
Il mio amico Claudio Borzi nel suo blog “Comunicare per crescere” afferma che quest’anno verrà ricordato soprattutto per i grandi cambiamenti portati dal dilagare della pandemia a livello globale e, nonostante l’orrore del periodo trascorso, occorre sempre cercare la parte mezzo piena del bicchiere. Rimando all’articolo che ci invita, nell’affacciarci al nuovo anno, a coltivare un atteggiamento positivo, aspettandoci comunque il meglio.
https://claudioborzicomunicazione.wordpress.com/
Per quanto mi riguarda io in questa quarantena avevo programmato di rimettere mano alle bozze di un libro, a continuare le lezioni di pilates on line, rileggere tutti i classici che mi hanno appassionato, studiare il cinese o per lo meno fare pratica di inglese. Invece non ho fatto niente di tutto ciò. Mentre nella prima quarantena un’energia insospettata mi faceva macinare chilometri sul terrazzo di casa, preparare pizze e dolci, in questo tempo in casa, in un periodo così libero da impegni come mai ne ho avuto nella mia vita, ho passato il mio tempo libero a non fare nulla, o quasi.
Che cosa mi è successo? Perché non ho fatto quello che programmavo di fare in questi mesi? E’ vero, ho scoperto ” Il racconto dell’ancella” e ” L’altra Grace” , ho leggiucchiato più che letto, scribacchiato più che scritto, ho accatastato sulla sedia tute e pigiami, ma per lo più, ho vissuto la frustrazione non di pormi un obiettivo e disattenderlo ma di non avere nessun traguardo da raggiungere. Nel primo isolamento, c’erano una serie di azioni che scandivano la giornata, dalla sveglia alla ginnastica, alle riunioni su zoom adesso mi perdo in un mare di minuzie senza senso.
Ho letto su una rivista che “chi non riesce a programmare le giornate non conosce la strategia corretta per farlo, che bisogna cominciare ad apprendere nuove abitudini passo dopo passo, suddividendo l’obiettivo finale in sotto obiettivi per apprendere nuovi modi di strutturare la giornata, ponendo anche l’attenzione alla varietà degli stimoli: ginnastica sì ma a step differenziati, cucina si ma di alimenti diversi, libri di narrativa sì ma anche poesia, e saggistica per attivare sinapsi diverse, per un tempo diverso ogni volta. Porre ogni compito come una sfida, con me stessa o con un avversario, reale o ipotetico. (boh!)
In realtà in questa seconda quarantena cerco di distrarmi dalla paura, dall’ansia e dal dolore di questa situazione. Ci sono i notiziari e i giornali che in tutte le ore espongono bollettini di morti e contagi, ma vorrei davvero che il mio tempo non vada sprecato.
La quarantena è un fatto eccezionale, sconosciuto a intere generazioni, sto cercando di resistere impegnandomi in obiettivi che mirano comunque ad un miglioramento, perciò cercherò di essere indulgente se i programmi quotidiani, le tabelle ed i buoni propositi non sempre vanno a buon fine. Dopo la quarantena potrò essere più rigida, per ora il bicchiere mezzo pieno che mi ricorda il mio amico Claudio mi fa essere fiera di ciò che sto cercando di fare, un po’ alla volta, per vivere e non sopravvivere. Farò tesoro delle sue parole:
La domanda giusta da farsi non è “cosa non posso fare più”, ma “cosa posso ancora fare” o cosa di diverso, di nuovo, di compatibile con quello che io sono e con le mie aspettative.
Può essere utile guardare agli imprevisti non come ostacoli, ma come sfide, da accettare e vincere! Ogni sfida accettata ci costringe a studiare strategie, a metterci alla prova, a tirare fuori potenziali inespressi, in definitiva, a crescere.
R.
Atteggiamento non solo utile ma a mio avviso indispensabile per non soccombere.
Per la nostra generazione la pandemia, inedita per vissuto ma non sconosciuta per essersi presentate in altre parti del mondo già da tempo, ci fa vivere una vita all’incanto e se non mettessimo in atto la filosofia del “piegati giunco”, questa inedita realtà ci farebbe procurerebbe danni irreversibili alla nostra Anima.
Brava Raffa, ciao.
🌺❣️