Marisa 2008 Cile
Il caffè in grani
Si può comprare grana padano autentico a Viña, e bere un buon caffè, al bar-ristorante Musetti. Vendono anche la pasta De Cecco, e la farina 0, introvabile altrove. Il proprietario è un romano, abbastanza simpatico. Il bancone è ricoperto da una lastra di vetro, e sotto la lastra, un letto di caffè. Purtroppo nel locale ci dev’essere abbastanza umidità, e sotto il vetro si è formata condensa, e così tutto il caffè si è ammuffito. L’ho fatto notare il mese scorso, ma alla mia recente visita ho potuto verificare che la muffa, anziché scomparsa, era aumentata. Evidentemente questa coltura in vitro non preoccupa né i proprietari né gli avventori, e probabilmente i Nas cileni non baderebbero a un dettaglio così insignificante.
I parrucchieri: lavaggio e taglio, prezzi
In una delle mie prime circolari vi ho sicuramente raccontato del mio primo impatto con l’hair-styling cileno: una botteghetta minuscola, con una signora dall’aria molto casalinga. Sul ripiano davanti allo specchio, un vaso di fiori provenienti da un giardino domestico, da cui una chiocciola affamata di informazione era discesa per andare a pascolare su una rivista. Indagando sulla presenza inquietante del gasteropodo in quel
tempio della bellezza, avevo scoperto che era un produttore della pregiata bava con cui si fanno creme meravigliose restauratrici di bellezze decadenti.
Non avendo ancora trovato il mio parrucchiere ideale, ho girato dall’uno all’altro, non escludendo le “pettinatrici”. Spesso mi tagliano i capelli a secco, come facevano una volta i barbieri. Mi siedono sulla poltrona davanti allo specchio, mi coprono con il mantellone, a volte mi inumidiscono i capelli con uno spruzzatore tipo quelli che si usavano per stirare prima del ferro a vapore, e vai! Dieci minuti, e la signora è servita. Il prezzo? Non alto, credo di avere pagato al massimo 15 euro: il record in basso è stato quando mi sono stati estorti ben 2000 pesos, circa tre euro.
Qui sono ancora abbastanza frequenti i parrucchieri che vengono a farti i capelli in casa e, se devo giudicare dai risultati sulla Pic (Anna Maria, l’unica aiutante magica che mi è rimasta a Santiago), possono essere anche veramente bravi.
Lo shampo e la memoria
Quante madeleines costellano la nostra vita! anelli, orecchini, libri, creme, profumi, sciarpe, ombrelli, guanti, tè ….. per me sono altrettanti biscottini che mi ricordano non tanto momenti ma persone. Nella mia casa cilena sono circondata da cose che i miei amici mi hanno regalato, e che mi fanno pensare a quasi ogni volta che li uso. Ultimamente i miei primi momenti dopo il risveglio li passo in tacita comunione con Danimac, che da Torino mi ha mandato quattro deliziosi tè verdi. Mi alzo, faccio la mia scelta, preparo la bevanda e mi metto a controllare la posta in buona compagnia.
Ho un altro sottile filo che mi collega con l’aiutante magica Raf a Buenos Aires: prima di partire mi ha lasciato una confezione gigante di shampo, aveva troppo peso in valigia. Raf è anche soprannominata Chascona perchè ha un’impressionante massa di capelli che porta abbastanza lunghi, e suppongo che quello shampo le sarebbe servito a cinque o sei lavaggi. Per i miei due centimetri di capelli su una testa delle dimensioni di un cranio jivaro mummificato, nonostante i miei frequenti lavaggi, penso che mi durerà ancora altri quattro mesi .
Isole nella corrente
Il Marga Marga è una costante nelle circolari. In cinque minuti da casa mia arrivo al secondo ponte che lo attraversa venendo dal mare, a circa 400 metri dalla foce. Vi ho già parlato della duna che chiude l’estuario, che viene scavata via quando bisogna dare sfogo alle acque durante e dopo grandi piogge; forse vi ho detto che questo porta a variazioni del livello delle acque e della fisionomia di quel tratto di estuario.
Siccome ci sono state precipitazioni torrenziali le tre scorse settimane, l’estuario è ora pieno. Ma l’isola dei cormorani resiste, per quanto con alti e bassi. Tutt’intorno crescono erbe acquatiche, non alghe, dove spesso pascolano le tagüitas, piccole folaghe, e in questo periodo si sono radunate una trentina di garzette, e una decina di aironi bianchi maggiori, oltre ai soliti cormorani, gabbiani, nitticore e queltehue. Ma da un paio di giorni c’è anche un’isola viaggiante. È un agglomerato di erbe che si sposta anche con una certa velocità, avanti e indietro, a seconda dell’impulso delle onde in entrata che, non più violente, hanno però ancora abbastanza forza.
Dentisti (remember la piccola bottega degli orrori?)
Ebbene, il mio dentista non somiglia per niente a Steve Martin.
