Domani , anzi oggi perché è passata la mezzanotte, uscirò per la prima volta dopo due mesi…no, non parlo di scendere a buttare la spazzatura o di andare a comprare il pane, sarà una vera e propria uscita: andrò in garage, poi mi fermerò a fare benzina, prenderò la Palmiro Togliatti e da lì fino in fondo, la Tiburtina , via Casale di San Basilio, fino quasi alla Nomentana, girerò su via non ricordo quale, poi parcheggerò. Farò la mia prima visita ai congiunti… si chiamano così le persone che un nuovo decreto ci autorizza a visitare. Notte di vigilia, di attesa. Dopo tanto aspettare, ho paura di annusare e di sfiorare, di toccare e di baciare, dovrò essere in grado di inventare una nuova grammatica per dire ti voglio bene con lo sguardo, accarezzare con movimenti aerei, baciare con uno schiocco nel vuoto, dimostrare il mio amore dietro una mascherina chirurgica.

Raffaella
Fa davvero una strana impressione la prima uscita dopo la quarantena. Una strana paura di varcare la soglia, di respirare l’aria fuori dalle mure domestiche, di incrociare i passanti che, qui a Parigi, sono numerosi e concentrati sugli stretti marciapiedi. La sensazione di dover essere sempre sul chi vive che lascia una traccia che è una ferita profonda per chi ama il contatto fisico e circondarsi di amici e conoscenti. Quindi le mie uscite postconfinamento restano limitate alla spesa (allargata anche a qualche vestito di sopravvivenza considerato che sono confinata in Francia dal 4 marzo con un jeans e un maglione) e à qualche passeggiata. Ho comunque attraversato in scooter una Parigi splendida e ferita per andare a prendere mio figlio da cui la foto di palace de la concorde piuttosto deserta..