Nena, Cristina, Paola, Fabrica di Roma
Rossella o’Hara nell’ultima scena del film Via col vento, dopo aver vissuto tante avventure, ripone nella terra della sua Tara la fiducia nel futuro. Questo avviene anche alle due, delle tre donne, che ho incontrato oggi, accomunate dal sangue e dall’amore per la terra che le ha viste nascere.
Nena, 85 anni
Nena:
A Fabrica ho vissuto tutta la mia vita, col mio vestito da sposa ho sfilato per tutto il paese seguita da un lungo corteo, qui ho fatto nascere i miei tre figli.
Mio padre era agricoltore e ha pian piano costruito la casa dove abitiamo ancora. In principio era un magazzino, ci tenevamo le provviste e il vino, poi è venuta su la casa, prima un piano poi l’altro. Da piccola ero giudiziosa, una volta,avevo due anni ,sono sfuggita al controllo della mia mamma e sono scesa in cantina per riempire una bottiglia di vino. La mamma, preoccupata che il raccolto di un anno di lavoro fosse stato versato per terra è scesa a controllare: ero riuscita anche a chiudere la botte senza danni. A dieci anni sono rimasta orfana e sono stata cresciuta da mia sorella, più grande di me. All’età di15 anni, sono stata mandata da una sarta per imparare il mestiere. La gonna che indosso adesso l’ho cucita ricavandola da un pezzo di stoffa: ho sempre riciclato oggetti e vestiti, abituata fin da piccola a fare economia.
A Fabrica ho sposato mio marito, con lui ho iniziato a coltivare la terra nella piccola azienda agricola di famiglia, ho raccolto nocciole, uva ed olive e, giovane mamma, col mio piccolo al seguito, all’ora di pranzo, portavo da mangiare agli operai che lavoravano con mio marito. Erano grossi carichi di pentole e, camminando lungo la strada, per non arrivare in ritardo spingevo con un piede il piccolo Antonio che mi accompagnava.
I miei figli sono cresciuti in questa terra, tra gatti, conigli e galline, aiutandoci in campagna nei momenti della raccolta delle nocciole, durante la vendemmia e poi in cantina per fare il vino, nelle fresche giornate di novembre per raccogliere le olive, ma senza trascurare mai la scuola, io e mio marito li abbiamo spronati alla cultura e tutti e tre si sono laureati, per noi è stata una grande soddisfazione! Quando sono cresciuti li abbiamo sempre lasciati liberi di compiere le loro scelte di vita e politiche, fiduciosi nel loro metro di giudizio. Mio marito ha lavorato tanto la terra ma ha coltivato anche il sapere, quando era nuvoloso e non poteva andare in campagna si recava presso l’Archivio segreto vaticano per studiare la storia del nostro paese. Grazie alla presenza di sua sorella Suor Lucina Bianchini, chiamata per riordinare l’Archivio Segreto Vaticano, mio marito ha potuto accedere ai documenti e ha scritto 3 libri sulla storia di Fabrica di Roma, e un libro sulla storia della banda musicale dove ha partecipato per ben 70 anni suonando il clarinetto. Tutte le opere raccontano del nostro paese che ha amato in vita e che io amo perché ci sono nata e vissuta.
Cristina:
Quando mi sono iscritta alle magistrali, il treno per Viterbo partiva alle 6:50, con il buio uscivo di casa e percorrevo 2 km per arrivare alla stazione, un’ora di viaggio e a Viterbo mi aspettavano altri 2 km per arrivare all’Istituto Magistrale Santa Rosa: l’unico in tutta la grande provincia di Viterbo che raccoglieva decine e decine di ragazze insonnolite dai lunghi viaggi. Ogni giorno camminavo 8 km con lo zaino dei libri sulle spalle e, con grandi dizionari quando c’erano compiti in classe di latino, ma la voglia di essere in futuro una maestra mi faceva affrontare la fatica in maniera più leggera.
I miei amici vivevano tutti qui, spesso andavo col motorino di qualcuno in giro ad esplorare altri paesi o al lago. I ritmi erano quelli tranquilli di vecchi paesi di campagna fatti di feste, sagre paesane, pomeriggi pigri e a volte noiosi, ma sempre accompagnati da un senso di spensieratezza, allegria, sicurezza e libertà. Finite le Magistrali il paese mi diventava stretto, la voglia di andare oltre provincia era fortissima, la scusa per andare a vivere nella grande città ed essere indipendente era certamente l’università, ed eccomi a Roma, facoltà di Psicologia. Alloggiavo presso la casa dello studente vicino ponte Milvio e mi sentivo libera e indipendente, ho abitato poi con altre ragazze in Via Tuscolana, a Subaugusta, mi piaceva quella zona perché, essendo una zona commerciale, sotto casa avevo tutti i negozi e, finalmente, non dovevo più camminare!! Contemporaneamente agli studi universitari mi sono specializzata per insegnare ai bambini con handicap e all’età di 21 anni ho iniziato a fare le mie prime lunghe supplenze. La mia passione per l’insegnamento era iniziata e, anno dopo anno, ho avuto sempre incarichi annuali e poi il ruolo. Sono passata da Psicologia clinica a specializzarmi in psicologia dell’età evolutiva, ero diventata ormai “uno studente-lavoratore” e l’università mi permetteva di avere qualche piccolo vantaggio sull’orario. Ho lavorato nella scuola a Metodo Montessori prendendo la specializzazione. L’insegnamento mi ha dato anche la possibilità di conoscere mio marito in un campo scuola sul Monte Amiata, io accompagnavo la classe e lui era il responsabile naturalistico del campo… natura ed insegnamento il binomio che mi ha sempre accompagnato. Nel corso della mia carriera mi è sempre piaciuto mettermi in gioco e avere nuovi stimoli, ho cercato quindi di modificare il mio ruolo pur restando nel settore scuola, 9 anni sul sostegno, 10 anni come insegnante di classe poi il concorso al Ministero degli esteri per lavorare 2 anni a Santiago del Cile e 7 a Buenos Aires (meravigliosa esperienza sudamericana!). Tornata a Roma ho cambiato ancora dedicandomi ad insegnare italiano agli adulti stranieri e dopo 32 anni faccio ancora questo lavoro con tantissima passione.
