Poesia pubblicata su Setteversi di Grazia Fresu
Resto a casa
quasi tutti restiamo a casa
soffia fuori un vento di malattia
un respiro di morte
resto a casa e penso
alla Morte Rossa di Poe
entrata di soppiatto
nel cuore della festa.
Da sola, la famiglia lontana
distribuita in altre case inarrivabili,
devo reinventare le abitudini e il tempo
sono io spogliata d’ogni ruolo
svestita silenziosa ma è questo
un momento prezioso di vita sospesa.
Posso guardare le foto che mi raccontano
gli anni gli amori le occasioni
chiuse in scatole che non aprivo da tempo
volti lontani riappaiono, scorci di città
e di mari dove fui altra da ora,
posso ascoltare senza interruzioni
la Turandot di Puccini affondata
nella poltrona, Nessun dorma,
nessuno dorme nella città quieta.
Posso scrivere.
Si sente il respiro dei desideri uscire
dalle finestre e dai balconi
si sente la paura che non trova
abbracci per sconfiggerla,
sì sente la speranza negli oleandri
che ostinati fioriscono
sul ciglio delle strade.
Apro il libro rosso dove Dante racconta
il suo inferno perché mi serve ora
quel viaggio di coraggio e conoscenza
nelle viscere della terra
e mi serve il riveder le stelle, le guardo
dalla finestra brillare indifferenti
sul destino umano, ma sono belle,
lampade dell’infinito che mi commuovono
e la bellezza serve in queste ore
più di sempre, un endecasillabo, una nota,
un luccichio nel buio della notte.
Viaggio nella casa, dentro i mobili,
gli oggetti, le tante cose dimenticate,
viaggio in me, mi prendo cura
di chi sono stata, di chi sono,
di chi sarò alla fine di questo orrore.
Sono sorella d’ altre solitudini,
d’ altre domande senza risposta,
di altri bisogni di salvezza e so con loro
che le morti e il pianto
non ci saranno risparmiati.
Ma alla fine di tutto questo
almeno torneremo uniti e migliori
a popolare la terra?