Il fatto è che ogni volta che mi siedo su una poltrona o lettino affidandomi alle mani di un dentista, non posso impedirmi di pensare al film LA PICCOLA BOTTEGA DEGLI ORRORI visto, ormai una ventina di anni fa, con Silvia.
Gaete sicuramente non è sadico, e non sembra particolarmente prono a infliggere patimenti ai suoi pazienti; anzi, nelle ultime sedute ha voluto praticarmi l’anestesia – che io detesto – vincendo la mia resistenza. E aveva ragione, dovendo lavorare a lungo per eliminare le mie vecchie otturazioni di amalgama e sostituirmele con abbaglianti ricostruzioni in porcellana o resina o qualche altro miracoloso materiale. Certo che restare con la bocca aperta per anche più di un’ora, lasciandosi introdurre ferri e sostanze di ogni genere è piuttosto faticoso. Io tento invano di addormentarmi, l’armeggiare del medico, i rumori e la necessità di garantire al dentista un’apertura ragionevole me lo impediscono. Questi “odontologi” cileni devono avere una scuola particolare. Niente assistente che ti aspira le bave; o forse Gaete mi considera una paziente particolarmente affidabile (“valiente” di sicuro), e mi piazza il tubicino in mano. Lui, dietro la sua maschera in plastica trasparente da saldatore, esamina la situazione, e poi mi tiene la bocca aperta con la sinistra, che contemporaneamente regge lo specchietto; col braccio sinistro (presa da lottatore?) mi blocca la testa; con la mano destra usa i vari aggeggi, e a volte, con la spalla e l’orecchio, il cellulare. Ma, credetemi, non c’è niente di primitivo in tutto questo, lo dico senza ombra di ironia. Il signore è un accademico, esperto in nuovi materiali e tecniche che va a spiegare in giro per il mondo. Ed effettivamente i risultati finora mi sembrano eccellenti. Gli orari sono un po’ particolari: dovendo fare lezione all’università, a volte mi dà appuntamento alle 8 di mattina (una venetta di sadismo emerge, qui) o di sera, ma sono orari che mi vanno abbastanza bene, dato che anche io ho buona parte della giornata impegnata.
Buenos Aires
Ho assaggiato Buenos Aires: è buona. Buonissima. Un fine settimana lungo, dal venerdì al lunedì, che mi ha permesso due intere giornate, una trascorsa in un’escursione sul fiume Tigre e pranzo su una delle innumerevoli isolette insieme alla mia aiutante magica Raffaella. Bellissima natura, alberi di ogni genere, molti Taxodium Dystichum o cipressi calvi, che spesso crescono direttamente in acqua; voli di pappagallini vocianti dovunque, ma non clima tropicale: la giornata era molto ventosa e piuttosto fredda, anche se soleggiata. Ogni tanto drappelli di nuvole attraversavano rapidamente il cielo, e i colori dell’acqua del fiume cambiavano di continuo. Il giorno dopo, passeggiata alla Boca, dove mi sono comprata un baschetto, utile anche per ripararmi dal vento che continuava a soffiare; al mercatino di San Telmo, e lì mi sono lasciata tentare da un bell’anello d’argento, e infine una visita guidata (associazione Eternauta) al cimitero della Recoleta. Bellissima la zona, con alberi e aiuole lussureggianti nella piazza antistante, e un delizioso ristorante, la Biela (la biella) dove abbiamo pranzato prima e ci siamo regalate un abbondante tè all’inglese dopo, al calduccio, per riprenderci dalle due ore al freddo. Unico elemento inquietante, un lustrascarpe che si dava da fare con gli stivali della signora elegante al tavolo accanto, mentre noi pranzavamo e lei parlava tranquilla, tra un boccone e l’altro, con il marito e la figlia.
Tra gli alberi della piazza, un gomero (un tipo di ficus elastica con foglie un po’ più piccole di quelli da appartamento e con una base radicale enorme) gigantesco, più grande di quello dell’Avenida Brasil a Valparaíso, i cui rami si estendono per un diametro di almeno una quindicina di metri. Questo ha una chioma anche più vasta, e molti sostegni per i rami che altrimenti toccherebbero per terra.
Il cimitero è splendido: come la maggior parte dei cimiteri monumentali delle grandi città, è una specie di museo e vi si può leggere la storia della nazione; contiene anche parecchie bellissime statue e tombe, quasi tutte del tipo cappella privata. E ha una popolazione di gatti di ogni colore e dimensione davvero impressionante.
Lunedì mattina, prima di partire, siamo state al Museo Larreta a due passi dalla casa di Raffaella, nel quartiere Belgrano. Era la casa di uno scrittore, e contiene una quantità di retabuli e statue lignee spagnole e anche fiamminghe dei secoli XIV-XX di ottimo livello. E ha un giardino non molto grande ma spettacolare, dominato da un gigantesco ginko in abito autunnale, con le foglie che avvampavano gialle nel sole.
I caffè e i ristoranti sono di ottima qualità, la parte che ho visitato ha strade larghe, quasi tutte alberate, ampie zone verdi.
Marisa