Peste e non solo
Cosa c’entra la peste con i viaggi? E Il Covid? Coi viaggi no, ma con la mancanza dei viaggi sì, e comunque, da quando è cominciata la quarantena mi interrogo sulle esperienze del passato. In questi mesi mi sono chiesta più volte come dovesse sentirsi la gente nei secoli scorsi durante le epidemie che falcidiavano intere popolazioni senza una cura, un rimedio: non è che oggi la situazione sia diversa, ma, insomma…
Riprendo in mano delle vecchie antologie , navigo un po’ sui siti di letteratura e storia , rileggo le pagine introduttive del “Decamerone” dove Boccaccio descrive l’epidemia di peste che sconvolse Firenze nel 1348, rivado con la mente alla descrizione del Manzoni della desolazione nella città di Milano, penso a Ken Follet nel suo “Un mondo senza fine” a Daniel Defoe, che nel 1722 pubblicò un “Diario dell’anno della peste”.
Boccaccio
Con la peste nera del 1348, Giovanni Boccaccio vide morire la matrigna Bice, lo zio Vanni e suo padre, alcuni suoi cari amici: i poeti Matteo Frescobaldi e Franceschino degli Albizzi e lo storico Giovanni Villani.
Rimase solo con Iacopo, il fratello minore.
I cronisti dell’epoca raccontano che l’epidemia, scatenata da un focolaio orientale e dilagata nelle città portuali europee, sarebbe approdata a Firenze, in primavera per dileguarsi in novembre. Nell’arco di cinque anni, dal 1347 al 1352, la pandemia si estese dal Mediterraneo alla Scandinavia e ai Balcani, uccidendo almeno un terzo della popolazione europea.
Boccaccio parla di di sette ragazze e tre ragazzi che fuggono dalla città per rifugiarsi in una villa di campagna, dove trascorrono il tempo, per dieci giorni, ciascuno raccontando al gruppo una novella . Boccaccio racconta con precisione, da testimone oculare, le condizioni della città. “Che, non appena si rivela la minaccia e non avendo effetto alcun provvedimento umano, viene ripulita di tutte le sue “immondizie” e chiusa: “vietato l’entrarvi dentro a ciascuno infermo”.
Boccaccio così descrive la peste nera del 1348:
“E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di quella per lo comunicare insieme s’avventava a’ sani, non altrimenti che faccia il fuoco a le cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate”.
“Ché non solamente il parlare o l’usare cogli infermi dava a’ sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità transportare”.
Ecco di seguito la meravigliosa introduzione al Decamerone di Boccaccio
https://letteritaliana.weebly.com/la-peste-a-firenze.html
Samuel Pepys
Samuel Pepys scrisse un diario dell’evento che aveva devastato la città nel 1665, la peste bubbonica , causata dal batterio Yersinia Pestis, che, proprio come sta succedendo oggi, ebbe un grande impatto oltre che sulla salute, sull’economia.
Chi poteva scappava dalla città, con una specie di salvacondotto che attestava un buono stato di salute (ricorda un po’ il desiderio odierno di analisi sierologiche che diano una patente d’immunità.)
Samuel Pepys nel suo diario raccontava ciò che succedeva tra le strade di Londra. E’ molto interessante leggerlo adesso, ora che sul web si moltiplicano le testimonianze ed i diari scritti o filmati.
Egli parla del deserto nella città di Londra, parla della sepoltura al di fuori delle mura cittadine, in fosse comuni (ho ripensato alla sfilata dei camion nella città di Bergamo e alle fosse comuni in Ecuador ed in Brasile). Anche sotto la stazione della metro di Aldgate ci sono le spoglie di circa 1000 vittime.
Pepys racconta come c’era chi non credeva alla peste causata da morsi di ratti ma che fosse stata causata da una punizione divina o dal passaggio di una cometa o, ancora, causato da oggetti infetti importati dalla Francia o dall’Olanda.
La fake news imperversavano anche allora, così come i consigli sui rimedi anti-peste. I più gettonati erano le preghiere e le cerimonie religiose, poi misture di erbe, fiori, aglio, amuleti vari. Quando ci fu l’annuncio dei primi casi nella City, Pepys mise in ordine le sue cose e fece testamento.
Riferì della vita durante la peste, di come la gente più povera fosse la più colpita, e sostiene che se ne uscì solo grazie all’incendio che colpì Londra e che, a suo avviso, aveva arrostito tutti i topacci untori.
