Ana Maria, Santiago- Buenos Aires- Città del Messico- Torino- Hobart Tasmania
Ana Maria è una donna che ha indossato il suo zaino controvoglia quando è dovuta scappare dal Cile nel 1973.
Nipote del presidente del Cile Salvador Allende, ha vissuto sulla sua pelle esilio e estraniamento, per poi iniziare una nuova vita, dapprima in Messico, poi in Italia.
Ana Maria:
Da giovane ero vivace, vivevo in una società cilena un po’ rigida ma aperta all’avvenire, in quegli anni ’70 dove tutto il mondo guardava al nuovo modello di socialismo. Io ero immersa in quel modello, ma il modello ricco, agiato, quello dei proclami di libertà, delle conversazioni colte fatte mentre servitori giravano silenziosi tra i tavoli, per non far rumore. Io ero chiassosa e piena di speranze, un diploma appena preso, giovane sposa del mio amore del liceo, da cui avevo avuto una bimba e appassionata dalle idee di quello zio così importante, orco per alcuni, santo per altri. Poi arrivarono voci allarmanti: campane suonate per avvertire del pericolo e del dolore dei giorni a venire. Avevo una bambina di un anno, fui costretta a lasciare precipitosamente Santiago. Condussi mia figlia di corsa in campagna, dai nonni. Riuscii ad andare via dal Cile con l’aiuto di mia cognata e delle suore presso cui avevo studiato.
Giunsi a Buenos Aires con l’animo pieno di dolore e fui scortata in un posto dove c’erano altre cilene in una casa piccola al settimo piano di una grande arteria, Avenida de Mayo. Le giornate si susseguivano uguali le une alle altre, eravamo sempre chiuse, anzi, recluse, ci avevano proibito di uscire, di tanto in tanto qualcuno arrivava con una sporta di spesa, stracci, detersivi che io non sapevo usare. Le notizie alla radio erano poche e superficiali, filtrate dal governo argentino che aveva imposto ai giornalisti di non dare troppo spazio ai sovversivi del paese vicino. Poi fui condotta al Chaco, in Argentina, nessuno disse ai miei che ero detenuta li. Da lì riuscii, dopo varie vicissitudini, ad arrivare in Messico e lì mi ricongiunsi con la mia famiglia e potei completare i miei studi universitari.
Di quel tempo vorrei solo ricordare la donna che mi aiutò a crescere mia figlia, l’avevo assunta piangente, era incinta e temeva che nessuno l’avrebbe fatta lavorare. Io la guardai, minuta negli abiti tipici della sua etnia e decisi di tenerla con me. Non mi deluse, per anni si prese cura di entrambe le bimbe, la sua e la mia.
E poi, l’Italia! L’Italia mi ha dato un nuovo marito ( il primo era morto in Messico), una nuova vita. Sono estremamente grata alla città di Torino, dove ho aperto un ufficio tutto mio di traduzioni, lavorando finché non ho deciso di lasciare quello che ritenevo il mio nuovo Paese.
Se sono tornata in Cile è stato per i miei genitori, anziani e bisognosi di cure. Adesso sono morti ma mi sono fermata qui. Mi mancano molto mia figlia e mio nipote che vivono in Australia, ogni tanto corro da loro ma il mare di Vigna e la cordigliera delle Ande sono il mio destino. Per ora.
Ana Maria ha raccolto in un libro: “Una vita nel segno della Politica” i racconti della sua movimentata esistenza. Ha deciso di regalare a noi, donneconlozaino, due capitoli salienti della sua storia, chi non conosce lo spagnolo leggerà la traduzione nei prossimi giorni, nella sezione donne.
R.
le cinque terre somigliano molto alla mia costiera amalfitana..
ci sono sempre connessioni .. fili ..anche attraverso i racconti delle donne con lo zaino..
´questo mi piace !“
penso di aver inviato un commento sotto il `post “sbagliato..ma tanto ovunque voglio commentare trovo connessioni anche ´nella vita in 5 nazioni `dove c´e` anche il sud-America…
interessanti intrecci ..sempre e comunque !!
Viva le donne con lo zaino
Brava Anna ! Complimenti anche per il tuo libro!!
Brava, Anna e brava Raffa
Bello quello che racconti e per me, che ho vissuto quel periodo, sconvolgente! Mi hai fatto tornare un po’ a quel terrorífico Cile del ’73! Grazie per condividere la tua storia.