Ho avuto per qualche tempo l’idea di cominciare una nuova vita a Cape Town in Sudafrica, ma la mia terra mi ha sempre attirato a sé, su questa terra mi sono formata, qui sono caduta e mi sono rialzata, ho qui le mie radici ed i miei rami, questa è la mia Tara.
E proprio nella mia Tara, quest’anno, in pieno lockdown sono ritornata al paese, e con mia sorella Paola ho curato l’orto per la prima volta da sola, non l’orto sul balcone, ma uno vero, grande, pieno di frutta e piante, coniugando l’esperienza di mio padre che non c’è più e i tutorial su YouTube. Ho scoperto che c’è un telo pacciamante per isolare la terra dalle erbacce, spiato lo spuntare delle prime zucchine con apprensione, goduto della grandezza del peso di mezzo chilo di alcuni pomodori: la natura sorprende sempre!
Paola:
Durante le gite organizzate dai paesani ero io che, all’età di 5-6 anni prendevo il microfono in mano per raccontare barzellette ed intrattenere i gitanti, era un preludio di quello che sarebbe stato il mio mestiere, forse.
Dopo gli studi di ragioneria, Londra mi attirava moltissimo e anche se i miei erano preoccupati, mi hanno permesso di partire. Mi ero iscritta da poco a Sociologia ma sapevo che sarei riuscita a studiare e a coronare il mio sogno inglese.
Arrivata a Londra la mia vita non è stata facile, parlando un inglese scolastico, all’inizio facevo la lavapiatti, poi sono andata a lavorare presso un turco che preparava kebab dove son rimasta solo due settimane, delusa dalla misera paga che mi aveva dato, poi in una fabbrica ad impacchettare cd facendo il turno di notte. Non volevo chiedere soldi ai miei e con le amiche con cui ero partita ho faticato molto per riuscire a pagare la casa e i mezzi pubblici che mi consentissero di girare per cercare lavoro. Non sapevamo che la paga veniva data dopo due settimane e che invece l’affitto doveva essere dato in anticipo… da sole, non ce l’avremmo fatta perciò una delle amiche chiese un prestito ai suoi, ho capito allora come sia facile per una persona senza mezzi, perdersi. Noi siamo state fortunate e Londra ci ha accolto per 3 anni, pian piano ho imparato l’inglese, ho lavorato prima nei pub e poi come ragioniera in un negozio di ottica a Piccadilly Circus. Mi sono presa una specializzazione all’università inglese, ormai era diventata una lingua che conoscevo bene.
Il ritorno a Roma mi ha regalato un nuovo lavoro sui bus rossi, quelli turistici che portavano in giro per la città americani, ho ripreso a parlare al microfono, questa volta non barzellette ma descrizione di monumenti.
Fare la guida turistica è diventato dapprima il mio mestiere, poi la mia passione. Sono Guida ed Accompagnatrice turistica, ma anche insegnante perché, nel corso degli anni mi sono laureata anche in Scienze della Formazione Primaria. Ho rinunciato al posto fisso sognato da molti per sentirmi libera di viaggiare, conoscere, entrare in contatto empatico con gli altri.
Viaggio molto ma qui torno sempre, qui la terra ci ha dato da mangiare, qui è nata l’azienda di famiglia, qui è la nostra Pacha mama.
Bellissime le mie amiche e la loro storia. Una storia molto simile alla mia e a quella della mia famiglia: lavoro e tanto impegno per raggiungere ogni meta! Una storia della quale sono stata felicemente parte per qualche anno dato che ho conosciuto Cristina a Santiago nella sua avventura sudamericana. Un abbraccio a tutte e tre!
Prima o poi devo conoscere la signora Nena, ci siamo viste solo attraverso Skype quando stavo al di là dell’oceano. E anche la vostra Tara!
Un abbraccio da Marisa
Nena, Cristina, Paola: magnifiche donne, gentili guerriere, in eguale misura rispettose e determinate, conoscervi è stato un bel regalo della vita, a partire dalla felice coincidenza con Cristina in una parte del nostro mandato estero, lei a Santiago del Cile, io a Valparaiso. Un abbraccio affettuoso a tutte e tre.
che belle parole, Anna! Anche per me è stato un piacere conoscere Paola e Nena e rivedere Cristina nell’ambiente a lei più vicino!