Il diario di Pepys è scorrevole godibile, una lettura illuminante in questi tempi. Cito un pezzo che sembra uscito dalla penna di un giornalista dei nostri giorni:
“ In verità l’infezione non si diffondeva tanto per via dei malati quanto per via dei sani, o meglio delle persone apparentemente sane. I malati erano riconosciuti per tali, stavano nei loro letti e ognuno aveva modo di guardarsi da loro. Ma molte altre persone avevano preso il contagio e lo maturavano nel sangue senza mostrarlo in alcun modo, e anzi senza saperlo essi stessi. Queste persone recavano morte ovunque con il loro respiro, e la davano a ogni persona che incontravano, la lasciavano in agguato, per il sudore delle mani, su ogni oggetto che toccavano… Questo fatto dimostra come in tempo di peste non ci si possa fidare delle apparenze, e come la gente possa effettivamente avere la peste senza saperlo, per cui non serve isolare i malati, e chiudere le case in cui qualcuno si è ammalto, se non si rinchiudono del pari tutte le persone che il malato stesso ha avuto occasione di avvicinare prima di accorgersi della propria malattia”.
Daniel Defoe
Daniel Defoe scrisse “A journal of the plague year”, il diario dell’anno della peste. Aveva quattro anni all’epoca dell’epidemia. Usa nelle descrizioni un alter ego, un sellaio che racconta fatti di vita quotidiana ben documentati .
Le case dove la peste ha ucciso vengono dipinte con una croce rossa alta 30 centimetri e con la scritta: “Signore, abbi pietà di noi”.
I funerali si possono fare tra il tramonto e l’alba, anche se presto i riti diventeranno impossibili per la quantità di deceduti che finiranno in fosse comuni.
per chi volesse cimentarsi nella lettura del diario dell’epoca, ecco qui un link:
http://library.um.edu.mo/ebooks/b34997258.pdf
Manzoni
Rileggere i due capitoli dei Promessi Sposi dedicati all’epidemia può essere molto utile per capire ciò che succede oggi (da pag 688 cap. XXXI).
Camus
La peste
La peste è una riflessione sul male e sul recente trauma della guerra, che ancora pesano sulle coscienze europee: come il male, la peste non viene mai debellata del tutto, ma resta latente in attesa dell’ambiente propizio a una nuova esplosione.
Camus ha anche scritto nel 1947 “Esortazione ai medici della peste” lavoro preparatorio a “La peste”. Bompiani dal 13 maggio la renderà scaricabile gratuitamente dal sito bompiani.it Il Corriere della Sera lunedì 11 maggio ha pubblicato un estratto:
Non scherzavano di certo neanche allora per la quarantena. Che volete che sia oggi una multa confrontata alla testa fracassata?
Ed ecco ancora qui di seguito alcune pagine dal libro di Ken Follett: “Un mondo senza fine” sulla peste nera.
MARSIGLIA E IL GRAND-SAINT-ANTOINE
Nell’anno 1720 a Marsiglia ci fu l’ultima epidemia di peste. All’origine dell’epidemia ci fu una nave proveniente dalla Siria il cui carico di tessuti e batuffoli di cotone era stato infettato dal famigerato bacillo di Yersin. L’equipaggio fu messo in quarantena, tuttavia i vestiti dei marinai e le mercanzie furono fatti sbarcare. Il corto circuito pulci, ratti, e marinai, innescò il contagio. La peste dilagò inarrestabile.
Melania Mazzucco nel libro “La lunga attesa dell’angelo” sulla vita di Tintoretto (Rizzoli 2010) dedica pagine incredibili alle cure e ai rimedi dedicate ai malati di peste.
Per concludere, vista l’esperienza dei secoli passati possiamo affermare che la risposta psicologica alle epidemie segue sovente le seguenti fasi:
1) Negazionismo .
2) Paura e timore dei provvedimenti delle autorità sanitarie
3) Mistificazione e falsificazione.
4) Ricerca dei colpevoli (untori).
L’untore può essere chiunque: un francese, un olandese, un cinese. Tutti, ma noi no.
Per concludere, una curiosità: i topi bruni, provenienti dal medio oriente, da secoli presenti nelle campagne e nelle città europee, vennero man mano sostituiti dalle cosiddette ” pantegane” responsabili di varie malattie ma più resistenti al contagio della peste. Questo elemento, unito agli ulteriori progressi della medicina nel corso dei secoli XVIII-XIX, contribuì, nonostante qualche focolaio locale, a ridurre drasticamente l’ incidenza di questo flagello nella vita degli europei.
Fino alla prossima epidemia… forse portata dagli uccelli, o dai suini, o dai pipistrelli.
Aggiungo una lettura di Patrizia, donna con lo zaino che legge a Parigi, per un’iniziativa su facebook de “La Grande librairie” La Peste.
#lirelapeste lunedì 18 maggio vedrà una ‘donna con lo zaino’ leggere un estratto di La peste. Progetto di La Grande Librairie https://www.francetvinfo.fr/culture/livres/roman/lirelapeste-l-emission-la-grande-librairie-lance-une-lecture-participative-du-roman-d-albert-camus_3937047.html
patrizia, a che ora la tua lettura?