !!
    Vi seguo sempre con affetto
    Brisa

    1. brisa scarpati says: 02/02/2021 at 1:38 pm

      perdonatemi gli errori di battitura !! Ho inviato il commento con il cellulare ed il vocabolario italiano fa i capricci !!!
      Baci

      1. ragaraffa says: 02/02/2021 at 2:10 pm

        Figurati! È sempre un piacere leggere i tuoi commenti, i refusi sono all’ordine del giorno per chi ha tante cose da dire in più lingue

  2. marisa Polimeno says: 14/02/2021 at 6:29 pm

    Mi sembra difficile che il lavoro agile si risolva principalmente a favore dei lavoratori

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